La segnalazione: "Il passeggiatore solitario" di Winfried Georg Sebald
21-08-2006 / A parer mio
di Giuseppe Muscardini
Talvolta escono i libri e ignoriamo il perché. Succede quando gli autori e gli stessi editori non dichiarano le loro intenzioni. O quando le intenzioni sono sottintese. Ma se si approfondisce, c'è sempre di mezzo un anniversario o una celebrazione. È il caso di questo libro, dove il titolo è preso a prestito dal più celebre romanzo di Robert Walser, di cui ricorre quest'anno il cinquantesimo della morte. E ripensando a Robert Walser, la mente ritorna alle fasi di uno stimolante convegno svoltosi a Bologna il 1 e 2 dicembre del 2000. I relatori che vi parteciparono, da Mattia Mantovani a Bernhard Echte, da Werner Morlang ad Anna Fattori, evidenziarono il legame fra la minutissima grafia e la complessa personalità dello scrittore, affetto da malattia mentale e ricoverato dal 1929 nelle cliniche psichiatriche di Berna e di Herisau. Quella scrittura spesso indecifrabile, che in molte occasioni diede luogo ad errori d'interpretazione anche concettuali, parve ai critici e agli esegeti un espediente del narratore per celarsi e rendersi invisibile. Si parlò fin dagli anni Sessanta dei "microgrammi walseriani", notando come la grafia, nei 526 fogli prodotti nel periodo 1924-1933, si facesse sempre più minuscola per una consapevole volontà di autoemarginazione che sottendeva ad un bisogno di libertà.
Ma cosa c'entra tutto questo con Ferrara e i ferraresi? C'entra, perché immediato e inevitabile è il raffronto con Torquato Tasso, e non tanto con la grafia più aperta e ariosa delle Lettere nove originali scritte mentre era detenuto al Sant'Anna, conservate in originale alla Biblioteca Ariostea, quanto piuttosto con il perdurare di un mito romantico: la suggestiva cornice di una Corte ferrarese amante del bello e delle lettere, a lungo ha fatto presa sugli intellettuali e i prosatori d'oltralpe, fortificandosi nella mitografia dell'infelicità del poeta. Ma la dimensione magica dell'isolamento, pur con le sue fascinazioni oniriche, mal si concilia con i tentativi degli scrittori otto e novecenteschi di letteraturizzare la detenzione ferrarese del Tasso. Quella presunta prigionia (o cura) diede a molti artisti stimoli potenti per immaginare dietro le sbarre fitte di una cella i patimenti di uno spirito libero ed inquieto, che consegnò alla storia pagine memorabili. Primo fra tutti Johann Wolfgang Goethe, che nel 1786 calò a Ferrara portando nel bagaglio di viaggio i primi due atti del Torquato Tasso, ancora in versi.
Non sorprende allora che quel mito, talvolta spiegato con il ricorso al binomio genio e follia, giunga a noi attraverso l'ultimo libro su Robert Walser, per consentirci di distinguere finalmente fra autentiche patologie della mente e una certa dissidenza interiore, quando la personalità del cosiddetto paziente è in aperto conflitto con il suo tempo. Nel 1961, a cinque anni dalla morte di Robert Walser, sciolti i preconcetti attorno al significato di psicosi e psiconevrosi, l'eminente neuropsichiatra Gaetano Boschi (docente presso la clinica di Malattie nervose e mentali dell'Università di Ferrara, Dirigente della Divisione Neuropatologia dell'Arcispedale S. Anna, poi Rettore dell'Università di Modena), formulò per il Tasso la diagnosi di epilettoidismo, cui possono essere riferiti anche quei disturbi delle sfere timica, psicosensoriale e ideativi, che in passato indirizzarono verso un giudizio di psicosi. Lo studio, ancora oggi ritenuto tra i più seri e documentati, fu pubblicato nella rivista francese «L'Encephale», con il titolo Torquato Tasso: folie ou névrose.
La diagnosi per Robert Walser fu invece quella di schizofrenia. Ma gli studiosi, e in particolare Winfried Georg Maximilian Sebald con questo saggio aggiornato, concordano per una passiva straniazione dello scrittore, incapace di accettare il suo presente. Del resto, a voler puntigliosamente mettere in relazione l'età di Walser con quella delle sfavillanti Corti Estense e dei Gonzaga, si scopre che gli stessi contemporanei del Tasso non hanno sempre bollato per pazzo l'autore della Gerusalemme: ne Il farnetico savio, ovvero il Tasso di Alessandro Guarini, al poeta sono attribuite le testuali parole «
deliberai di fingermi forsennato». Torquato Tasso e Robert Walser. Due uomini in fuga.
W.G. SEBALD, Il passeggiatore solitario, Milano, Adelphi, 2006