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Calcio femminile, una questione culturale...

12-11-2017 / A parer mio

di Rebecca Bottoni

Da qualche anno anche in Italia si comincia a nominare, ogni tanto, il calcio femminile. Spesso visto e trattato come un animale strano, esotico, quasi in estinzione ancora prima di diffondersi, questo sport pare essere una vergogna più che un vanto.

Non bastano esempi illustri di calciatrici americane e nemmeno la ‘cantera' femminile del Barcellona, trattata in terra catalana con la stessa dignità dei colleghi uomini, per credere che una cultura simile possa nascere anche in Italia. Perchè potrà essere meno seguito, meno venduto e mercificato, ma non può essere privo di dignità. Invece, nel nostro paese, il calcio femminile vive una sorte ancor peggiore e quando non è offeso da commenti misogini viene relegato nella pura indifferenza mediatica e pubblica.
Ho incontrato bravi genitori che, quasi arresi, mi dicevano:" ho provato a farle fare altri sport ma niente, lei vuole solo giocare a calcio, non so perchè".
Un pianeta opposto rispetto alle migliaia di ragazzini visti spesso dai loro stessi genitori come "pulcini dalle uova d'oro" che talvolta senza voglia e forse anche senza talento, hanno la strada segnata solo verso un campo di calcio.
Le femmine invece non si capisce perchè lo facciano. Perchè insistano o perchè vogliano, tra tutte le alternative, proprio giocare a calcio.
Alcuni giorni fa mi è stato rimproverato di "mettere il cuore nel calcio". Si tratta forse di quello stesso cuore che si tocca quando si chiede ai tifosi di comprare un abbonamento? La vita è spesso contraddittoria e non credo di scoprire nulla di nuovo oggi.
Ma fa effetto avere 30 bambine che vorrebbero giocare a calcio e nessuna società interessata a tesserarle. Anzi, ancora più agghiacciante è rischiare di rimanere nel limbo mediatico tra indifferenza e compassione.
Eppure la Federazione, per allinearsi alle squadre europee, ha imposto alle società professioniste maschili di avere il settore femminile. Ed è successo che la maggior parte di queste abbia semplicemente acquisito a pochi euro squadre femminili preesistenti, aggirando l'ostacolo ma soprattutto non sviluppando realmente nulla. Fatta la legge e trovato ancora prima l'inganno. Stanno così emergendo - escludendo rari casi di investimento pubblicitario, mediatico ed economico - i reali atteggiamenti che gli uomini di calcio hanno verso il corrispettivo femminile. Sono forse infastiditi nel dover affrontare anche questa imposizione, soprattutto nel terreno che per anni hanno reputato esclusivamente loro.

Il problema è culturale, se viene ancora visto come un problema e di natura economica, se si cercano solo strade commerciali per risolverlo. Eppure frutterebbe milioni se solo si guardasse al settore con occhi più lungimiranti.
Le ditte sportive americane non importano in Italia scarpini da donna, eppure negli Stati Uniti ricoprono d'oro le calciatrici che esultando dopo un gol mostrando i loghi sul petto. Nei film americani le bambine giocano tutte a calcio mentre gli uomini che non giocano a football sono considerati un po' strani. Questione di background, certo. Ma se si ama il calcio allora lo si ama tutto. Senza distinzioni. Soprattutto se decidiamo di non vivere più nel medioevo culturale.
Spesso quando una donna afferma di giocare a calcio la domanda che segue, quasi a volerla correggere è "calcio o calcetto?". Uno dei commenti migliori che si sentono è "non vorrai mica farti far gol da una donna?!"
Ho giocato in seria A ma anche in amichevole contro squadre maschili di terza categoria. Uomini che inizialmente cercano di essere galanti ed evitare scivolate, per poi invece scivolare goffamente su un orgoglio che impone loro di vincere per forza, perchè troppo umiliante sarebbe perdere da una donna.
E come quel bambino che si riporta a casa il pallone, così il calcio maschile non lascia possibilità di gioco. Ma le donne sono cocciute, caparbie, coraggiose e vanno oltre anche a qualsiasi commento
Quelle 30 bambine hanno oggi trovato una società coraggiosa e intelligente e sono state tesserate dall'Etrusca 2010, a Ferrara.
Giocano di sabato. Tutti i sabati contro squadre maschili, perchè non esistono ancora nella nostra provincia altre squadre giovanili femminili. E giocano contro ogni pregiudizio che, purtroppo, persiste ma che stanno cercando - anche a loro insaputa - di sconfiggere.
A volte qualche bambino gioca con noi e improvvisamente tutto diventa semplice perchè l'importante è davvero solo giocare.
Sperando che prima o poi ci siano tante altre bimbe e tante altre squadre fatte di ragazze, in un vicino risorgimento calcistico italiano.

Rebecca Bottoni, responsabile del Settore giovanile femminile Etrusca 2010, ex calciatrice di serie A

 

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