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La segnalazione: Il filo rosso dell'amore. Innamoramento, perdita, rinascita di Alessandro Costantini

27-11-2006 / A parer mio

di Giuseppe Muscardini

Con tutta sincerità, prendendo in mano questo libro e leggendone le prime pagine, si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un testo difficile. Poco duttile fin dall'approccio, complesso nelle sue parti e impossibile da sezionare a causa della miriade di concetti, spesso di natura squisitamente filosofica, con cui è trattato l'argomento. In questi casi prevale una sorta di difesa del lettore, un sano e fisiologico distacco dalla pagina per evitare ogni giudizio in attesa di proseguire.
Ma se da una parte questo libro induce il lettore ad una sospensione di giudizio nei confronti dei fatti che vi sono narrati, dall'altro avanza gradualmente il bisogno di saperne di più sulle ragioni che ne hanno originato la stesura e l'impianto. Una primissima risposta, sempre stando ai fatti, è che il libro nasce dal dolore e da un abbandono. E quando si parla di abbandono non si pensi alla destituzione di un ruolo affettivo, ma a tutto ciò che la privazione di una persona amata provoca in noi.
L'autore, psicologo e psicoterapeuta, sa bene quali logiche governino l'assenza. Sagittae tuae infixae sunt mihi, si legge sovente nei cartigli posti sui dipinti che ritraggono i martiri cristiani nell'attimo estremo. Sentenza biblica che pare fuoriuscire anche dalle pagine di Alessandro Costantini, lasciando chiaramente percepire un coinvolgimento emotivo. Eppure proprio il dolore, sembra dirci Costantini, a volte diviene una soglia, un mezzo per comprendere i fatti della vita: le cose che ci accadono si caricano di significati profondi e i ricordi si acutizzano facendosi più vicini, fino a diventare un vero e proprio appiglio per un'indagine interiore. C'è dunque ne Il filo rosso dell'amore l'uso di un doppio registro linguistico attraverso il quale l'analista si fa uomo e l'uomo che partecipa al flusso della coscienza si fa analista di se stesso, in sorvegliati percorsi della psiche in cui è bene anche indugiare sul ricordo ondivago, che va e che viene. E qui, proprio per l'ambivalenza del percorso interiore, per quelle affermazioni che affondano palesemente nell'autobiografismo, il libro diviene interessante, catturando la mente del lettore capace di lecite comparazioni. Non solo nel taglio narrativo, ma anche nell'umanissima rilevazione di sentimenti ibridi, sta l'interesse per questo testo. Si avverte con chiarezza che chi lo ha scritto, privato drammaticamente di affetti sinceri, ha sofferto molto. Si avverte anche il progressivo montare del coraggio, la volontà di uscire dalla condizione di prostrazione morale di chi, con strumenti efficaci come la scrittura, rinuncia alla totale rimozione del dolore, alla scotomizzazione - per usare un termine consono alla professione dell'autore -, approfittando del suo consapevole martirio per crescere e comprendere. Forse anche per guarire. Sagittae tuae infixae sunt mihi.

A. COSTANTINI, Il filo rosso dell'amore. Innamoramento, perdita, rinascita, Gardolo, Erickson, 2006