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L'insostenibile leggerezza dell'essere (sempre) connessi - Le applicazioni utili

18-11-2022 / A parer mio

di Alessandro Zangara

Cronacacomune dell'8 aprile 2016 - Quanto siamo consapevoli della 'dipendenza digitale'? Intervista al promotore italiano di una delle 'applicazioni' che aiutano a 'disintossicarsi'

[Nota bene del 25-11-2023: dal 2016 ad oggi la situazione è ulteriormente e profondamente cambiata, mettendo in luce un progressivo abbassamento dell'età in cui viene concesso dai gentori l'uso dello smartphone ai propri figli. E' fondamentale che la società civile, cittadini, studiosi, mondo politico, scuola, esponenti politici e di governo, si interroghino seriamente sulla situazione di pericolosa esposizione e abitudine all'uso di dispositivi elettronici, il cui abuso crea situazioni dannose - dirette e indirette - per la salute psico-fisica di bambini, giovani e adulti. Abbiamo il dovere - a tutti i livelli - di elaborare regole e mettere in pratica buone prassi di 'educazione digitale'. Lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo a noi stessi. AZ]   

>> in fondo alla pagina LINK UTILI (ultimo aggiornamento: novembre 2023)

I telefoni intelligenti di ultima generazione (smartphone) sono diventati nel brevissimo tempo di un decennio (i primi cellulari con funzioni avanzate sono comparsi all'inizio del Terzo millennio), un accessorio imprescindibile per la quasi totalità degli esseri umani. Giovanissimi e adolescenti sono impegnati a socializzare e giocare on-line, gli adulti ne hanno fatto oggetto di culto grazie a Whatsapp mentre, in forma meno invasiva, schiere di nonni e nonne popolano il magico mondo di Facebook alla ricerca di amici e vecchie fiamme. Fonti accreditate indicano che sugli oltre 7 miliardi di abitanti del globo terrestre, circa la metà sono utenti di telefonia mobile e quasi altrettanti sono utenti attivi di internet (dati riferiti al 2015). Cifre importanti anche per l'Italia che con i suoi 60,8 milioni di abitanti esprime 36,6 milioni di utenti attivi in internet e ben 82,3 milioni di connessioni con telefonia mobile (ben oltre gli abitanti...). Affari d'oro per produttori di dispositivi elettronici e operatori telefonici che spingono in ogni direzione per trovare stimoli affinchè sempre nuovi cittadini-utenti-consumatori siano costantemente connessi alla rete internet tramite offerte di abbonamenti 24 ore su 24 (flat), anche cancellando a sorpresa le storiche tariffe a consumo. Vengono lanciate nuove applicazioni più o meno utili per ogni categoria e per tutte le età; connessioni veloci consentono la fruizione agevole di contenuti multimediali come video musicali, film, serie televisive. Sono superati i tempi in cui si utilizzava il telefonino con discrezione (anche per gli alti costi), soprattutto nelle situazioni pubbliche: anche il mondo della scuola - terreno fino a ieri tassativamente vietato - vede il dispositivo elettronico personale come alleato nella pratica didattica sotto forma di tablet (la 'famosa' scuola 2.0... ma forse siamo già alla 3.0, se non oltre). Gli studenti oggi sono spinti a usare cellulare e pc per acquisire non solo nozioni, informazioni, notizie e documenti, ma anche per dialogare fra loro o con i professori (registro elettronico, facebook e whatsapp di classe...).

Mentre la comunità scientifica è da tempo impegnata nell'analizzare il fenomeno e a lanciare - senza essere adeguatamente ascoltati - allarmi per la salute (e talvolta anche per la sicurezza), le agenzie educative operanti ad ogni livello - famiglia, scuola, associazioni enti e istituzioni pubbliche e private - esitano nell'acquisire piena coscienza del fenomeno della dipendenza digitale e delle conseguenti distorsioni e patologie (come la 'nomofobia', cioè la paura di rimanere senza telefono connesso alla rete).

Con l'auspicio che per giovanissimi e adulti vengano messe in campo azioni efficaci di regolamentazione, prevenzione e 'disintossicazione', proponiamo un'intervista a Tommaso Martelli, giovane ricercatore ed esperto di Pubbliche relazioni e comunicazioni. Con spirito creativo e da 'incallito' utente della rete, è tra i pionieri di una applicazione per smartphone (iDon't), utile a coloro che intendono trovare una via d'uscita a ciò che appare come "ineluttabile e incontrovertibile stile di vita" che cancella a poco a poco relazioni umane reali (e fisiche), sostituendole con rapporti e connessioni a distanza, mediate esclusivamente da supporti tecnologici. Questa, insieme ad altre dipendenze del nostro tempo, sono leggerezze insostenibili, che vanno recuperate in tempo, perchè la qualità del tempo è un bene prezioso per la qualità della nostra vita.

Quale è la sua esperienza personale sul tema della 'dipendenza digitale'?

