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Giorno del Ricordo 2023, l'intervento del sindaco Alan Fabbri

10-02-2023 / Punti di vista

"Ferrara non dimentica, Ferrara è in prima linea per ricordare e continuerà a dare il proprio contributo per la tutela della verità storica, per la ricerca obbiettiva, per il perenne tributo alle vittime.
Quest'anno celebriamo il giorno del Ricordo con alcune importanti novità, che testimoniano la nostra vicinanza ai familiari, alle associazioni, alla storia: compie infatti un anno il monumento ai Martiri delle Foibe in piazzale Poledrelli, al parco adiacente alle scuole. Lo abbiamo fortemente voluto, accogliendo così la proposta di Assoarma Ferrara, che ringrazio per il contributo costruttivo, l'apertura alla comunità, la sensibilità manifestata.
Quest'anno inoltre omaggiamo un protagonista assoluto di questa giornata, e di ciò che rappresenta, un uomo che ha dedicato impegno e passione perché l'oblio non calasse sui fatti del confine orientale e per divulgare testimonianze, racconti di vita vissuta, verità storiche a lungo soffocate. Parlo di Flavio Rabar, presidente del Comitato di Ferrara dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, la maggiore istituzione, sul territorio nazionale, a rappresentare gli italiani fuggiti dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia al termine della Seconda Guerra Mondiale sotto la spinta degli orrori perpetrati dalle milizie jugoslave e dello spettro delle foibe. Lo ringraziamo. Il Comune vuole sancire questa gratitudine con la consegna di un riconoscimento . Rabar è stato ed è la voce di chi a lungo non ha avuto voce.
Questo è il 19esimo anno che si celebra il Giorno del Ricordo, ricorrenza poco più che maggiorenne nonostante siano passati 80 anni da quei fatti. Fatti che dicono di identità cancellate, di massacri a danno della popolazione di lingua italiana, di migliaia di vittime orrendamente mutilate e gettate, ancora vive, nel vuoto, di cavità carsiche trasformate in lugubri inghiottitoi di persone, di 350 mila persone costrette a lasciare la terra natia per non rinunciare alla propria appartenenza all'Italia.
Il nostro territorio è entrato in contatto con quel dramma.
E lo ha fatto dando accoglienza agli esuli, dal gennaio 1949, in un campo profughi in pieno centro, presso palazzo Pendaglia, in via Romei 12 (all'epoca Istituto Magistrale, ora sede dell'Istituto Alberghiero). Lo ricorda una lapide apposta nel 2009 sul muro dell'Istituto. Il campo fu chiuso nell'agosto 1949 e i profughi furono ospitati in una struttura di Pontelagoscuro, in località Boschino. Manca un numero esatto ma possiamo pensare a oltre 150 persone coinvolte. Tra questi c'era anche Rabar, che ha in diverse occasioni raccontato la sua esperienza di profugo nei due campi allestiti a Ferrara. Cito le sue parole, che ci proiettano nel dramma di quel periodo: "Eravamo in una delle nove baracche di legno che ospitavano tre famiglie l'una. [...] Non c'era l'acqua corrente e i servizi igienici erano all'esterno. Gli orari erano rigorosissimi [...]. A distanza di tempo sembra incredibile anche a noi come si sia potuto vivere in queste condizioni".
Nel nostro territorio, così, tanti in fuga dalla violenza di Tito hanno trovato, negli anni, un rifugio, un luogo sicuro, un luogo di vita in cui costruire il proprio avvenire, dopo che il loro passato era stato cancellato. Ringrazio gli studenti, oggi rappresentati dal presidente della consulta Francesco Pio Esposito e saluto gli studenti e i docenti del liceo Roiti che, con l'Isco, stanno realizzando progetti specifici per raccogliere testimonianze, voci, fatti. Il coinvolgimento attivo dei giovani è un elemento fondamentale per perpetuare la viva memoria, per formare le nuove classi dirigenti a scelte responsabili e intrise di conoscenza e consapevolezza storica.
Martedì, nel presentare un'opera donata al Comune, un importante artista del territorio, Sergio Zanni, ha detto una frase che mi è rimasta impressa: "La continuità del tempo ci induce ad attualizzare, non a cancellare". Rendiamo sempre attuale, quindi, il ricordo e combattiamo contro l'oblio. Il silenzio di decenni sugli eccidi compiuti dai partigiani comunisti titini in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, e da chi in Italia li appoggiava, ha nascosto complicità, compromissioni politiche, arrivando addirittura a trasformare i carnefici negli eroi. Si ricordi solo che nel 1969 a Tito è stata conferita l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica italiana, si ricordi che nessun leader politico o militare italiano è mai stato processato per i crimini commessi in Jugoslavia.
Le foibe sono una ferita aperta. Affinché in futuro la luce della storia non sia offuscata da ombre, abbiamo il dovere di proteggere la verità. Verità che deve essere sempre più forte di ogni tentativo di soffocarla o di depotenziarla".

Alan Fabbri
Sindaco di Ferrara