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Domenica 30 ultimo appuntamento con le conversazioni di Scafuri e Sassu

San Domenico chiude l'itinerario di scoperta delle chiese cittadine

27-11-2008 / In primo piano

Ospita uno dei cori lignei più antichi della regione, accanto a dipinti dello Scarsellino e del Bononi e a una Madonna col Bambino del Trecento. La chiesa di San Domenico sarà la protagonista, domenica 30 novembre, dell'ultima tappa del percorso di scoperta dei luoghi di culto cittadini organizzato dal Comune di Ferrara e dall'Arcidiocesi di Ferrara e Comacchio.
Come per i precedenti incontri, sempre seguiti con interesse da un folto pubblico, le vicende storiche e le opere d'arte della chiesa di piazza Sacrati saranno illustrate da due esperti della materia: lo storico del Servizio Beni Monumentali del Comune Francesco Scafuri ed il curatore dei Musei Civici d'Arte Antica Giovanni Sassu.
Tante le curiosità che verranno proposte al pubblico dai relatori, dal tema dell'inquisizione, alle vicende relative ad alcuni dipinti che ornano gli altari della chiesa, fino allo sviluppo architettonico dell'ex convento dei domenicani, che nel tempo si arricchì di aule universitarie e della famosa biblioteca Calcagnini.
L'appuntamento è per le 9,30 sul sagrato della chiesa e la partecipazione all'iniziativa è gratuita.


Chiesa di San Domenico
(testo a cura di Francesco Scafuri e Giovanni Sassu)

La Chiesa e l'annesso Convento, notevolmente trasformato nel tempo, furono intitolati sin dall'origine a San Domenico di Guzmàn (Caleruega (Spagna), 1170 - Bologna 6 agosto 1221), fondatore dell'Ordine dei Frati Predicatori.
La Chiesa primitiva, con pianta ad aula, era una delle maggiori della città e fu iniziata il 4 marzo 1274; é noto, comunque, che fin dal 1235 nella stessa zona i Frati Predicatori ed il loro priore utilizzavano già un piccolo edificio sia per le attività di culto che come Convento.
Il grande Tempio duecentesco fu poi demolito verso la fine del Seicento perché ormai cadente e ricostruito con orientamento opposto a quello precedente. Dopo un primo incarico a Gioseffo Balduini, che nel 1693 aveva cominciato l'edificazione della parte superiore del coro ed il Presbiterio, a partire dal 1700 il cantiere fu affidato all'architetto veneto Vincenzo Santini, che elaborò un nuovo progetto e portò a compimento l'attuale edificio di culto. I lavori architettonici si conclusero nel 1717, quando la Chiesa "del tutto rimase libera dall'operare de' muratori", invece per la sistemazione definitiva degli arredi interni e degli Altari si dovette attendere alcuni anni.
Del tempio medievale si sono conservate le due costruzioni sul lato destro della facciata, cioè il Campanile del XIII secolo e l'Abside originaria, che contiene la Cappella Canani.
Nel prospetto principale Santini volle combinare un gusto tipicamente barocco con elementi tratti dalla tradizione locale: la facciata, coronata da frontone triangolare, è caratterizzata interamente dal rosso dei mattoni, da un'alta trabeazione ed è spartita da lesene (con capitelli compositi) che poggiano su basi lapidee, mentre sopra il tipico portale centrale si impone all'attenzione una finestra balconata con timpano curvilineo. Lo spartito architettonico è arricchito da quattro statue in pietra arenaria, restaurate nel 2001 dall'associazione culturale Ferrariae Decus, pregevoli opere che rappresentano santi domenicani ed eseguite dallo scultore Andrea Ferreri nel 1722.
A seguito dell'intervento settecentesco la Chiesa risultò con pianta ad aula e cinque Cappelle per lato. Semplice anche l'illuminazione interna, assicurata dalle grandi finestre aperte nella parte alta dei fianchi, che tuttavia suscita viva emozione.
L'interno rispecchia i mutamenti settecenteschi pur custodendo opere provenienti dall'antica Chiesa. Tra i dipinti che ornano gli Altari spiccano le opere dello Scarsellino e del Bononi. Nel Presbiterio si conserva uno dei cori lignei più antichi dell'Emilia Romagna, opera di Giovanni da Baiso realizzata nel 1384. Nella quinta Cappella a sinistra si segnala una pregevole Madonna col Bambino, rara testimonianza della cultura figurativa estense del Trecento.