La segnalazione: "Parvenze" di Gianoberto Lupi
16-08-2006 / A parer mio
di Giuseppe Muscardini
Di Gianoberto Lupi ricordiamo le prestigiose pubblicazioni edite a Firenze dall'Olimpia Editrice sull'arte degli armaioli, con ricche illustrazioni sulle finissime decorazioni di pistole e fucili da caccia. Ora ritroviamo Lupi come poeta, e nasce spontaneo il sospetto che lo sia sempre stato, a giudicare dallo stile felice con cui evoca fatti e cose, dalla disinvoltura con cui sa cesellare le parole. Non diremo qui dei contenuti e del poetare efficace; già l'ottimo Paolo Vanelli, prefatore del volume Parvenze, ha provveduto a farlo con la competenza del critico valente che tutti gli riconosciamo. Diremo invece dei luoghi poetici in cui il lirismo di Lupi incrocia dimensioni spaziali e paesaggi cittadini, percepibili con facilità anche da chi di poesia si occupa solo distrattamente. Penso a tutti coloro che nutrono il loro essere di pure evocazioni, affondando volentieri e con nostalgia in tempi passati, ed eleggendo i luoghi ferraresi a paesaggi dell'anima. Ecco allora che i versi di Corso Porta Po trovano a Ferrara numerosi destinatari: la lunga strada che taglia la città si carica di valenze materne nel ricordo di un'infanzia trascorsa a calpestare i ciottoli di Via Piopponi, fra i marmi scheggiati dei gradini di palazzo Prosperi, fra gli orti adiacenti al Cimitero Ebraico, o all'ombra del campanile pendente della chiesa di San Benedetto. Facile ritrovarsi ancora bambini percorrendo la lunga strada popolata di ricordi lontani. Nondimeno la memoria riporta l'autore ad un altro luogo sacro di Ferrara, la chiesa del Gesù di Via Borgoleoni, che ospita ogni anno il teatro magico del presepe. In espressioni quali "
e stranieri stanno in quel teatro,/ mentre attorno è tutto fluttuar di forme giganti che balbettano astruse/ il meccanico disperdente operare/", pare tuttavia di riconoscere un lecito rimando al Compianto sul Cristo morto di Guido Mazzoni, allogato nella stessa chiesa. I denominati Pianzun, di cui anche Giorgio Bassani ci parla in Dietro la porta, diventano teatro parallelo nella rappresentazione di una possibile ciclicità evangelica, l'inizio e la fine, la Natività e il Compianto. Lupi attribuisce alito vitale anche alla casa di Ludovico Ariosto: la parva domus vive in questo lirismo intenso una propria coscienza, come se i muri antichi potessero pensare ed esprimersi. È la casa del cantore del Furioso, e sembra gioire e patire, così come gioisce e patisce ogni uomo, fino a quando il buio risolutore non avvolge le cose. Ed ecco profilarsi nella mente obnubilata dal peso degli anni e dei ricordi, l'immagine vivida di un altro sito dell'anima, la Basilica di San Francesco, "cara facciata di rosso cotto ferrarese. Un luogo dove non si può ritrovare l'epico passato dei Duchi pii, dei loro intimi conversari, delle vicende di eroi e imprese militari. Potente è l'idea conclusiva secondo cui dalle terrecotte policrome, ancora oggi presenti all'interno della Basilica, proviene in forma di lamento il disappunto per la nostra contemporaneità. E qui vogliamo fermarci, perché la dimensione religiosa dell'autore potrebbe risultare soverchiante rispetto al lirico intimismo che invece caratterizza le due sillogi raccolte in Parvenze. Ma è giustappunto parvenza, perché a niente vale parlare di un libro se non si induce l'eventuale lettore ad aprirlo. I libri si leggono. E questo libro, che si parta dalla descrizione dei luoghi ferraresi o dal più autentico sentire dell'autore, va certamente letto. O forse meditato.
G. LUPI, Parvenze, Ferrara, Industrie Grafiche, 2006