La mia esperienza su questo tema è quella di qualsiasi persona che si è resa conto che gli smartphone sono diventati ormai un'appendice del nostro corpo. Ci svegliamo con loro, mangiamo e andiamo al bagno con loro, lavoriamo e ci addormentiamo con loro: questo non è possibile, c'è qualcosa di sbagliato nel meccanismo che ha creato un vero e proprio circolo vizioso da cui diventa sempre più difficile uscire.

Vengono create continuamente nuove applicazioni, nuovi bisogni dei quali si pensa di non poterne fare a meno, quando fino a pochi anni fa non avevamo tutto questo e il mondo funzionava sempre alla grande.

Ma il mio approccio non vuole assolutamente essere di tipo estremista: per intenderci, non sono uno di quelli passati dal mangiare bistecche al veganismo intransigente.

Innanzitutto è innegabile che molte applicazioni che prima non c'erano hanno contribuito a rendere migliore la nostra vita: pensiamo ai servizi di car sharing creati per chi possiede uno smartphone, alle applicazioni per poter comunicare con persone dall'altra parte del mondo a costo zero, google map o semplicemente alle email e così via. Il problema è la frequenza del loro utilizzo che spesso non conosce moderazione: quando prendiamo in mano il cellulare solo per guardare lo schermo, vedere se c'è qualche notifica o aprire semplicemente l'applicazione del meteo, allora lì inizia la distorsione. Ed è stato in questo momento che mi sono reso conto tre anni fa che ci sarebbe dovuto essere qualcuno che brutalmente ti avrebbe dovuto 'obbligare' a staccare.

Personalmente non credo che lo smartphone tolga tempo, nella maggior parte dei casi, ai nostri impegni o al nostro lavoro. Semplicemente lo smartphone ha riempito il tempo che prima passavamo "disconnessi" dal mondo perché non c'era l'opportunità. Pensiamo a quante volte usiamo il telefono in macchina a un semaforo, al bagno o mentre facciamo una fila. Nell'era pre-smartphone avremmo ascoltato la radio o guardato fuori dal finestrino, letto le istruzioni di un medicinale o un giornale e così via.

In questo caso lo smartphone non ci ha rubato del tempo, lo ha sostituito. Il problema credo che sia nel fatto che non è possibile, almeno per me, non staccare mai. Non dobbiamo perdere il contatto con la realtà. Di questo ce ne rendiamo conto quando vediamo tristemente quelle scene al ristorante dove tavoli di persone non si guardano e non si parlano, chine ognuna sul suo telefono. Oppure quando rispondiamo a una mail di lavoro anche il sabato alle dieci di sera.

La dipendenza da questo dispositivo elettronico ci ha tolto il tempo che prima dedicavamo a fare qualcos'altro di utile per la nostra mente, anche come il non fare niente, semplicemente 'staccare', restare isolati con noi stessi, riflettere.

Nella mondo è già attivo da qualche tempo un movimento che si occupa di 'digital detox'. In Italia esiste una consapevolezza sui diversi aspetti della dipendenza digitale, sulle conseguenze di questo fenomeno e sulle contromisure?

L'idea di iDon't che mi è venuta a causa di questo pensiero che iniziava a girarmi per la testa, si è concretizzata andando a fare una ricerca sul web. Lì ho scoperto che nei paesi anglosassoni, soprattutto in America, il problema era un vero problema, alla stregua delle classiche dipendenze da alcol, fumo, gioco d'azzardo, ecc.

Ho letto molto sugli studi effettuati, sull'esistenza di centri di disintossicazione e soprattutto sulla consapevolezza che fosse un problema reale. Non a caso già si parlava due anni fa di Nomofobia (no-more-phone) e "digital detox".

In Italia tre anni fa non esisteva quasi nulla a riguardo, se non un interesse embrionale della dipendenza da internet in generale. Ma la dipendenza da smartphone è qualcosa di più, lo stadio avanzato di quella da internet. Ho iniziato a informarmi per capire di più questo argomento con una mia amica psicologa che lavora in un importante ospedale romano: abbiamo così iniziato a ragionare insieme sulle contromisure.

Così è nata l'applicazione di monitoraggio...

Esatto. L'idea è nata proprio in conseguenza di questa sensazione che ho descritto, ovvero del fatto che lo smartphone stava riempendo i buchi della mio tempo che dovevano essere impiegati in maniera diversa, pena la sempre maggiore alienazione da mondo. Quando inizi a pensare qualcosa capita poi che tutto sembra ruotare intorno a quell'argomento: vedi delle persone che si scontrano per strada chine sui propri telefoni, leggi solo articoli su riviste che parlano di "digital stress", percepisci questa tematica come la nuova sfida del futuro. Da lì sono passato alla fase di ricerca e di approfondimento fino poi a pensare di creare un'applicazione. Era l'estate del 2013 e l'applicazione è uscita poi nel marzo del 2014. E sembra buffo che per "combattere" la dipendenza da smartphone abbia pensato di farlo con un'applicazione che usa quel dispositivo.

