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La segnalazione: Ti trovo un po' pallida di Carlo Fruttero

22-12-2007 / A parer mio

di Giuseppe Muscardini

Cosa succede quando una donna dinamica ma vicina alla soglia della senilità, con un matrimonio fallito alle spalle, abituata a frequentare gli ambienti snob, d'un tratto deve affrontare l'inattesa situazione di dare spiegazioni agli altri, che la trovano cambiata, diversa, pallida? Un sopraggiunto disinteresse per la vita sembra pervadere Gea, stranita fra la vegetazione e i reperti di una zona archeologica dove gli amici di sempre, chiassosi e superficiali, s'incontrano ogni anno per coltivare il gusto delle amenità. Presa dalla convulsa e dispersiva vita mondana, ma ormai tagliata fuori dai ritriti giochi della seduzione, dagli appetiti che tradiscono ineleganze davanti a prelibatezze culinarie voracemente ingurgitate come in un baccanale, Gea perviene a gradi ad una inimmaginabile presa di coscienza: scopre in sé non la malattia, a cui il pallore farebbe pensare, ma qualcosa di diverso che svelare qui non è opportuno, per non privare il lettore del piacere dell'ultima pagina, rivelatrice e acclarante. Solo alla fine, con le battute conclusive, si scorgono nell'impianto narrativo di questo lungo racconto ascendenze anglosassoni riferite al genere, di cui peraltro l'autore non fa mistero quando, nella seconda parte del libro, fornisce al lettore delle giustificazioni non richieste. Ma sono gustose quanto la trama del racconto, perché al linguaggio narrativo Fruttero fa immediatamente seguire quello proprio della saggistica, mantenendo ancora in chi legge la tensione già derivata dalla storia, con l'aggiunta di argomentazioni sulla genesi del suo testo letterario.
Tutto questo mette in moto, vuoi per il tema delicato, vuoi per la nostra ferraresità ancora rurale e poco incline alla fascinazione di yachts, casinò e bel mondo, un lecito richiamo figurativo alla Predica dell'arte del ben morire di Girolamo Savonarola nell'edizione fiorentina del 1496. La trattazione dell'ars moriendi da parte del frate ferrarese avviene su un incunabolo impreziosito da xilografie nitide e con funzione didascalica: 1. un carro trainato da quattro buoi, con la morte armata di falce che troneggia in alto, calpesta con le sue ruote un tappeto di defunti; 2. uno scheletro regge la solita falce e mostra ad un giovane i diversi livelli dell'eternità; in alto i beati siedono al fianco di Cristo, con gli angeli che danno fiato alle trombe, in basso Satana e i diavoli alati. O qvasv o qvagiv, si legge in due cartigli posti al centro della scena. O quassù o quaggiù. Ben sapendo che dietro le iconografie del tardo Medioevo e del Rinascimento spesso si celano i presupposti moralizzatori del frate ferrarese, Carlo Fruttero sembra prendere a prestito dalle cogitazioni della morte quelle alternanze che non concedono scelta alla sua protagonista, ignara di aver lasciato la condizione di vivente, ma indignata da un linguaggio dell'apparire che ormai non appartiene né alla sua condizione di donna frustrata dal tradimento del marito, né alle frivole velleità degli amici a cui si aggrega per noia. È come se Fruttero volesse far presente ai suoi lettori che l'uomo moderno ha perduto la memoria storica delle pratiche poste alla base di un buon morire, e che spesso il confine tra chi è vivo e chi è morto (O qvasv o qvagiv) è molto labile, facendo credere per un po' di tempo a chi è morto di essere ancora vivo.
Leggendo Ti trovo un po' pallida, ci prende la voglia di raggiungere la Biblioteca Ariostea e avere fra le mani, facendo attenzione a non sciupare gli originali, quelle belle xilografie a corredo della celebre Predica savonaroliana, per cercare di capire dalle immagini di un tempo in quali occasioni il confine tra vita apparente e morte vera è così delineato da non lasciare dubbi di sorta. A giudicare da certe palesi inerzie di uomini e donne del nostro tempo, dediti come gli amici di Gea a cose futili, c'è da pensare che non sia facile. In questo ennesimo Natale, celebrato nei Centri Commerciali a suon di tredicesime e zampone, mancano ancora una volta le condizioni per accendere un purificatore bruciamento delle vanità che possa inghiottire i valori falsi creati attorno alla Natività. Per un Natale diverso, è meglio allora affidarsi alla penna felice di Carlo Fruttero, che sa trattare la vita e la morte con disinvolta ironia.