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"... per capire cosa è successo quella mattina"

08-09-2006 / A parer mio

di Andrea Botti

Sul caso Aldrovandi, il diciottenne morto il 25 settembre dell'anno scorso dopo una violenta colluttazione con quattro agenti di Polizia del servizio volanti, in via Ippodromo, esplodono nuove ed aspre polemiche, alimentate appena pochi giorni fa da dichiarazioni ufficiali a dir poco provocatorie, rilasciate dal Sap, sindacato autonomo di Polizia e dal Siulp, un'altra delle varie organizzazioni sindacali degli operatori della Polizia di Stato, in risposta ad alcune affermazioni del ministro degli interni, Giuliano Amato, espresse in occasione di una sua breve sosta a Ferrara, dove ha partecipato a un dibattito alla festa dell'Ulivo. Lo stesso giorno Amato, in Prefettura, aveva ricevuto Lino Aldrovandi, padre del ragazzo deceduto in circostanze che le indagini giudiziarie in corso ancora non hanno ben delineato. Al momento del congedo, il ministro degli interni ha assicurato che avrebbe letto tutto il dossier consegnatogli da Aldrovandi. "Ho augurato a me e a lui - aveva poi detto il responsabile del Viminale - che il giudice faccia lo stesso e che ne esca un processo, per fare in modo che la città ne venga fuori in modo trasparente, per capire cosa è successo quella mattina".
E all'indomani i due sindacati di Polizia e in particolare il Sap che già nei mesi scorsi aveva sparato a zero sul sindaco e sui vertici provinciali della scuola, innalzando un vero e proprio scudo protettivo nei confronti dei quattro colleghi poliziotti all'epoca non ancora indagati, mentre ora a loro carico vi è l'ipotesi accusatoria di omicidio preterintenzionale. I sindacati in questione non vogliono sentir parlare di processo che invece è auspicabile si possa celebrare al più presto, per quel legittimo chiarimento che i genitori di Federico Aldrovandi aspettano da quasi un anno. E anche da quanti si sono mobilitati, solidali con la famiglia che ha percorso tutte le strade percorribili per ricercare la verità. "Di certo - ebbe a dire Patrizia, la madre del ragazzo - se alle 6 del 25 settembre Federico non avesse incontrato sul suo cammino quelle pattuglie, sarebbe ancora vivo...".
Tornando alla dura replica del sindacato autonomo, gli autori della nota stampa sostengono che "le dichiarazioni del ministro Amato ci hanno sconcertato soprattutto in relazione al fatto che la vicenda ha avuto un grande risalto mediatico (risalto più che opportuno - Ndr), con forti sfumature ideologiche. La verità e ciò che tutti vogliono, ma la verità deve essere accertata e ricercata da chi è deputato a farlo, senza condizionamenti di carattere politico di alte cariche dello Stato. Le parole di Amato altro non fanno che alimentare un processo pubblico che non può avere tutti gli elementi per una serena valutazione della vicenda e ha ragione chi strilla più forte. Non è questo che la Polizia si aspetta dal proprio ministro invitato a fare maggiore chiarezza sulle dichiarazioni".
I concetti espressi con tono arrogante, ancora una volta, dal sindacato autonomo attraverso una forma di cameratismo inaccettabile, sono sempre tendenti esclusivamente a ribadire la piena assoluzione dei quattro poliziotti sul cui operato in quella tragica circostanza ha portato alcuni mesi fa importanti spiragli di luce la giovane donna camerunense che risiedeva con un figlio in via Ippodromo, a breve distanza dal luogo in cui si è verificato l'episodio. Dopo mesi di inquietante silenzio ci sono voluti gli incisivi e a tratti strazianti, appelli della mamma di Federico attraverso il suo blog su internet, a richiamare l'attenzione non solo locale sui misteri legati alla morte del ragazzo. Gli organi di informazione hanno finalmente svolto un ruolo determinante facendo affiorare interrogativi e in qualche caso rispolverando quel vecchio giornalismo di denuncia grazie al quale si sono risolti casi che altrimenti avrebbero rischiato l'archiviazione. La formazione di comitati, le sottoscrizioni, i concerti, i cortei di solidarietà tesi alla ricerca della "verità per Aldro" e altre iniziative, certamente hanno assunto a volte un'impronta strumentale, ma l'obiettivo è sempre stato uno soltanto: conoscere le esatte cause della morte di Federico. Le perizie di cui sono noti i risultati - quella del pm e quella dei consulenti di parte - hanno raggiunto conclusioni diametralmente opposte, come accade sempre. Ora si attende l'esito del nuovo esame che potrebbe imprimere la svolta finale.
Per concludere poche battute sul comportamento dei responsabili degli uffici dirigenziali della questura che non hanno mai preso le distanze dai quattro agenti e nel vano tentativo di far tacere i mezzi di informazione, avevano presentato una dettagliata denuncia alla Procura della Repubblica, sottolineando che, a loro parere, in diversi articoli si sarebbe rilevato il reato di diffamazione nei confronti dell'autorità inquirente. Il Gip però si è pronunciato in favore della libertà di stampa e di critica, archiviando la denuncia che a suo tempo aveva determinato la decisa risposta del sindacato dei giornalisti a livello nazionale, regionale e locale, con la diffusione di un documento unitario con il quale si ribadiva il ruolo dell'informazione e soprattutto la sua tutela da ogni forma di condizionamento.