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8 marzo, Giornata Internazionale della Donna: uno sguardo al portafoglio e un altro alla grammatica italiana

08-03-2017 / Punti di vista

di Annalisa Felletti *

Uno sguardo al portafoglio e un altro alla grammatica italiana. Celebriamola così la Giornata Internazionale della Donna, quest'anno. Quella che potrebbe sembrare un'astrusa provocazione, è nient'altro che un incoraggiamento a fare un paio di riflessioni.
La prima è una questione di numeri. A conti fatti, le donne guadagnano il 17 per cento in meno degli uomini, non in uno sperduto angolo del mondo, bensì nella nostra civilissima Europa. Lo ricorda la Confederazione europea dei sindacati, che ha deciso di dedicare le iniziative dell'8 marzo, con il sostegno di Cgil, Cisl e Uil, al tema della disparità salariale tra generi.
A livello internazionale il fenomeno si definisce "gender pay gap", è calcolato sul salario medio lordo orario, e si conferma come un tema decisivo nella lotta contro le discriminazioni. La motivazione è facilmente intuibile; esso trascina con sé una mole di altre questioni sociali che ci toccano da vicino: dall'istruzione all'occupazione, dal welfare alle pensioni, dalla realizzazione in ambito affettivo/familiare, alla gratificazione di carriere professionali.
Sostanzialmente, le ragazze sono più brave negli studi (lo dicono le statistiche), ma spesso svolgono ruoli professionali meno remunerativi, quindi saranno pensionate più povere. In Italia, ad esempio, l'assegno pensionistico delle donne è più leggero del 30 per cento rispetto agli uomini. Anche questo è un dato certo.
Se la prima è una questione di numeri, la seconda è una questione di parole.
E' più facile che un "petaloso" entri nel linguaggio comune prima che nei nostri dizionari, piuttosto che sia riconosciuta la cittadinanza di declinazioni femminili che conferiscono la dovuta e corretta visibilità alle donne nella lingua italiana e nella comunicazione attraverso i media. Non occorrono forzature, è sufficiente utilizzare forme femminili o comunque alternative previste dalla nostra grammatica.
Sono trascorsi già 30 anni dalla pubblicazione di uno scritto della linguista Alma Sabatini dal titolo "Il sessismo nella lingua italiana" (Presidenza del Consiglio dei ministri, 1987) eppure, quando si tratta di utilizzare il "femminile", nella lingua parlata, nello scritto, sui media, si incontrano insospettabili e anacronistiche resistenze. Fino al paradosso, o al vero e proprio "orrore grammaticale", per cui la tal donna è un grande architetto, ad esempio, o il ministro è incinta. Ministra, Avvocata, Magistrata, Assessora, Sindaca, Chirurga, Medica, e così via, sono professioni, posizioni professionali che esistono nella realtà, tanto più nella grammatica.
Non è dunque una mania o una stravaganza promuovere e sostenere l'uso non sessista della lingua italiana.
L'obiettivo è la parità, non solo dei diritti tra donna e uomo, così come sancita dalla Costituzione e dalle altre leggi dello Stato, ma anche di valori tra i generi, mettendo in luce quegli aspetti lasciati in ombra da un'ideologia che vuole la donna in una posizione di inferiorità.
Se "ciò che non si dice, non esiste", le donne sono destinate a rimanere le più povere, le più sfruttate, le più disoccupate, e via così. Portafoglio e grammatica, numeri e parole, due facce della stessa medaglia! Non a caso, nella giornata internazionale dedicata alla donna ci sarà una mobilitazione mondiale promossa dalla rete "Non una di meno", con assemblee, manifestazioni, presidi, flash mob, per i diritti delle donne e di tutte le persone discriminate per genere.
Quanto sia importante il ruolo della comunicazione e dei media è evidente. Allora, questo 8 marzo, facciamoci un augurio e un regalo: da oggi in poi scegliamo con cura le parole da dire e da scrivere, diamo il giusto peso alle parole e raccogliamo finalmente l'invito di Alma Sabatini di 30 anni fa. Non arrendiamoci all'uso sessista delle parole. Buon 8 Marzo!

 

*Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Ferrara