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Il 25 Aprile, festa della Liberazione. Fabbri: "Sta a noi tutti, oggi, continuare a riflettere sugli eventi del passato e a proteggere la libertà e la democrazia che i nostri nonni e i nostri padri sono riusciti a ricostruire"

25-04-2020 / Punti di vista

Questo il testo del discorso del sindaco di Ferrara Alan Fabbri in occasione delle celebrazioni del 25 Aprile, giorno della Liberazione, festa nazionale della Repubblica Italiana.

 

Il 25 aprile, il Giorno della Liberazione, per tutti gli italiani è stata una data spartiacque, tra un regime totalitario e una guerra spietata finita con l'occupazione tedesca e la nuova libertà.

Questo passaggio significativo va ricordato e spiegato alle nuove generazioni che non lo hanno vissuto, soprattutto ora che avremo sempre meno testimoni di quel momento così significativo per la nostra storia, non come semplice sguardo rivolto al passato, ma come necessaria elaborazione dell'identità di ciascuno per poter affrontare il presente e guardare al futuro.

Perfino, e soprattutto, in tempi di crisi, come quello che stiamo vivendo a causa della emergenza Coronavirus.

Sta a noi tutti, oggi, continuare a riflettere su quegli eventi e a proteggere la libertà e la democrazia che i nostri nonni e i nostri padri sono riusciti a ricostruire dopo un periodo buio per l'Europa e per tutta l'umanità. Sta a noi rendere ancora vivi questi valori, perché il presente sia migliore e il futuro ci veda ancora liberi.

Quelli della Libertà sono valori che troviamo nell'opera del grande scrittore concittadino Giorgio Bassani, di cui quest'anno ricorre il ventesimo anniversario della morte. A lui va il pensiero, in questa data, e a tutti ferraresi di religione ebraica, perseguitati, tanti fino alla morte. Sono ben 158 quelli scomparsi nei campi di sterminio. Giorgio Bassani ebreo antifascista, partecipò alla resistenza, conoscendo il carcere e la persecuzione e nelle sue opere raccontò la Ferrara di quel periodo di leggi razziali, di guerra, di occupazione tedesca, di deportazione rivelandone lo sgomento, l'angoscia, la paura, la tragedia. Ci basta ricordare il suo racconto "Una notte del ‘43" (a cui si ispirò il film di Florestano Vancini "La lunga notte del ‘43"), che racconta l'eccidio del 15 novembre 1943, il primo eccidio di guerra civile che segna in modo indelebile la storia della nostra città. Ferrara pagò un grande tributo alla guerra e all'occupazione, ben 1071 furono le vittime civili, 431 i patrioti uccisi dai nazifascisti nella lotta di liberazione.

E se l'eccidio estense segna l'inizio del terribile biennio (tra il 1943 e il 1945), oggi vogliamo ricordare anche la fine di quella tragedia collettiva. Vogliamo farlo, simbolicamente, e in nome di quella unità di intenti a cui i più alti principi ci ispirano, attraverso il racconto dell'avvocato Giorgio Franceschini (padre di Dario, ministro della Cultura).

Il 24 aprile 1945 sullo scalone della residenza Municipale Franceschini (antifascista, nel 1944 insieme ad alcuni amici aveva costituito la prima organizzazione democratica cristiana ferrarese e nella primavera del 1945 faceva parte del Comitato provinciale clandestino di Liberazione Nazionale) accoglie gli ufficiali alleati in una Ferrara già liberata, insieme agli altri componenti del CLN sventolando la bandiera italiana, che era stata cucita da sua madre.

Riportiamo le sue parole che descrivono quell'esaltante momento: La popolazione esce esultante dai rifugi e si riversa sulle strade... Ogni quartiere e ogni via della città rinasce... Chi ha vissuto quelle ore le ricorderà per sempre; riappariva la speranza, al suono delle cornamuse scozzesi in Piazza Cattedrale e nel tripudio della Festa solennissima del Santo Patrono: la speranza di una nuova Italia.

 

Alan Fabbri, sindaco di Ferrara

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