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Intervista alla Nuova Ferrara del sindaco Sateriale sullo scenario economico locale

26-09-2005 / Punti di vista

Sindaco Sateriale, come è cambiata l'economia ferrarese in questi sei anni di suo governo della città? Negli ultimi anni Ferrara ha dovuto affrontare le crisi pesantissime di alcune delle sue più rappresentative imprese, dalla CoopCostruttori, alla Stayer, alla Zanolini, all'Alcoa. La recessione colpisce molte aree del paese, noi paghiamo una fragilità antica delle nostre imprese industriali. All'origine delle crisi ci sono cause differenti, poiché se è vero che Zanolini ha risentito di una generale difficoltà del comparto tessile e dell'abbigliamento, il crac della Costruttori è figlio di gravi errori gestionali, mentre per Stayer e Alcoa si può parlare nell'un caso di incapacità del management e nell'altro di miopia di una multinazionale, sostanzialmente disinteressata a definire un percorso di rilancio strategico di un'azienda ancora vitale e ricca di potenzialità. In questo caso speriamo che un cambio di proprietà possa essere una soluzione adeguata. Queste situazioni hanno negativamente inciso su un settore, quello industriale, che a Ferrara storicamente ha sempre stentato a decollare. Nonostante tutto, però, gli indici occupazionali che storicamente relegavano la nostra città all'ultimo posto delle graduatorie regionali hanno registrato un miglioramento e la disoccupazione, specie quella giovanile e femminile, si è ridotta in maniera significativa negli ultimi anni, anche se permangono difficoltà nella ricerca di un lavoro stabile e qualificato. Però il tasso di disoccupazione si è dimezzato, passando dal 12% del '98 al 5,9% attuale, mentre la percentuale degli occupati nello stesso lasso di tempo è aumentata di sei punti percentuali. Per propiziare una ripresa possibile, la nostra Amministrazione si è molto impegnata per la bonifica e il rilancio dell'area dell'ex petrolchimico, coniugando all'obiettivo del risanamento ambientale quello dell'insediamento di nuove imprese a basso impatto, la cui presenza possa costituire un elemento di riequilibrio di un'economia che si e' molto terziarizzata in questi anni. E poi, come è evidente, stiamo lavorando per consolidare la vocazione turistico culturale della città. Restiamo sullo scenario della crisi. Il crac della Costruttori ha rallentato molte opere progettuali a Ferrara. Come affrontate questa emergenza e soprattutto si poteva evitare di arrivare ad una situazione così critica? Non aver saputo evitare il crac, aver continuato a sostenere che tutto andava bene e a fare offerte troppo basse negli appalti pubblici è responsabilità di quel gruppo dirigente. Il crollo della Costruttori ha creato gravi problemi nel nostro territorio, determinando situazioni spesso drammatiche per i dipendenti e le loro famiglie. Di questo grave stato di crisi si sono avute le ripercussioni anche nella realizzazione degli interventi dei quali la cooperativa aveva titolarità, basti ricordare la metropolitana di superficie o la tangenziale ovest della città. In questo campo ciò che potevamo fare e abbiamo fatto è stato di procedere il più celermente possibile nella riassegnazione degli appalti quando le opere dipendevano dall'Amministrazione comunale e di sollecitare gli altri enti a procedere con solerzia nei casi di loro competenza. La situazione più complessa è quella della tangenziale Ovest, per i ritardi imputabili all'Anas che sta purtroppo procedendo a rilento nell'iter per il nuovo appalto, mentre per il metrò i lavori riprenderanno a breve. Il Comune ha fatto fino in fondo la propria parte per evitare la chiusura di importanti realtà produttive come Stayer e Zanolini o è mancato qualcosa per impedire la perdita di tanti posti di lavoro? I Comuni possono agire per determinare occasioni di sviluppo di un territorio, ma non possono certo intervenire nel merito delle scelte industriali e nelle prassi gestionali delle singole aziende quando ci sono le crisi. Nondimeno le istituzioni giocano un ruolo importante come interlocutori accreditati che hanno possibilità di dialogare con le parti (sindacati e aziende) coinvolte. E questo ruolo fra maestranze, sindacati e imprenditori, teso a favorire accordi, il Comune lo ha svolto sino in fondo entrando in tutte le