Comune di Ferrara

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Meno convegni per l'istruzione più soldi per la scuola

09-02-2009 / Punti di vista

di Rita Tagliati*

Ho partecipato il 24 gennaio a Bari, al convegno della rete "learning cities: città dell'apprendimento". Il contributo di Ferrara ha focalizzato le azioni innovative di alcuni progetti capaci di suggerire il nuovo modo di costruire il futuro di città e territori, in un clima di coesione fra tutti i protagonisti della vita civica. Ci siamo misurati con le esperienze di molte città del mondo, dell'Europa e italiane, che stanno con successo attuando piani strategici, mettendo insieme i contributi e le risorse pubblici e privati, con una visione di lungo periodo.
Il 2 febbraio la Regione ha chiamato gli amministratori all'illustrazione del documento unico di programmazione, chiedendo che in ogni provincia entro il prossimo mese di aprile siano sottoscritte intese, per utilizzare in modo armonico e coerente i fondi strutturali europei, gli aiuti di stato, la spesa regionale e gli interventi locali, verso obiettivi condivisi e nella logica della contrattazione negoziata.
Ci sono i presupposti per cambiare, per indicare ai nuovi amministratori procedure diverse per leggere sia i bisogni imposti della crisi in atto, sia la costruzione di politiche nuove per il futuro.
Quante energie e soldi potranno essere risparmiati anche solo concentrando ed evitando moltiplicazioni del lavoro (analisi, convegni, tavoli di confronto, ecc.) che ciascuno (enti, istituzioni, associazioni, centri studi) promuove in proprio, sollecitato dalle stesse esigenze e ponendosi gli stessi obiettivi!
Il futuro significa le generazioni dopo di noi, la società multietnica, le minacce e le opportunità della globalizzazione.
Il dovere di guardare avanti, aggiunge maggiori responsabilità a chi gestisce oggi.
Sapere come fanno gli altri e imparare da chi fa bene, è un imperativo da cui non possiamo svincolarci.
Alla fiera BETT di Londra sono stati quest'anno presentati i risultati delle politiche per l'istruzione attuate dai governi Blair.
Ieri sera, una trasmissione televisiva sulla Rai ha rappresentato la scuola svedese.
Due Paesi europei, parimenti toccati dalla crisi mondiale, che aumentano gli investimenti su formazione e ricerca, attribuendo a quel settore la scommessa per il futuro.
Sono governi di sinistra e di destra, con la visione comune di un progetto identitario forte, capace di presentarsi competitivo sulla scena globale, consapevole di non poter prescindere da scommettere convinti sulle giovani generazioni, da politiche di integrazione vera, dal valorizzare le propensioni individuali dando il meglio dell'insegnamento e degli strumenti.
Formare i bambini e i ragazzi, dando loro ogni migliore opportunità, significa metterli in grado di scegliere, di spendersi nel mercato del lavoro, di agire come cittadini cresciuti in coscienza civica.
Per il sistema delle imprese significa sapere che dalla scuola e dalle università - pubbliche e capaci di accompagnare tutti verso una meta - esce il meglio.
Anche la democrazia ne trae giovamento, anche l'impostazione dello stato diventa coerente.
In alcuni Paesi, il capo del governo sceglie i ministri, ma i sottosegretari raggiungono la poltrona dopo una selezione tecnica sulle competenze: la politica gode al vertice della capacità professionale necessaria per leggere la società e stabilire le linee di indirizzo. Il dibattito parlamentare è obbligato a misurarsi con la realtà. Si fanno le cose.
Non voglio dire di rassegnarci ai vizi e virtù dell'Italia, ma finalmente di guardare al di là del naso, dove la classe dirigente sarà anche riferita ai partiti politici, ma prima di tutto ha doti vagliate dalla vita vera. Il vaglio comincia a scuola.

*Vicesindaco del Comune di Ferrara