La segnalazione: Un indizio per Roberta di Gianna Vancini
17-09-2007 / A parer mio
di Giuseppe Muscardini
Per chi vive o lavora in zone della nostra città che sono rappresentative di un'epoca, di un clima, di una magnificenza antica, è difficile avvedersi di certi dettagli, attratti come siamo da palazzi, chiese e monumenti. Prendiamo ad esempio la direttrice via Borgo di Sotto-Via Scandiana. Prendiamo la Basilica di Santa Maria in Vado e Palazzo Schifanoia, una delle sedi della Mostra Cosmè Tura e Francesco del Cossa. L'arte a Ferrara nell'età di Borso d'Este, che sarà inaugurata fra qualche giorno. Chi mai sospetterebbe che nel bar d'angolo fra Via Madama e Via Scandiana, oggi chiuso, due immaginari protagonisti da romanzo si incontrano per pura casualità, e che quell'incontro, nella conduzione narrativa dell'autrice, ingenera gioia per un attimo e infelicità duratura? Eppure è proprio qui, nel bar dalla stravagante denominazione dialettale - traducibile dal nostro sanguigno vernacolo in lingua ufficiale con "pitale", o "vaso da notte" -, che Gianna Vancini fa incontrare Caterina e Gianandrea in un freddo inverno degli anni Cinquanta. Ma sono davvero loro i protagonisti, o solo i depositari di una storia che coinvolge l'intera esistenza di Roberta, persa nelle sue legittime inquietudini e nel tentativo di saperne di più sulla sua nascita e sulle figure parentali troppo latitanti nell'infanzia? Per la verità nel bel romanzo di Gianna Vancini non si può parlare di protagonisti, ma di esistenze incrociate con quella casualità che pare talvolta essere la volontà di un'intelligenza non umana, capace di mescolare fatti e situazioni, e a cui noi diamo il nome di Destino. Nel romanzo vorticano appunto fatti e situazioni, fino a produrre una fortuita condizione in cui l'episodio conclusivo, la risoluzione del mistero che conduce Roberta sui luoghi dell'infanzia, è inspiegabilmente facile e a portata di mano. Tanto da lasciare stupefatta non solo Roberta, ma anche il lettore, che se nell'agile snodarsi dei sedici capitoli un'idea dell'esito può anche farsela con un ventaglio ristretto di possibili spiegazioni, non può certo immaginare l'imprevedibile finale, abilmente congegnato. Come nella tradizione della letteratura poliziesca, il titolo lascia pensare ad un disvelamento alimentato in maniera progressiva da fatti e segni apparentemente insignificanti. Ma in questo caso ogni nuovo elemento aggiunto da Roberta nella personale investigazione condotta a Voghiera, Voghenza, Belriguardo e Portomaggiore sulle tracce del genitore naturale, ha il valore di scoperta determinante. Del resto Roberta si muove in terre di scavi archeologici, di ritrovamenti che misurano il livello di sedimentazioni precedenti, e ciò che la terra restituisce, analogamente viene restituito dalla memoria. Così come in archeologia il reperto fondamentale, di svolta, permette di interpretare i tratti sociali e culturali di un'epoca antica, nella storia di Gianna Vancini, improntata su una coinvolgente ricerca esistenziale, il reperto fondamentale è lì, a contatto diretto con il presente, capace di evocare prepotentemente il passato. Un "indizio" per chi è dedito alla ricerca, sia questa privata o socialmente motivata, è in una veritiera sentenza di pagina 76: L'esperienza dell'anima non conosce confini tra passato e presente.
D'ora in poi, portandoci a Palazzo Schifanoia, svoltando da Via Madama per Via Scandiana, si dovrà essere un poco più rispettosi del luogo. In quel bar d'angolo, nella storia di Gianna Vancini, ha avuto inizio il grande amore tra Caterina e Gianandrea, con terribili conseguenze diluite nel tempo ma pur sempre cariche di infelicità. E il tempo, che si misura in passato e presente, se esplorato con rigore e fermezza, dispensa ogni volta delle verità. Qualche volte solo "indizi".
G. VANCINI, Un indizio per Roberta, Portomaggiore, Edizioni Arstudio C, 2007.