Lo spettacolo Una trilogia dell’esclusione Gli occhiali d’oro è il secondo capitolo di una trilogia teatrale ispirata ad altrettanti capolavori di Giorgio Bassani. La trilogia è composta anche da Una notte del ’43 (1° capitolo della trilogia) e da Una lapide in via Mazzini (3° capitolo), pieces tratte da due dei racconti che formano il primo libro di Bassani, le Cinque storie ferraresi, che uscì presso Einaudi nel 1956. Gli occhiali d’oro è invece un breve romanzo, che lo scrittore ferrarese pubblicò nel 1958. Le tre vicende messe in scena sono accomunate dal tema dell’esclusione: la malattia (Una notte del ’43); l’omosessualità (Gli occhiali d’oro); la condizione ebraica (Una lapide in via Mazzini). La Ferrara microcosmo Mescolando finzione e realtà Bassani trasforma Ferrara in una sorta di microcosmo, inserendo personaggi che ritornano tra un libro e l’altro, e restringendo il campo cronologico di quasi tutti i suoi testi ai pochi anni compresi tra la fine dei Trenta e l’immediato dopoguerra. Caratteristica di un microcosmo è appunto quella di riprodurre in uno spazio ristretto – e in un universo narrativo fatto di un numero relativamente ridotto di personaggi – le dinamiche complesse e chiaroscurate dell’intera realtà. Ferrara diventa così l’immagine del mondo stesso degli uomini: uno sguardo partecipato e commosso sulle loro miserie, sulle loro illusioni, sugli slanci, le bassezze, i fallimenti esistenziali. Ma Ferrara, nella narrativa di Bassani, diventa anche ‘figura’ dell’Italia stessa, della sua storia accidentata, letta con uno sguardo nel contempo pietoso e critico. La scrittura teatrale In tutti e tre i testi di Bassani da cui sono tratti i lavori scritti da Carlo Varotti il narratore non è identificabile, ma coincide con la città stessa: una coralità di voci che cercano di ricostruire, in un apporto molteplice di informazioni e di ipotesi, la verità sempre sfuggente del personaggio-protagonista. Ma nella narrazione di Bassani quel personaggio resta sempre in silenzio: è la città città a parlare, indagando i suoi gesti, cercando di intuirne i suoi pensieri reconditi e le motivazioni, la sua spesso inafferrabile verità umana. Nel passaggio dal romanzo al testo teatrale – questo è il dato formale che accomuna i lavori della trilogia teatrale - è invece proprio il protagonista (il dottor Fatigati degli Occhiali d’oro; il farmacista Pino Barilari di Una notte del ’43; l’ebreo sopravvissuto a Buchenwald Geo Josz di Una lapide in via Mazzini) che prende la parola, che parla in prima persona, raccontandosi. L’universo dei personaggi si riduce perciò a una voce monologante (Una notte del ’43) o a due sole voci (Gli occhiali d’oro e Una lapide in via Mazzini) che si intrecciano, ma senza mai interagire tra di loro: quasi a rimarcare quella solitudine che è la condizione peculiare della sua condizione, il senso stesso della sua drammatica esclusione. Rappresentazioni e premi Gli occhiali d’oro ha visto nel 2017 il premio nazionale “Villa Pini”, indetto da ERT (Emilia-Romagna Teatro). E’ stato rappresentato la prima volta nel gennaio 2018 (ITC di San Lazzaro); poi alla “Casa della conoscenza” di Casalecchio di Reno (Bo) e nella rassegna estiva organizzata dal comune di San Giorgio di Piano (Bo). Prossime programmazioni a Parma e a Brescia.