Le criticità che stanno colpendo i territori della chimica
15-02-2013 / Punti di vista
di Tiziano Tagliani *
Sarebbe davvero un errore grave affrontare il tema degli esuberi preannunciati da Lyondell Basellal Centro Ricerche G. Natta di Ferrara come un mero episodio, uno dei tanti, neppure il più significativo sotto il profilo sociale, di una complessa e lunga marcia di ripiegamento della Chimica Italiana. Un errore grave sotto diversi profili.
In primo luogo quello locale: non assistiamo infatti semplicemente alla contrazione di una attività di ricerca , siamo di fronte, in assenza di garanzie di medio periodo ed in carenza di progettualità non contingenti, ad una vera e propria messa in discussione di un modello di relazioni. In questi anni infatti Enti Locali, Università, imprese e parti sociali hanno dato vita assieme ad un vero e proprio "Modello Ferrara" anche pagando alla demagogia deindustrializzante prezzi rilevanti di consenso politico.
Questo modello, fino ad oggi, ha consentito importanti investimenti di carattere ambientale che fanno del sito estense un modello di sostenibilità agli antipodi di quei "siti di interesse nazionale" avviati inevitabilmente alla rottamazione industriale per carenza di risorse.
Sono stati realizzati percorsi originali ed efficaci di inserimento lavorativo di neolaureati con "contratti di prima esperienza" che hanno sgravato le aziende di costi diretti ed indiretti e consentito una occupazione di qualità, si sono prodotte sinergie attraverso il "Consorzio Ferrara Ricerche" per una ricerca ai massimi livelli di specializzazione e finalizzati coi Master Universitari alle esigenze di impresa; le aziende nel frattempo hanno effettuato investimenti significativi sulla sicurezza nel lavoro che pongono il sito ai vertici delle performance e conseguenti risparmio sui premi assicurativi, ma anche investimenti in settori che il sistema industriale giudicava, oggi diremmo a torto, ampiamente remunerativi e penso al settore dell'energia. Questo è lo straordinario risultato di un sistema di relazioni positive che è cresciuto accanto al più importante centro ricerche petrolchimiche del mondo. Ora però siamo ad un bivio; questo modello, sul lato delle imprese, sconta troppi ritardi e silenzi
che non possono più essere affrontati separatamente, di volta in volta (oggi le torce, domani gli appalti o le assunzioni con selezione sul Web, dopodomani costi di energia fuori mercato) ma necessitano di un chiarimento complessivo:
-sui costi energetici del sito,
-sulle linee di ricerca anche nei nuovi settori della chimica industriale e delle "ecoplastiche" ,
-sul riconoscimento in campo occupazionale dei processi locali di formazione specifica dei
neolaureati,
-sugli investimenti a sostegno di quella parte della chimica, elastomeri e polimeri, cui si
intende affidare un futuro imprenditoriale.
Questo modello, nato all'ombra del Centro Ricerche -e che non riguarda solo l'una o l'altra delle aziende insediate -alla stessa ombra è destinato a spegnersi se chi vi deve investire energie non riesce ad interpretare oltre il "muro di cinta" quali sono e dove vanno i progetti industriali. Ma il rischio di sottovalutazione del tema non riguarda solo Ferrara, tutta la chimica europea è a rischio schiacciata tra i bassi costi produttivi dei sistemi dei paese emergenti e delle tigri asiatiche e la scoperta di fonti primarie di materia prima come gli shale gas: quindi non basta più un richiamo alle sinergie locali e neppure alle aziende.
Ci sono nel paese centinaia di iniziative imprenditoriali, universitarie, di ricerca, spin-off e progetti sperimentali, capitali di rischio, che sono fermi al palo, incapaci da molti anni di leggere nel governo nazionale quale siano le linee direttrici della politica industriale e dove indirizzare le loro ricerche ed i loro investimenti.
La chimica verde, a parte le buste della spesa, sembra totalmente ignorata: abbiamo migliaia di tonnellate di prodotti agroindustriali che potrebbero, con investimenti in ricerca di cui siamo capaci, portare a polimeri di origine vegetale con brevetti e produzioni nazionali ed assistiamo invece al salasso delle bollette di famiglie ed imprese per finanziare l'acquisto di pannelli fotovoltaici cinesi, giapponesi e tedeschi, assistiamo alla rincorsa all'ultimo "conto energia" per centrali a biomasse il cui rapporto costi/benefici, con tutto il rispetto, "non ci ripaga la cortesia". Anche questo silenzio, soprattutto questo silenzio, ci paralizza e quando uso il noi penso ai lavoratori di oggi e (forse) di domani, alle imprese, ai ricercatori, ma anche alle famiglie che compreranno domani, e a più caro prezzo, prodotti "ecoplastici" da paesi che hanno saputo scegliere per tempo e per il meglio.
Essere insieme ad affrontare questi temi sicuramente rappresenta una positiva opportunità per governare al meglio il momento attuale, per proporre soluzioni e per trovare nuove strade per il futuro. Lavoro, chimica e ambiente infatti non stanno su posizioni contrapposte e conflittuali, ma sono diventate o possono continuare ad essere modelli di innovazione e buone pratiche da non dismettere.
* Sindaco di Ferrara