Tre suggerimenti per il PD
08-09-2007 / Punti di vista
di Gaetano Sateriale
Le speranze e le aspettative di cambiamento che circondano la nascita del Partito Democratico non vanno deluse. Chi condivide il progetto di costruzione di un nuovo partito di massa in Italia (e a Ferrara), che finalmente unisca le culture riformiste, si attende che cambino anche gli "stili di vita" del nuovo partito.
Vorrei richiamare, da sostenitore del PD, alcune nuove "regole" che (almeno a Ferrara) andrebbero a mio parere rese esplicite e adottate senza tentennamenti.
La prima è l'idea della "separazione delle carriere" tra amministratori e politici. Forse è giusto che a livello nazionale (come negli altri paesi europei) il leader del partito che vince le elezioni sia destinato a diventare capo del Governo. Già a livello regionale la cosa mi convince meno, perché l'esperienza per governare una regione ricca di istituzioni e corpi sociali intermedi come l'Emilia Romagna non si improvvisa. E non può essere ridotta alla semplice dialettica tra le forze politiche presenti. A livello locale sono nettamente contrario all'ipotesi per cui il capo del partito democratico sia anche (automaticamente) il candidato a fare il sindaco della città alle elezioni successive.
Sono funzioni diverse, attitudini diverse, esperienze diverse. Debbono saper lavorare insieme, ovviamente, il sindaco e il segretario del PD, altrimenti si indebolisce sia il governo che il partito. E non si vincono le elezioni. Ma non dovrebbero essere, di regola, la stessa persona. Perché le mediazioni e i compromessi che la rappresentanza politica richiede dentro il PD e nella maggioranza sono diverse da quelle richieste al sindaco. Soprattutto in questa fase costituente. Il leader del PD deve tenere insieme le diverse anime del suo partito e della maggioranza, il sindaco deve essere più libero di difendere l'interesse comune e il bene della città. E non sempre solidità della maggioranza e bene della città sono la stessa cosa.
La seconda regola, da consolidare, è quella che il candidato sindaco esca da un voto alle "primarie" nell'autunno del 2008. Questo anche allo scopo di evitare che nei prossimi 12 mesi venga aperta una specie di super lotteria che avanza e consuma candidature senza che gli elettori del PD abbiano potuto esprimersi apertamente e in maniera visibile con un voto.
La terza idea, spero ormai acquisita, è che il processo di rinnovamento avviato nella politica e nel governo delle istituzioni ferraresi non può tornare indietro. Il rinnovamento ferrarese è consistito, in questi anni, soprattutto nella separazione netta dei centri di potere e di decisione istituzionale con i centri di potere economico e politico della città. Dialogo, ma con ruoli ben distinti. Tornare indietro significherebbe riaprire spazi al consociativismo politico e di potere che tanti guasti ha prodotto nel passato e di cui ancora paghiamo gli errori.
Per essere sicuri che questo non accada bisogna mettere uomini nuovi a capo delle istituzioni e non tornare ai "professionisti della politica", come se ci fossero davvero amministratori per tutte le stagioni. Chi ha già fatto esperienze di governo in prima persona deve avere il coraggio di farsi da parte e aiutare il rinnovamento e i giovani talenti che verranno.