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La segnalazione: La religione di Lucrezia Borgia di Gabriella Zarri

02-04-2007 / A parer mio

di Giuseppe Muscardini

Già il frontespizio ci dà la misura del rigore scientifico di questo libro. Nell'intestazione compare il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che patrocina il Comitato Nazionale Incontri di studio per il V centenario del pontificato di Alessandro VI (1492-1503). In questo ambito si colloca il volume di Gabriella Zarri su Lucrezia Borgia. Ma nella premessa l'autrice sottolinea da subito che non si tratta di un'ennesima biografia sulla figlia del papa: già molte ne sono state edite, ridimensionando con il supporto di documenti d'archivio quell'immagine e quel ruolo di avvelenatrice di amanti spesso attribuitole a sproposito, e facendo rilevare come ad un'idea di efferatezza perpetuatasi nei secoli si contrapponga invece quella di una donna casta e pia, dedita ad opere caritatevoli, nel periodo in cui fu a Ferrara come sposa di Alfonso I.
Fu proprio negli anni ferraresi che la duchessa estense ebbe con un frate predicatore di nome Tommaso Caiani un intenso rapporto epistolare, teso a quella progressiva elevazione spirituale che si intensifica in lei dal 1514 al 1519. Le intenzioni morali della duchessa erano certamente fondate sulla persuasione della priorità dello spirito sulla vita materiale, se affida il suo percorso a fra' Caiani, fedele seguace di Girolamo Savonarola e per questo condannato all'esilio. Gabriella Zarri a riporta integralmente una lettera di fra' Caiani a Lucrezia Borgia datata 15 maggio 1515 e conservata presso l'Archivio di Stato di Modena, dove si registra il tenore dei rigorosi insegnamenti impartiti dal confessore alla duchessa: se al cristiano può sanza peccato desiderare et cerchare di havere quelle cose che sono necessarie et conveniente allo stato suo, benché non sieno necessarie alla vita spirituale et corporale, perché potrebbe a ogni modo fare sanza quelle quanto è per necessità.
Il sostegno spirituale del frate si rileva nelle lettere anche a fronte di un'infermità fisica di Lucrezia Borgia, e l'augurio di un pronta guarigione è sostituito in una missiva dal consolatorio riferimento al salmo 62, Ad te de luce vigilo, segno inconfondibile dell'intima consonanza spirituale instaurata fra i due. Ponendo a confronto il tenore delle lettere del frate alla duchessa estense con altre lettere della stessa inviate a diversi destinatari e raccolte in appendice al libro, si percepisce dall'abile accostamento voluto da Gabriella Zarri quanto la dimensione spirituale, contrapposta a quella meramente materiale della vita di Corte, fosse presente nel periodo in cui la Borgia fu a Ferrara. L'ottimo regesto stilato per ogni lettera, consente di individuare facilmente quelle missive in cui Lucrezia si esprime attorno a questioni legate alla vita di Corte e alla sua diretta partecipazione in opere di carità, come quella del 9 luglio 1505 in cui da Modena informa il marito Alfonso I di aver visitato l'abbazia di Nonantola, riportandone un'impressione forte davanti alle reliquie dei santi. Nella stessa lettera si raccomanda affinché l'Amministrazione di Corte provveda a recapitare alle suore del Corpus Domini di Ferrara i sacchi di frumento necessari al loro sostentamento, essendo impossibilitate le monache ad effettuare di casa in casa l'ordinaria questua a causa della peste. Questi dettagli rendono estremamente interessante il libro di Gabriella Zarri, specie quando si mettono in relazione con l'immagine letteraria fornita nell'Ottocento da Victor Hugo, che decretò la condanna morale della duchessa di Ferrara.

G. ZARRI, La religione di Lucrezia Borgia. Le lettere inedite del confessore, Roma, Roma del Rinascimento, 2006