La segnalazione: Ultime lettere di Jacopo Ortis tratte dagli autografi
21-01-2008 / A parer mio
di Giuseppe Muscardini
C'è un libro la cui data di edizione o di ristampa ci pare ininfluente, poiché appartiene a quel genere di opere senza età e dense di contenuti etici che i docenti vedono destinate alle nuove generazioni. Ma se proprio dobbiamo datarlo, e indicarne l'edizione più recente, allora facciamolo con precisione e segnaliamo dell'Ortis quella commentata da Guido Davico Bonino, facilmente identificabile nel circuito del Servizio Bibliotecario Nazionale.
Per chi nella scuola si è formato alla luce di valori morali oggi deprezzati e ritenuti inattuali, di quel libro più volte rimaneggiato dall'autore ricorderà le pene del protagonista, frustrato da un amore impossibile, costretto da una sorte avversa a fughe volute e talvolta invece imposte; scolpiti nella memoria con benefico ristagno, ricorderà di conseguenza i versi del Sonetto X: Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo / di gente in gente
E forse ricorderà anche un soggiorno ferrarese nelle peregrinazioni di Jacopo Ortis per blandire il mal d'amore. Il Foscolo lo immagina in partenza dal luogo euganeo dove si consuma al pensiero che la sua Teresa sia promessa ad un altro, tale Odoardo. Così il 20 luglio 1798, deciso a raggiungere la Toscana,.Jacopo Ortis si trova a Rovigo, ancora troppo vicino a Teresa per rifiutarne il pensiero, e la sera stessa attraversa il Po e approda a Ferrara. Mentre la chiatta lo trasporta dall'argine rodigino a quello ferrarese, Ortis cova pensieri di morte, e subito dopo aver preso alloggio in città scrive testualmente all'amico Lorenzo Alderani: Ferrara, 20 Luglio, a sera. Io traversava il Po e rimirava le immense sue acque, e più volte fui per precipitarmi, e profondarmi, e perdermi per sempre. Tutto è un punto! Ah, s'io non avessi una madre cara e sventurata a cui la mia morte costerebbe amarissime lagrime!
La vocazione al suicidio, aggravata dalla repentina pulsione di morte alla quale il protagonista foscoliano si abbandona nel breve tragitto fluviale, non si estingue durante la notte. Nell'alba ferrarese del 21 luglio 1798, poco prima della partenza per Bologna, reduce da una notte insonne votata all'angoscia, Jacopo scrive una nuova e lunga lettera a Lorenzo, con cui si chiude la prima parte del romanzo epistolare. All'amico ancora una volta non nasconde il suo stato d'animo, la prostrazione e l'avvilimento ormai costanti: Ore
Spunta appena il giorno, ed io sto per partire. Da quanto tempo l'aurora mi trova sempre in un sonno da infermo! La notte non trovo mai posa.
Spiace che Ortis, proprio venendo a Ferrara, abbia pensato al suicidio con tanta convinzione. Ci consola sapere che lo avrebbe fatto per amore, e non per altro. Così come lo avrebbe fatto a Bologna o a Firenze. Di fatto compirà il suo gesto insano otto mesi dopo sui Colli Euganei, non lontano da Teresa. La breve ambientazione ferrarese del romanzo epistolare di Ugo Foscolo, per dovere di patria vale una rilettura dell'opera. Servirà ad aggiungere un altro nome alla gran messe di viaggiatori che, stanziali o di passaggio, reali o immaginari, in passato hanno riservato alla nostra città un pensiero, traducendolo nel bene e nel male in parola scritta.
U. FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis tratte dagli autografi, introduzione e commento di Guido Davico Bonino, Milano, Oscar Mondadori, 2007