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A proposito di 'ronde' e politiche per la sicurezza

27-02-2009 / Punti di vista

di Raffaele Atti*

La partecipazione dei cittadini alla gestione delle politiche per la sicurezza urbana è certamente un obiettivo da perseguire.
Le ronde promosse dal decreto Maroni sono un modo sbagliato e pericoloso di porre la questione. Intanto perché nascono per legalizzare la scesa in campo di forme sostitutive e sussidiarie delle forze dell'ordine in materia di controllo del territorio e dell'ordine pubblico, promosse direttamente, o comunque ispirate, da formazioni politiche. E qui c'è un punto di svolta incompatibile con la natura dello stato democratico nel quale le funzioni connesse alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza vanno garantite da forze neutrali rispetto allo scontro politico.
Quando sentiamo il capogruppo provinciale della lega Nord o la responsabile per la sicurezza di AN annunciare "noi siamo pronti", ogni sincero democratico deve cominciare a preoccuparsi.
Per questo bisogna battersi per cambiare il decreto su questo, come sui tanti altri punti sui quali si è imboccata una pericolosa deriva autoritaria e una torsione di principi cardine dello stato di diritto, come si è fatto in materia di carcerazione preventiva, sull'onda di un consenso che si alimenta di una oculata gestione delle insicurezze, delle paure e delle tensioni che lo stesso aggravarsi della crisi economica produce.
La Regione Emilia Romagna ha già previsto, all'art 8 della Legge regionale n. 24 del 2003 - Polizia Locale e Sistema integrato di sicurezza - l'impiego di forme di volontariato per promuovere l'educazione alla convivenza e il rispetto della legalità, la mediazione dei conflitti e il dialogo tra le persone, l'integrazione e l'inclusione sociale sottoposte al coordinamento del Comandante della Polizia Municipale. E' chiaro che si tratta di un profilo diverso da quello evocato dal decreto.
Respingere le "ronde" non significa lasciare soli i cittadini davanti ai punti di degrado delle condizioni di civile convivenza, né chiudersi nell'alternativa tra le pattuglie dell'esercito e quelle dei volontari in camicia verde (o nera).
Si possono chiamare i cittadini a una forte collaborazione con le forze dell'ordine, soprattutto se queste, su impulso dei comitati per l'ordine pubblico e la sicurezza, rispondono con sollecitudine alle segnalazioni, e operano con determinazione e con l'efficacia che deriva dal coordinamento, sui punti che suscitano maggior preoccupazione. E potranno farlo se saranno dotate degli uomini e dei mezzi di cui devono disporre.
Si può rafforzare questa capacità di "agire" una sicurezza collettiva attraverso la presenza coordinata e sempre più visibile delle polizie di prossimità.
Si possono chiamare i cittadini a elaborare progetti di riappropriazione degli spazi pubblici, che facciano leva sull'azione coordinata dei vari soggetti (polizie, amministrazione comunale, volontariato) per rimuovere il degrado, costruire occasioni di socialità, restituire sicurezza alla fruizione di luoghi riqualificati con processi di urbanistica partecipata. Si può renderli partecipi di nuove relazioni comunitarie nelle quali si impari a convivere, attraverso la reciproca conoscenza, tra culture e tradizioni diverse, anche attraverso la riscoperta delle proprie storie e delle proprie radici con le esperienze di teatro comunitario, fino ad acquisire consapevolezza che una società multietnica non è necessariamente meno sicura .
Si può rafforzare la rete dei rapporti di vicinato per tutelare gli anziani dal rischio delle truffe.
Si può costruire con le Associazioni dei commercianti un percorso di contrasto alla diffusione dei furti, aumentando le difese passive e adottando comportamenti conseguenti.
Sono dunque molte le modalità attraverso le quali i cittadini possono essere parte attiva di una politica per la sicurezza urbana.
Sono modalità che pratichiamo da tempo nella nostra città, e di cui i cittadini hanno potuto apprezzare i risultati. E dunque non abbiamo alcun bisogno di delegare la difesa delle "nostre donne" e delle "nostre case" alle ronde del capogruppo della Lega.
Se a si chi, par nu a putì anch' andar a ca'.

*Assessore alla Sicurezza
del Comune di Ferrara