trattative che hanno richiesto la sua presenza. La crisi del centro storico è amplificata dalla chiusura di tanti negozi e di contenitori culturali come cinema e teatri. Come intende affrontare l'amministrazione questo problema? Attenzione. La nascita di multisale e di centri commerciali fuori città è un fenomeno nazionale ed europeo. Di fronte a ciò il commercio del centro storico deve innovarsi, per sopravvivere. Innovare le strutture, organizzarsi in contrade, specializzare le proprie merci, cambiare i propri orari, darsi una politica dei prezzi più ragionevole. Così sta accadendo in molte città italiane ed europee. Se il settore non fa questo salto, se continua a difendere la sua immagine tradizionale (e a tener chiusi i negozi quando in centro ci sono migliaia di persone) allora sì che le difficoltà diventeranno serie per tutti. Detto questo: non credo si possa dire che il nostro centro storico sia in crisi di abbandono. Non lo è per la sua qualità, non lo è nemmeno nel commercio, dove, accanto alla chiusura di alcune tipologie, ne nascono di nuove continuamente. In ogni caso, riguardo al commercio valgono alcune delle considerazioni svolte in precedenza: il Comune può agire solo come catalizzatore di processi i cui protagonisti siano i commercianti. Con loro vorremmo, ad esempio, rilanciare il confronto sulla flessibilità degli orari di apertura dei negozi. Le esigenze dei clienti, ferraresi e non, nel corso dell'ultimo ventennio sono sensibilmente mutate in rapporto ai differenti modelli di vita e di organizzazione familiare e lavorativa che in questo lasso di tempo si sono progressivamente affermati. Crediamo che il terziario debba essere pronto a rispondere alle nuove esigenze, offrendo così un migliore servizio all'utenza e cogliendo un'interessante opportunità di mercato. Questo vale per le pubbliche amministrazioni, ma anche per i privati: l'introduzione del tempo continuato e di aperture serali consentirebbe una più soddisfacente risposta ai bisogni attuali. Anche di prezzi, ribadisco, bisognerebbe ragionare, e abbiamo cercato di farlo, per la verità senza troppo successo sino ad ora, in particolare con ristoratori e albergatori: la strada vincente è quella di adeguare l'offerta ai diversi livelli di domanda, differenziando le proposte e offrendo pacchetti competitivi. Non abbiamo registrato su questo risposte o indicazioni, mentre si continua periodicamente a lamentare la carenza dei parcheggi. Francamente non credo che si possa ridurre a questo la crisi nazionale dei consumi. Per parte nostra stiamo comunque approntando soluzioni anche in termini di parcheggi e di adeguamento del trasporto pubblico. Nel giro di qualche mese saremo in grado di presentare un organico piano per la sosta e il nuovo piano dei trasporti. Ma il rilancio di attrattiva delle attività commerciali dipende principalmente dagli operatori e dalla loro capacità di innovare e adeguare le strategie di mercato alle mutate esigenze del cliente. A questo scopo, a loro come ad artigiani e professionisti, il Comune ha offerto in questi anni l'opportunità di accedere a significativi contributi a fondo perduto concessi sulla base di bandi che hanno attinto a fondi regionali. Stiamo ancora lavorando in questa direzione, con il Programma speciale per il centro storico di Ferrara da definire con la Regione Emilia Romagna. E' in atto un grande dibattito sul turismo a Ferrara, sui possibili tagli alle risorse, sul futuro della città d'arte, sui timori di diminuire i momenti di attrazione, gli eventi. Come stanno le cose? Ferrara ha da tempo consolidato la propria immagine di città d'arte e di cultura. E' tuttavia importante ricordare che il settore turistico, in Italia, sta attraversano una fase di flessione. Alla base del fenomeno ci sono principalmente tre fattori: prezzi poco concorrenziali, un'offerta frammentata, ripetitiva e priva di coordinamento, e la mancanza di investimenti - nel corso degli ultimi anni - per la valorizzazione del territorio. In assenza di politiche pubbliche per la promozione del patrimonio culturale e paesaggistico, sono le città d'arte come Ferrara (o Mantova, Ravenna, Treviso, Siena, Parma, Brescia e tante altre) che devono autonomamente impegnarsi a far conoscere le proprie ricchezze. Ferrara nel 2004 ha speso in ambito culturale il 10,2% del proprio bilancio: 