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L'approvvigionamento idrico per l'agricoltura ferrarese

06-02-2018 / A parer mio

di Carla Corazza *

Ho letto nei giorni scorsi sui mezzi di informazione locale diversi articoli e interventi sul problema dell'approvvigionamento idrico per l'agricoltura ferrarese.
Nelle scorse settimane avevo osservato che molti dei canali di bonifica che attraversano il nostro territorio in questo periodo invernale sono completamente senz'acqua: il loro fondale appare tutt'al più come una sequenza di piccole pozzanghere nemmeno collegate fra di loro. Altri canali ospitano soltanto pochissimi centimetri d'acqua, nulla che consenta la sopravvivenza di pesci di adulti.
Insomma, i canali ed i fossi del nostro sistema di bonifica sono gestiti ancora come era necessario fare qualche decennio fa, quando gli inverni erano piovosi e bisognava evitare che i terreni, un tempo paludosi, si inzuppassero d'acqua. Ma, adesso, la situazione è cambiata: non piove e lasciare i canali senz'acqua in inverno significa rendere quasi impossibile la ricarica delle falde: bisognerebbe invece approfittare di questo periodo per riequilibrare le risorse idriche, visto che, in questo momento, non c'è domanda per l'irrigazione.
Negli articoli, si invocava la realizzazione di dighe e laghetti superficiali, ma stoccare l'acqua in questo modo per affrontare la siccità non è la soluzione migliore: l'acqua stoccata in superficie è destinata ad evaporare e quindi l'acqua deve essere il più possibile convogliata nel sottosuolo, dal quale potrà poi essere richiamata.
Inoltre, la gestione attuale dei corsi d'acqua è probabilmente favorevole alle specie esotiche invasive: probabilmente, per le nutrie, avere tane asciutte in cui far crescere i piccoli in inverno può essere un vantaggio che nei loro territori di origine non hanno. Di sicuro, la nostra gestione idrica costituisce una sorta di paradiso per il gambero rosso della Louisiana: in inverno, l'assenza di acqua non lo disturba più di tanto, poiché si rifugia nelle lunghe gallerie che scava negli argini, mentre in estate gli viene messa a disposizione tutta l'acqua che gli occorre. Non a caso, i pochi bacini in cui sopravvivono ancora specie autoctone sensibili sono quei corpi idrici minori che ricevono un poco di acqua dalle piogge in primavera e rimangono poi asciutti durante tutta la stagione estiva e, un po' paradossalmente, quei bacini artificiali a sponde cementificate in cui il gambero non riesce a scavare.
Altra cosa che ho notato è che molti dei principali canali ricevono scarichi fognari direttamente dalle case vicine, senza depurazione: in assenza di acqua, non è raro capitare nei pressi di un fossato tutt'altro che minore ed essere inondati dal cattivo odore delle fognature, che si accompagna ai relativi possibili problemi sanitari.
​E' molto tempo che gli ecologi raccomandano una gestione diversa dei corsi d'acqua, con il rispetto del deflusso minimo vitale, con lo sfalcio alternato delle sponde nel rispetto degli habitat, degli equilibri ecosistemici e delle capacità di fitodepurazione (fondamentali, soprattutto quando le fogne scaricano direttamente in acqua!), ​con una pendenza più dolce delle arginature che ne riduca l'instabilità aumentando la ricchezza di habitat.
E' il momento di cambiare il modo in cui il territorio viene gestito tenendo contro della realtà attuale e di muoversi alla svelta nel realizzare interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico: quelli indicati in questa lettera non richiedono nessuna nuova spesa di investimento ma soltanto una maggiore e più tempestiva attenzione ai fenomeni che si verificano.

 

* biologa del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara