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La segnalazione: "Etica, banca, territorio: Il monte di pietà di Ferrara" di Alfredo Santini

31-07-2006 / A parer mio

di Giuseppe Muscardini

La nascita recente del quotidiano on-line «CronacaComune», non ci ha consentito di recensire prima di oggi un volume presentato a suo tempo come annuale strenna natalizia della Cassa di Risparmio di Ferrara. Ma nonostante l'uscita in libreria risalga alla fine del 2005, non possiamo evitare di segnalarlo a tutti coloro che sono interessati alla storia della nostra città. Quando un edificio storico cambia look per effetto di un indovinato restauro, sorgono spontaneamente interessi e stimoli negli studiosi del luogo. È il caso del prestigioso libro di Alfredo Santini dal titolo Etica, banca, territorio: il Monte di Pietà di Ferrara, che gode inoltre dei testi di Gianni Venturi, Andrea Nascimbeni, Angela Ghinato, Carlo Bassi e Andrea Emiliani. All'autore del volume si deve l'argomentato capitolo sulla storia dell'economia ferrarese tra XVI e XX secolo, fondamentale per comprendere gli usi e le pratiche attraverso cui il Monte di Pietà operò a Ferrara, e in che misura i ferraresi vi fecero ricorso. Ma ancor prima di questa dettagliata ricognizione storica, lo stesso Alfredo Santini firma le ampie e acclaranti Considerazioni preliminari, dove ricostruisce la cronologia di fatti ed eventi intorno alla diffusione e allo sviluppo del Monte nella nostra città, soffermandosi quando occorre - e con stile personale e arguto - sugli aneddoti e sui personaggi delle istituzioni creditizie ferraresi in rapporto al ruolo storico della locale Cassa di Risparmio. Lo spessore documentario dei due saggi di Alfredo Santini, comprovano l'attenzione riposta dalla Cassa di Risparmio all'evolversi nel nostro territorio delle più consolidate strutture del credito. Al contributo di Andrea Emiliani torna utile riferirsi per l'analisi della nostra documentata monografia, dal corredo iconografico ricco e importante. Con metodologia simile a quella messa in atto da Max Weber ne L'etica protestante e lo spirito del capitalismo - opera che tanto s'impose nella storia delle idee del ventesimo secolo -, Andrea Emiliani traccia l'excursus ideologico-religioso dello spirito pietistico che animò l'istituzione conosciuta come Monte di Pietà. Ne emerge un'appassionata lettura dei simboli, e in particolare della valenza iconografica attribuita alla diffusa immagine del Cristo sofferente e paziente con le braccia aperte, in cui si sostanzia la miseria dell'incerta condizione umana; immagine resa ancora più persuasiva perché s'incarna nel figlio di Dio, che umano era solo in parte. L'argomento ritorna nel bel saggio di Andrea Nascimbeni, che fa calare l'imago pietatis del Cristo nella realtà ferrarese, documentandone opportunamente la presenza nel bassorilievo del paracarro di marmo ancora oggi visibile all'angolo con Corso Ercole I d'Este, davanti all'ex Palazzo del Monte di Pietà, attestandone la funzione "segnaletica", ad indicare che il quel luogo i cambiatori esercitavano un tempo la loro professione. Denaro in cambio di cose. È denso di preziose informazioni, lo studio di Andrea Nascimbeni, frutto di ricerche attente e approfondite, attraverso le quali si estende il campo di indagine alle influenze del pensiero talmudico sull'attività esercitata dal Monte di Pietà, e quindi sulla cospicua presenza di ebrei all'interno della secolare istituzione. Non si potrebbe del resto accedere compiutamente a quei contesti, a certi climi socioculturali, senza una necessaria incursione nella Ferrara dei secoli in cui il Monte fu più attivo. Vi provvede abilmente Gianni Venturi con il suo agile studio sulla Ferrara di Cinque e Seicento, trattando un periodo storico in cui un evento epocale come la Devoluzione del Ducato allo Stato della Chiesa generò trasformazioni politiche, economiche e culturali di grande rilievo. L'aspetto più tecnico, se riferito alle simboliche architetture del Palazzo restaurato, è riservato a Carlo Bassi, che ne documenta l'inserimento nel paesaggio urbano ferrarese. Di taglio archivistico la parte affidata ad Angela Ghinato, con la trascrizione e i regesti delle carte affiorate dagli archivi in merito alle numerose eredità delle famiglie cittadine; famiglie che si rivolgevano al Monte di Pietà quale garante del pieno rispetto delle volontà testamentarie del defunto, quando questi disponeva in vita di lasciare terre e capitali ai luoghi pii.
Insomma, si apprendono fatti e storie di umana civiltà - talvolta intrecciati con squallide vicende d'usura e malversazione -, dove il concetto di civiltà, pur diverso dall'accezione corrente, si esprimeva con simboli efficaci, ancora oggi scolpiti su un paracarro d'angolo.

A. Santini, Etica, banca, territorio: il Monte di Pietà di Ferrara, Milano, Federico Motta Editore, 2005