Comune di Ferrara

domenica, 19 maggio 2024.

Dove sei: Homepage > Lista notizie > Avant-gard

Avant-gard

09-02-2007 / A parer mio

di Giuliana Berengan

"Avanguardia neoestense", così Roberto Guerra nel sottotitolo del suo libro "La città lunare", pubblicato nel 2006 dalla Este Edition, definisce gli artisti, autori, personaggi che per un ventennio, dal 1985 al 2005, hanno animato e segnato la vita culturale ferrarese. Da tempo non sentivo usare in tutta la sua potenza evocativa questa "storica" parola che ha informato di sé il Novecento ed ha legato il proprio corpo semantico agli avvenimenti che hanno identificato e talora sconvolto il secolo: avanguardia in letteratura, in musica, nella poesia, nell'arte figurativa e nella politica, nella moda e nelle lotte di liberazione, avanguardia rivoluzionaria e pensiero all'avanguardia. Il termine mi è parso appropriato, oserei dire dovuto in riferimento a quelle voci che, in arti diverse e con modi differenti, sono risuonate con forza nel silente e abitudinario panorama della cultura istituzionale, rassicurante e assicurata dal pubblico consenso e quasi sempre anche dal pubblico denaro. Se è vero che "il modo più efficace per mettere in movimento il pensiero in senso costruttivo è quello di gettarlo in situazioni fino a quel momento per lui sconosciute" l'avanguardia ha certamente fatto propria tale indicazione: le radici della parola nel francese avant-gard, il drappello che procede avanti agli altri per aprire la via al resto dell'esercito, rimandano con chiarezza, benché in senso figurato, al coraggio di sfidare l'ignoto, di avventurarsi laddove i più non osano spingersi. E subito viene da chiedersi se questa parola abbia ancora un significato identificabile, se abbia ancora un senso servirsene in un contesto nel quale la diversità, la difformità, la non appartenenza ad una chiesa vengono evitate, esorcizzate o, ancor più spesso, messe in condizione di non apparire, relegate in un mondo minore e rese quindi incapaci di alimentare con la propria originalità il respiro del futuro. Quando le cose iniziano ad esistere nel momento in cui l'istituzione mediatica ne viene a conoscenza e decide che uso farne e quale marchio apporre su di loro per assicurarsene il controllo. Quando l'attenzione verso l'arte e la cultura è determinata dai "consigli per gli acquisti" forniti dai cosiddetti esperti. Quando l'interesse per un'opera è sempre più commisurato al rango che il consesso ufficiale le attribuisce nella sua graduatoria di merito c'è ancora spazio per il desiderio irresistibile di giocarsi la vita per oltrepassare le colonne d'Ercole? E, per scendere a registri assai meno eroici, viene da chiedersi: chi andrà avanti a chi per ritrovare il gusto di non seguire la corrente? Se fosse possibile rinunciare alle classificazioni di valore, alle promozioni, al nuovo mito dell'essere in sintonia con la comunità sociale per riportare le cose sul terreno del piacere di scoprire e percorrere vie altre, un piacere spogliato di ogni garanzia allora credo che tornerebbe ad avere senso la parola avanguardia. E poi bisogna anche dire che l'avanguardia è stata, quasi per legge naturale, inscindibile dalla meravigliosa tracotanza della giovinezza che non accetta i limiti e le regole dell'abitudine, che sperimenta e crea nuovi mondi. E allora si pone un altro doloroso quesito: quali mondi vorranno o potranno creare i giovani che crescono senza conoscere i tempi del desiderio e dell'attesa, che indossano vite pret-a-porter e accettano destini tessuti sulla trama dell'utile e del certo? Non ho risposte ma voglio credere che ci sarà sempre qualche "eroe giovane e bello" che avanza coraggioso per portare il pensiero e l'arte verso ignote terre di libertà.