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Breve diario di una giovane ginnasta ferrarese alle Olimpiadi

Il mio sogno a Rio 2016

26-10-2016 / A parer mio

di Alessia Maurelli

L'esperienza di Rio 2016 è stata una delle più belle della mia vita. A prescindere dal risultato sportivo che ci ha visto ai piedi del podio, a pochi centesimi di punto dalla medaglia olimpica, abbiamo vissuto il periodo della nostra permanenza al villaggio olimpico con estrema positività.

Il villaggio olimpico è come un mondo parallelo, fatto di tante palazzine, fontane, giardini, strutture sportive in ogni angolo, infermeria, negozi e soprattutto una gigantesca mensa per atleti, dirigenti e tecnici. Siamo riuscite a cogliere l'inestimabile valore di una Olimpiade, riuscendo a dosare la giusta adrenalina per la prestazione sportiva, l'entusiasmo del momento e un'inaspettata serenità.

 

 

Rio e il villaggio olimpico dalla finestra

Dalla mia finestra vedo molte cose, essendo la mia camera al 14º piano. Le più in evidenza oltre ai bellissimi giardini e fontane, sono le altre palazzine tra cui quella della Russia ed anche quella dell'America, che si trova di fronte alla nostra ma che non ha esposto alcuna bandiera per paura del terrorismo. Il villaggio in realtà pare essere ancora incompiuto. La nostra camera nella palazzina numero 19 all'arrivo aveva ancora i materassi del letto impacchettati. Oltre a queste altissime palazzine si intravede anche la mensa, lunga 200 metri, la più grande di tutta la storia delle olimpiadi. Poi si notano anche molti campi da calcio e da tennis, ma il posto che mi piace guardare di più in quei pochi minuti di riposo che trascorro in stanza è la fermata dei bus: è bello vedere partire atleti di tutto il mondo pronti per gareggiare oppure per andare ad allenarsi.

 

 

A passeggio per Rio

Purtroppo ho passato solamente 10 giorni a Rio esclusivamente nel villaggio olimpico, perché sono partita il giorno dopo la gara. Fortunatamente, un pomeriggio siamo riuscite ad andare a vedere il Cristo, simbolo per eccellenza della città di Rio. Durante il viaggio in macchina non ho smesso di guardarmi intorno: abbiamo attraversato bellissimi posti come la spiaggia di Ipanema ma soprattutto ci siamo rese conto di come ci fosse un dislivello fra zona ricca e zona povera, le famose favelas. Le favelas, anche se viste da fuori e di sfuggita, facevano veramente effetto: le case accumulate tra una e l'altra, avevano le finestre ma nessuna tenda, sembravano dei buchi per topi... Mi ha anche sconvolto il traffico... 20 minuti di tragitto - in condizioni normali - sono diventati un'ora, nonostante si viaggiasse in corsia preferenziale Rio 2016.

 

 

I contatti con la gente del posto

L'unico contatto avuto con i brasiliani di Rio sono stati gli operatori volontari olimpici. Quasi tutti quelli che ci seguivano durante i nostri allenamenti, sono diventati nostri tifosi. I brasiliani sono molto cordiali, allegri come siamo abituati a pensarli e questo lo ha dimostrato anche il pubblico che ha seguito la nostra gara, tutti tifavano per tutte le squadre in eguale modo, fatta eccezione la nazionale di casa.

 

La mia colonna sonora alle olimpiadi

Solitamente durante le gare ascolto solo le mie musiche sul telefono. In effetti mi sono accorta che avendo pochi spostamenti in autobus perché le strutture erano molto vicine ho ascoltato veramente poca musica.

 

 

 

Le altre squadre, gli altri atleti

Il contatto con altri atleti è molto limitato. Purtroppo il tempo a nostra disposizione durante i giochi olimpici oltre ad essere veramente ridotto, è quasi totalmente impiegato in allenamenti, riposo, fisioterapia. Gli unici partecipanti con cui siamo riuscite a legare, sono stati gli atleti italiani, che ovviamente dividevano la palazzina con noi. Nella palazzina infatti c'è un posto di ritrovo, con televisori che trasmettono le gare, segretari e addetti del Coni, e poltrone dove rilassarsi in compagnia. Un altro luogo di ritrovo è senza dubbio la mensa: molto interessante vedere come atleti olimpici come noi hanno una diversa dieta dalla nostra, dai lottatori che si limitano a povere cene per rientrare nel peso di gara, oppure i lanciatori del peso.

Un motivo poi per socializzare con atleti di altre nazioni erano i Pin, ovvero piccole spille della propria nazione che si appendevano al pass olimpico: ovviamente facciamo a gara tra di noi per chi riesce a scambiare più spillette...

 

 

 

I ricordi, le emozioni

Porto nel mio cuore innumerevoli emozioni di Rio. Anche se la gara si è conclusa con un amaro quarto posto, ho un ricordo positivo di tutta la trasferta olimpica, dagli allenamenti alla gara che abbiamo concluso mettendo in campo la migliore prestazione di sempre. Ci aspettavamo di tornare in Italia con una medaglia e chiudere in bellezza un quadriennio che ci ha visto quasi sempre sul podio. Il ricordo però più bello penso che sia la gara stessa. Solo il giorno prima della finale olimpica - durante le prove pedana - ricordo di avere avuto molto paura: avevo le gambe e le braccia letteralmente che tremavano, ricordo che mi chiesi fra me stessa come farò durante la gara a stare in piedi? Poi non so spiegare come sia potuto succedere, ma come per magia durante la gara, ho provato l'emozione più bella della vita mia: stavo facendo le olimpiadi, ne ero cosciente, ma ciò non mi creava ansia, anzi mi salivano le lacrime agli occhi dall'emozione. Continuavo a ripetermi che avevo raggiunto il "mio sogno".

 

[Testo di Alessia Maurelli raccolto da Alessandro Zangara; immagini fornite da A.Maurelli]

 

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