Intervista del sindaco Sateriale al Carlino su vicenda Costruttori e politica locale
23-09-2005 / Punti di vista
Sindaco Sateriale, lei non è ancora intervenuto nel dibattito sulla Costruttori: non è strano che un sindaco non dica la sua? «No. E non credo che lo farò. Perchè in realtà non è più un dibattito sulla Costruttori...». Cos'è, allora? «Un dibattito tra dirigenti Ds, mi pare evidente. Un confronto pienamente legittimo, ma una parte di quella discussione andrebbe riportata e conclusa negli organi dirigenti della Quercia». Proprio lei che predica la trasparenza ora invoca discussioni a porte chiuse? «Non invoco la censura preventiva su opinioni e giudizi: ciascuno può dire ciò che vuole sulla politica degli anni '90 e anche scriverne sul giornale. Ma se un dirigente Ds accusa il segretario regionale di scorrettezza verso la direzione provinciale, penso che almeno quell'accusa andrebbe avanzata nelle sedi proprie». Montanari è stato davvero scorretto? «Credo che Montanari abbia il diritto di esprimere le sue opinioni. O c'è qualcuno che ha tutti i diritti e qualcun altro che ha solo doveri?». Allora ben venga il dibattito. «Sì, ma l'accusa di scorrettezza al segretario regionale in carica cambia la natura della discussione. Non è più un confronto sulle vicende degli anni '90, è dialettica politica e personale sull'oggi e sul domani». E che c'è di male? «Niente, ma lo si faccia esplicitamente, guardando i contenuti, le cose che tutti capiscono, mettendo da parte le accuse generiche sul passato e le obiezioni sul metodo, che avvelenano la discussione. Entriamo nei contenuti, ma sulle politiche di oggi, non su quelle dell'altro ieri». Dunque archiviamo per sempre l'analisi, in realtà mai compiuta, sugli anni '90? «Non sostengo questo. Ma se è una discussione in chiave storica, la lascio agli esperti: i protagonisti non sono mai buoni storici. Se è confronto politico credo vada reso più esplicito. Se è una autocoscienza collettiva, beh...». Quali sarebbero invece per lei le questioni di merito? «Il giudizio sulla politica di rinnovamento, e che continuità darle». Qual è il suo, di giudizio? «E' stata la rottura necessaria verso una cultura politica che si era rinsecchita, che non parlava più ai cittadini e nemmeno li ascoltava. Intendiamoci: sono state fatte cose importanti e innovative per Ferrara agli inizi degli anni '90. Poi però la pratica consociativa ha soffocato le spinte innovatrici. Basti pensare alle elezioni del '95. Le decisioni importanti si prendevano in poche persone, tutti gli altri si dovevano adattare. Con un rapporto tra aziende di riferimento e politica talmente stretto che non si capiva mai cosa veniva prima: se i bisogni delle aziende o quelli dei cittadini». Qualcuno dice però che tutto è stato fatto secondo le leggi. «Che c'entra? Rispettare le leggi è indispensabile, ma non sufficiente per fare buone politiche. Diciamo le cose come stanno: a Ferrara, per anni, c'è stato un monopolio di fatto nelle opere pubbliche. Niente di illegale, ma una situazione negativa per l'economia ferrarese. E' questo lungo monopolio che ha prodotto il Palazzo degli specchi e la Casa del pellegrino. Anche io credo che siano state rispettate le leggi sugli appalti. Ma gli errori politici ed economici restano errori». Una battuta: adesso che ha detto la sua su Costruttori e anni '90, torniamo al rinnovamento. Nessuno ne mette in discussione la scelta. «A parole. E adesso, forse. Ma ricordiamo bene i difficili inizi della legislatura, tra il '99 e il 2001. Molti speravano che tutto potesse continuare come prima, altri stavano alla finestra a vedere quanto sarebbe durata quella fase, e quanto anche il sindaco e segretario Ds in carica». Il rinnovamento non si è fermato lì? «No, onestamente. I rapporti tra interessi economici dominanti e istituzioni sono un po' cambiati dal '99». Cos'altro ha prodotto? «La separazione tra poteri, partiti più autonomi dalle amministrazioni e viceversa, poi la trasparenza della discussione, ed una maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte. Lei se la immagina negli anni '90 una discussione come quella fatta in questi anni sulla centrale a turbogas o su Agea-Hera?». Alla gente interessano più i fatti che i modi in cui si discute. «Giusto, ma sono cose legate. Lei pensa che Cona sarebbe andato avanti con quell'ambiguità enorme su cosa fare del Sant'Anna, e sull'idea che in quell'area si dovesse prima costruire qualcosa e solo dopo chiedersi a cosa serve?» Cona non c'è ancora... «Non sto dicendo che abbiamo risolto tutti i problemi. Abbiamo dovuto prima scrostare le vecchie abitudini, convincere, apparire affidabili, difenderci da ogni genere di diffidenze». Quindi lei è contento e soddisfatto. «Nè l'uno nè l'altro: siamo a metà strada e bisogna decidere cosa fare. Il rinnovamento va portato avanti, non si può bloccare tutto adesso e 'tornare alla politica vera', come dice qualcuno per intendere quella di prima. E' necessario che il gruppo dirigente Ds non abbia alcuna ambiguità a questo riguardo. E che scelga dove vuole andare. Così pure la coalizione di centro sinistra». Qual è dunque la 'rotta' per il futuro? «Innanzitutto portare al governo della città e del territorio una generazione di amministratori più giovane di quella di cui facciamo parte noi, i 'ragazzi degli anni '90'...». In varie occasioni lei ha chiesto un'unica linea programmatica per il territorio, e proposto un ruolo più forte nei rapporti con la Regione. «E' la cartina di tornasole del rinnovamento: serve una voce forte e in grado di inserire Ferrara nelle scelte di sviluppo, non ritagliarsi spazi di finanziamento a prescindere. Significa costruire relazioni con le altre città e la stessa Regione in tutti i campi, dalle infrastrutture ai trasporti pubblici, dalle politiche ambientali alla sanità e alla cultura». Insomma, lei guarda a Bologna mentre altri sindaci guardano Rovigo. «Ho molta simpatia per Rovigo, ma non mi pare proprio la stessa cosa». Pensa che tra i dirigenti Ds ci siano diversità di vedute su queste strategie? «Sì, lo penso. Ma non è questo che mi spaventa, è che le diverse visioni non escono allo scoperto. A parole siamo tutti d'accordo, poi ognuno va per la sua strada». E se fosse proprio il Comune di Ferrara, ad andare per la sua strada senza ascoltare nessuno? «Penso di avere posto dei temi su cui il confronto è iniziato: turismo, cultura, assistenza socio-sanitaria, formazione, infrastrutture, la rete degli ospedali». E non ha preoccupazioni sul suo futuro personale dopo la fine della legislatura? «Nessuna. Prima del '99 facevo un mestiere che mi piaceva, in questi anni ho fatto un'esperienza ricchissima: sono io in debito. L'unica vera preoccupazione è riuscire a fare le cose che stanno nel mio Programma di mandato». Stefano Lolli