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La segnalazione: L'Arca sulla collina di Ignazio Silone

04-12-2008 / A parer mio

di Giuseppe Muscardini

Consideriamo la portata storica ed evocativa di una ricorrenza che al nostro pubblico di lettori non sarà sfuggita. Trent'anni fa si spegneva a Ginevra Ignazio Silone, scrittore e intellettuale abruzzese che legò il suo nome ad opere memorabili come Fontamara, Vino e pane, Il segreto di Luca, L'avventura di un povero cristiano, Uscita di sicurezza. Senza forzature e per dovere di patria si vorrebbe legare il nome di Ignazio Silone anche alle nostre zone, ma altro non ci viene in mente se non la meravigliosa vocazione egualitaria, cattolica, socialista ed umanitaria che contraddistingueva storicamente la gente emiliana, pronta ad insorgere contro il sopruso del potere politico e del clero, ma anche a stringersi insieme la domenica mattina nella chiesa del paese, mangiapreti e cattolici ferventi, per accompagnare in processione un'icona religiosa da tutti venerata (Guareschi docet!), tra canti liturgici intonati all'unisono e fazzoletti rossi.
Eppure, scandagliando l'opera di Ignazio Silone e investigando fra le righe dei testi meno diffusi, si percepisce un piccolo bagliore che il nostro connaturato e provincialissimo campanilismo non può non registrare. Riguarda una novella scritta in francese il 23 dicembre 1931 e firmata Secondino Tranquilli, nel rispetto dei veri dati anagrafici del letterato abruzzese. La novella rimase inedita fino all'ottobre 1978 quando Aline Valangin, moglie dell'avvocato Wladimir Rosembaum, che nella sua residenza settecentesca di Comologno denominata La Barca aveva ospitato lo scrittore e altri esuli antifascisti, non decise di pubblicarla per onorare la morte del suo autore. Con Silone la donna ebbe una relazione durata poco meno di un anno, ma fu la prima a leggere il manoscritto di Fontamara. Subito dopo la scomparsa dello scrittore, con cui aveva sempre intrattenuto rapporti di stima ed amicizia, la Valangin consegnò l'inedito a Bixio Candelli, che ne curò la prima pubblicazione nel numero di ottobre 1978 de «La voce onsernonese», mantenendo il titolo originale di Ancien testament. La Génèse. Les temps ancien depuis la création jusqu'au déluge.
Con insolita ironia e ricorrendo ad accostamenti che per certi versi spiazzano il lettore, Silone rivisita a modo suo l'episodio biblico di Noè e dell'arca, con l'evidente intenzione di divertire, ma non senza riferimenti alle storture della sua contemporaneità. "Dio osservò la terra: ogni essere vivente aveva alterato la sua strada sulla terra. Nessuno rispettava la legge. Non c'erano ancora tribunali per far rispettare la legge. E questo era male. Solamente Noè, uomo giusto e integro, trovò grazia agli occhi dell'Eterno. Allora Dio disse a Noè: la fine di ogni essere è fissata da diversi mesi. Intendo distruggere gli uomini con la terra. Fa', dunque, un'arca di legno di cipresso".
Nella novella la volontà dell'Eterno è rispettata dal canuto Noè, ma curiosamente Silone non quantifica in termini di tempo la durata del diluvio, forte del fatto che "l'Antico Testamento non può dire quanto tempo durò la lotta dell'arca contro le acque. La ruota del tempo non gira davanti a Dio. Davanti all'Eterno non c'è passato, né futuro. Tutto è presente". Silone prolunga i tempi del diluvio universale addirittura al 1750, fino a quando una terribile tempesta non getta l'arca nell'Adriatico, facendola poi naufragare alla foce del Po.
Ci si chiede ora se nel 1931 l'invenzione di Ignazio Silone fosse solo rispondente a precise strategie letterarie o se invece il naufragio dell'arca in provincia di Ferrara non alludesse ad una palese umanità della nostra gente. Anche la gente di Fontamara, romanzo edito due anni più tardi, era pervasa dallo stesso sentimento di solidarietà, avversa ai soprusi del potere. Nel dubbio si legga per intero la novella: http://www.ilnostrotempo.it/archiviopdf/2005/tempo_27/ILNTEMPO027G1K_009.pdf

I. SILONE, L'Arca sulla collina. Novella pubblicata nel giornale torinese «Il nostro tempo».