Cosa pensa della digitalizzazione della scuola (Scuola 2.0) che prevede l'utilizzo diffuso di tablet e Lim connessi alla rete come strumenti di lavoro al posto dei classici libri e lavagne (analogiche)?

Non conosco molto a fondo il tema, visto che sono nel limbo di chi ha finito la scuola ormai molti anni fa e di chi non ha ancora un figlio. Ma è lo stesso pensiero di cui ho parlato prima: non sono un estremista della cartella da 10 chili, del libro e della penna. Ci vuole una buona via di mezzo, una serena presa di coscienza che il mondo è cambiato, ma anche che certe cose non potranno (o dovranno) scomparire mai.

Innanzitutto come persona che lavora nel digitale e che vede molte start up e conosce l'ambiente italiano, quello che ho notato che manca è una cultura del digitale, dell'uso del web.

Il web come strumento che aiuta e non come demone assoluto. Questo si deve costruire dalla scuola, si devono educare i più piccoli a utilizzare nel modo corretto la rete, la conoscenza del mondo digitale. Sarebbe anacronistico pensare altrimenti. Con questo però non voglio dire che libri e quaderni debbano essere sostituiti da pdf e tablet e discussioni dal vivo con chat sui social: così si finirebbe addirittura a non saper imparare più a scrivere o a relazionarsi di persona con gli altri. Non saprei dare delle soluzioni, ma contribuire a creare il recinto nel quale potersi muovere sì.

Ci sono persone che considerano anacronistico lanciare campagne di sensibilizzazione sull'eccessivo uso degli strumenti digitali...

A dire il vero non ho mai visto una vera campagna di sensibilizzazione sull'uso eccessivo degli strumenti digitali. A mio avviso ci vuole sicuramente una campagna informativa su questi strumenti, in cui si chiariscano le notevoli potenzialità e anche i loro limiti. Ma vedere tutto dal lato positivo. Molte volte in Italia siamo i fautori della cultura del NO a prescindere. Credo che sia la cosa più sbagliata in assoluto. Se ti obbligo a non fare qualcosa creo due conseguenze pericolose: la prima è che la gente sarà ancora più invogliata a farla, la seconda, quella più dannosa, che non creerò consapevolezza nelle persone nel decidere quando è il momento di fare quella cosa e quando è il momento di non farla. Il tema della comunicazione è molto delicato e andrebbe affrontato in maniera seria e approfondita.

Esiste per lei un pericolo salute o sicurezza? (patologie psichiche, sicurezza stradale, ...)

Non sono un medico ma vedendo come viene trattato questo argomento all'estero e da qualche tempo anche in Italia, sono convinto che il problema esista e non vada assolutamente sottovalutato ma indagato a fondo. E comunque guidando il motorino a Roma posso dirvi che buttando un occhio su chi guida con smartphone in mano, appoggiato al volante o sul cruscotto, i pericoli non sono 'digitali' ma reali...

[N.B.: l'intervista è stata realizzata nel 2016.

Lo studio delle dipendenze psicologiche

>> Da Wikipedia - "Dipendenza da Internet"- La dipendenza da Internet, nota anche come internet dipendenza (in inglese Internet addiction disorder, in acronimo IAD), è un disturbo da dipendenza legato a utilizzo intensivo e ossessivo di Internet[1] in tutte le sue forme, dalla navigazione sui social network, alla visualizzazione di filmati, al gioco online.

LINK UTILI (ultimo aggiornamento: settembre 2022)

N.B.: ormai tutti i sistemi operativi degli smartphone propongono app di monitoraggio dell'utilizzo dispositivo elettronico con indicazione "benessere digitale" ma pochi lo utilizzano e soprattutto pochissimi lo controllano per preservare la propria salute psico-fisica.

ALTRE "APP"

http://www.qualitytimeapp.com/  applicazione (gratuita) per monitorare l'utilizzo dello smartphone, il punto di partenza per capire come stiamo utilizzando il nostro tempo e prendere provvedimenti partendo da noi stessi per migliorare la qualità di vita

http://pumpic.com/limitly-parental-app/  applicazione per regolamentare l'utilizzo (gratuita)

https://www.qustodio.com/it/ controllo utilizzo smartphone e filtro contenuti (gratuita versione base)

https://www.forestapp.cc/ 

Aricoli e pagine tematiche 

https://www.digitaldetox.it/5-app-gratuite-digital-detox-per-aiutarti-a-staccare-la-spina-android-ios/

https://www.benesseredigitale.eu/ (studio del rapporto tra media digitali e qualità della vita)

https://en.wikipedia.org/wiki/Digital_detox

https://it.wikipedia.org/wiki/Dipendenza_da_Internet

http://www.yourdigitaldetox.com/it/

>> Articolo dalla rivista UPPA "Un Pediatra per Amico"

https://www.uppa.it/educazione/pedagogia/bambini-e-smartphone-mai-prima-dei-tre-anni/

(Immagine tratta dalla rete)

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