12milioni di euro per la parte corrente, più due milioni di investimenti. Siamo fra i primi in Italia, ma non possiamo più permetterci questo livello di spesa. Occorre potenziare il sistema delle relazioni e consolidare il coinvolgimento dei privati nella rete di organizzazione e di promozione delle attività culturali. Ciò che attrae i visitatori sono principalmente le iniziative che animano spazi storici pregevoli, ma in sé insufficienti a richiamare turisti, data la vastità dell'offerta nazionale. La differenza, anche per le città d'arte, è determinata dalla qualità delle proposte e delle strategie attrattive che si è in grado di mettere in campo. Gli enti pubblici e le istituzioni possono continuare a garantire la regia e il coordinamento delle operazioni, assicurando una parziale copertura dei costi. Ma al resto devono collaborare anche soggetti esterni, privati, operatori, da coinvolgere nella gestione e nella sponsorizzazione degli eventi. Altrimenti l'offerta necessariamente si contrae. Ora siamo impegnati a concentrare molte iniziative nel 2007, l'anno degli Estensi. Questa sarà l'occasione giusta per coordinare gli sforzi di tutti. Quali sono i segnali positivi che scorge all'orizzonte? Il ritardo industriale che Ferrara ha accumulato negli anni può, oggi, paradossalmente diventare una carta vincente. Mentre l'asse della via Emilia è saturo di insediamenti industriali e congestionato nella sua rete dei trasporti la nostra città può costituire un'interessante alternativa per decentrare le produzioni. La realizzazione della nuova centrale a turbogas, per la quale recentemente abbiamo ancora rivisto i limiti di emissione per garantire il rispetto del presupposto alla sua costruzione (ossia che diminuisca rispetto ad oggi la presenza di inquinanti), può costituire un'ottima attrattiva per nuovi investimenti. Fra le maggiori incidenze nei costi di produzione che le imprese devono valutare c'è, infatti, l'onere per l'approvvigionamento dell'energia elettrica che a Ferrara, grazie alla nuova centrale, costituirà un elemento decisamente concorrenziale. Ma bisognerà recuperare terreno anche sul fronte della mobilità: per questo, con la Regione, stiamo studiando soluzioni per migliori collegamenti ferroviari, fluviali e stradali. Oggi Ferrara non è più isolata a livello regionale e collabora con Bologna, Modena, Reggio e con la Romagna alla definizione di importanti progetti di sviluppo. Anche nella crescita della nostra Università vedo una grande potenzialità per il futuro. Sul fronte dell'occupazione come stanno andando le cose e soprattutto come giudica la nuova riforma del lavoro che secondo gli industriali ha limitato il fenomeno della disoccupazione? In ambito lavorativo negli ultimi anni si è pigiato molto sul tasto della flessibilità, sovente a scapito della solidità dell'impiego, della tutela e dei diritti dei lavoratori. La flessibilità è diventata troppo spesso precarietà e assenza di garanzie. Bisogna ripristinare una condizione accettabile per il lavoratore, per il quale la fluidità del mercato occupazionale non si traduca in mancanza di regole. Infine su cosa deve puntare Ferrara per un vero rilancio economico? Io non credo alle vocazioni monotematiche o specializzate. Le economia incentrate su un unico asse di sviluppo sono destinate a determinare squilibri, finendo in un modo o nell'altro per impoverire complessivamente il territorio. Ferrara non può ridursi a vivere solo di turismo, né solo di industria, né solo di agricoltura, né solo di commercio. Occorre quindi agire in più direzioni, stimolare più interlocutori, favorire una pluralità di investimenti e di attività nei vari ambiti economici. E' la compresenza di industria, agricoltura e terziario, e magari una loro migliore integrazione, che può garantire una prospettiva di solido sviluppo alla nostra città. E poi Ferrara deve uscire dall'isolamento procedendo con convinzione nella strada intrapresa negli ultimi anni. Servono accordi di bacino - e li stiamo realizzando in vari contesti, dal turismo, alla mobilità, alla cultura - un marketing territoriale d'area non ristretto al nostro ambito provinciale e una visione strategica concertata con la Regione e le altre città, che abbia a riferimento come minimo un asse di sviluppo interprovinciale. Da soli, oggi, non si va più da nessuna parte.