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Antonio Sturla, alle radici del cinema ferrarese

21-08-2008 / A parer mio

di Maurizio Villani

Paolo Micalizzi prosegue la sua benemerita opera di indagine storico-critica sul cinema ferrarese dando alle stampe quest'ultimo libro, intitolato "Antonio Sturla. Il pioniere del cinema ferrarese", pubblicato per i tipi della Este Edition. Il volume si compone di una parte saggistica, scritta dallo stesso Micalizzi, da una parte che contiene varie testimonianze dei figli e di amici di Sturla, da una ricca sezione fotografica ed è concluso dalla filmografia che riporta tutte le opere cinematografiche alla cui realizzazione Sturla collaborò come operatore, regista e organizzatore.
La ricostruzione storica di Micalizzi parte dal 1912, anno in cui, da autentico pioniere, Sturla - che era nato nel 1894 - realizzò come operatore la "comica finale" Sotto a chi tocca, interpretata da due macchiette cittadine, il Cavalier Burela e Tugnin d'la Ca di Dio. Nello stesso anno girò Il baratro, un mediometraggio di circa 30 minuti, prodotto dall'industriale copparese Arduino Cotti e diretto da Mario Bernardi. Micalizzi mette bene in luce il passaggio all'attività di documentarista che Sturla compì nel periodo della Prima guerra mondiale e, successivamente, nel ventennio fascista e durante la Seconda guerra mondiale, quando divenne corrispondente dell'Istituto Nazionale Luce in Italia e in Libia. Sturla non abbandonò mai la sua passione per Ferrara e il suo territorio: fu dietro la macchina da presa in molti documentari che illustravano le bellezze artistiche e paesaggistiche del ferrarese o davano testimonianza della realtà antropologica e sociale di popolazioni che, soprattutto nella bassa, lottavano quotidianamente contro le difficoltà di una vita di miseria. Il campo d'azione di Sturla fu assai ampio; lo troviamo, ad esempio responsabile della regia e della fotografia di un documentario del 1935, prodotto dalla Incom, intitolato Il grande viaggio in India e Ceylon, che lo portò a compiere un lungo viaggio in Oriente, di cui Micalizzi pubblica alcuni ricordi particolarmente significativi.
Il secondo dopoguerra vede Sturla continuare la sua attività di regista e operatore, con produzioni notevoli, come i documentari Il postino di montagna (1951) di Adolfo Baruffi, con il commento parlato di Dino Buzzati e Le tombe di Spina (1954) di Salvatore Aurigemma. Ma oltre all'attività documentaristica Micalizzi mette bene in evidenza l'importanza che Sturla ebbe nel panorama culturale di Ferrara nel favorire la crescita di giovani appassionati di cinema, che vedevano in lui una sorta di maestro e di protettore di nuovi talenti. Lavorarono con Sturla negli anni Cinquanta del Novecento molti giovani intellettuali destinati a brillanti carriere nel mondo del cinema o dei media; per rendere l'idea dell'ampiezza delle relazioni culturali che Sturla seppe creare, citiamo alcuni dei loro nomi: Adolfo Baruffi, Florestano Vancini, Vittorio Passerini, Carlo Bassi, Renzo Renzi, Enzo Biagi, Fabio Pittorru, Damiano Damiani, Alessandro Roveri, Sergio Zavoli, Renzo Ragazzi, Carlo Rambaldi.
Come nota Micalizzi, il rammarico dei lettori del suo interessante saggio sta nel fatto che molte delle opere di Sturla risultano introvabili. Sarebbe auspicabile che le istituzioni culturali della città si attivassero per riuscire a reperire negli archivi cinematografici quanto più materiale possibile, in modo da salvare dall'oblio e dalla distruzione i film di Sturla e consentire al pubblico di oggi di vedere testimonianze importanti della storia del cinema ferrarese e italiano.