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Il Cinema di Antonioni, tra musica e immagini

04-08-2014 / A parer mio

di M.Cristina Nascosi Sandri

ANTONIONI e BERGMAN, 2007 - 2014... 

Senza di loro il Cinema non si sarebbe chiamato, forse, cinema.

Parafrasando au rebours lo Shakespeare di Romeo and Juliet e di "... una rosa sarebbe sempre una rosa, pur con un altro nome...", piace qui ricordare - per non dimenticarli - l'anniversario della scomparsa di due giganti della cinematografia di ogni tempo, due autentici intellettuali, e come tali, due antesignani, a tutto tondo, dalla cultura davvero sconfinata: Michelangelo Antonioni ed Ingmar Bergman, mancati a poche ore di distanza l'un dall'altro il 30 di luglio di sette anni fa.

A circa dieci anni fa risale la fine della carriera di Antonioni, pur se solo su... pellicola: sono, infatti, del 2004 l'episodio da lui diretto, Il filo pericoloso delle cose, uno dei tre del film collettaneo Eros - gli altri due registi erano Steven Soderbergh e Wong Kar-Wai - ed il corto Lo sguardo di Michelangelo ( rarefazione visiva, specie di sublime testamento spirituale che prevale sui suoni - rumori), ma immortali rimarranno i suoi insegnamenti sulla Settima Arte come tali saranno, mutatis mutandis, quelli di Bergman.

La musica, per Antonioni, in tutte le sue pellicole, è sempre stata elemento di grande passione, ricerca, sperimentazione, essenziale eppure mai 'coprente' l'immagine, l'inquadratura, mai prevalente.

Per più di un decennio, dal corto N.U. Nettezza Urbana, del 1948 e dal suo primo lungometraggio, Cronaca di un amore, del 1950, Antonioni lavora con Giovanni Fusco, ottimo musicista, anche lui aperto alle sperimentazioni.

Poi, casualmente, la loro collaborazione ha una battuta d'arresto: Giorgio Gaslini, grande jazzista, musicista, compositore, mancato pochi giorni fa, una sera del 1961, dona, per riconoscenza e stima a Marcello Mastroianni, un suo nuovo disco jazz di estrema d'avanguardia intitolato TEMPO e RELAZIONE, forse primo esempio di jazz europeo.

Inconsapevolmente ma non troppo, Mastroianni, lo 'passa' la sera stessa ad ANTONIONI con cui stava girando le prime scene de LA NOTTE.

Così il regista lasciò temporaneamente per questa 'parentesi' Giovanni Fusco, autore di impronta romana e scelse Gaslini per l'ambientazione e l'atmosfera tutta milanese di questo suo film, dopo avergli telefonato una domenica mattina chiedendogli di ascoltare tutto quanto il musicista aveva scritto fino ad allora - come narra lo stesso Gaslini in una vecchia intervista, aggiungendo:

"...È stato un grande artista. E la vita ha voluto che lo incontrassi. Probabilmente senza di lui non avrei mai intrapreso la parte di carriera che ha riguardato il cinema... (Gaslini ha scritto, nel tempo, colonne sonore per 42 film , n.d.r.). Non sapevo che quel film sarebbe stato un capolavoro e che la mia musica avrebbe vinto il Nastro d'Argento".


Vienna in questi giorni e fino al 17 agosto rende omaggio ad Antonioni con una mostra fotografica su Blow up all'Albertina di Vienna, una delle più grandi raccolte mondiali di grafica.

Il cult-movie, girato nel 1966, ha immortalato per sempre la swinging London: precursore anche in questo caso, il regista ferrarese ha coniugato in contemporanea cinema e fotografia, arte e moda (specchio dei tempi), rendendo il testo filmico una pietra miliare, un classico per sempre insuperato ed imitato.

 

In mostra autori come David Bailey - il più 'celebrato' nel film - Terence Donovan, Richard Hamilton, John Hilliard, Don McCullin, Ian Stephenson, John Stezaker e molti altri.

Presenti, inoltre, le famose foto di Blow-Up di una coppia di amanti ripresi in Maryon Park dal protagonista del film che ritiene di aver 'documentato', per caso, con queste foto, un omicidio che 'tuttavia', non 'rivelano' un cadavere.

Le immagini ed il loro doppio - in questo caso, come direbbe Antonin Artaud - descrivono una ambivalenza/ambiguità del tutto e del niente, nella loro rappresentazione vero/fittizia, insegnamenti che son divenuti retaggio imprescindibile per i fotografi contemporanei.

 

E come direbbe Michelangelo: L'assoluta misteriosa realtà che nessuno vedrà mai - come le nuvole, metafora di vita, da sempre rappresentano una perenne ricerca di quanto sta oltre le cose e le immagini...

  

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  • Albertina WIEN - Exhibitions

BLOW-UP

ANTONIONI'S CLASSIC FILM AND PHOTOGRAPHY

30 April 2014 - 17 August 2014

 

Michelangelo Antonioni's 1966 cult film Blow-Up and its various references to photography are the focus of the Albertina photo exhibit of the same name. For the first time, photographs classified according to thematic emphases will be shown which have proven to be characteristic for Antonioni's film in various respects, and which also illustrate important artistic positions in the history of photography and art.
 
Blow-Up occupies a unique position, not only in the history of film, but also in the history of photography. There is hardly another feature film that has shown the diverse areas of photography in such a differentiated fashion, and which attempts to fathom them in such a detailed and timeless manner. The photographic spectrum in Blow-Up is accordingly broad, extending from fashion photography through social reporting and pop art to abstract photography. The Blow-Up exhibit presents these diverse themes and their relation to one another in several chapters. In addition to film stills, both works that can actually be seen in Blow-Up and photographs illuminating the cultural and artistic context of the film production, London of the Swinging Sixties, will be shown. Among the exhibited photographers are thus found such central artists as David Bailey, Terence Donovan, Richard Hamilton, John Hilliard, Don McCullin, Ian Stephenson, John Stezaker and many more.


In addition to this, the famous photos from Blow-Up of a pair of lovers in a park, taken secretly by the protagonist of Antonioni's story, can also be viewed. The protagonist believes that he has "documented" a murder by chance with these images. However, the photos turn out to provide only ambivalent evidence, because even enlargements or blow-ups of these photos don't reveal the presumed corpse. This cinematic study of the representation of images and their ambivalence has since provided the artistic basis for the works of a variety of contemporary photographers, which demonstrates that Blow-Up has retained its cultural relevance since its creation in 1966. 

 

Immagini scaricabili: