Il referendum sull'acqua proposto da IdV
14-05-2010 / Punti di vista
di Tiziano Tagliani *
Che l'acqua, in Italia, sia pubblica lo dice la legge da molti anni e che, volendo bere un fresco bicchiere d'acqua dal rubinetto, si debba pagare il servizio, è un dato di fatto che ci viene ricordato periodicamente dalla bolletta.
Da qui la prima considerazione: acqua pubblica non vuol dire gratis! Questo a prescindere dal tipo di gestore pubblico, privato o misto che sia; non si scappa: se si vuole dare da bere ai "poveri"bisogna ricorrere alla fiscalità sociale ovvero alle risorse dei cittadini.
Ciò premesso ecco il tema: l'Europa consente comunque di gestire il ciclo idrico sia con soggetti pubblici (consorzi di comuni o società a capitale interamente pubblico),che con soggetti privati, oppure società a capitale misto.
In Italia le esperienze sono assai diverse: chi per carenze di risorse ha privatizzato oggi si trova bollette salate, chi invece ha mantenuto una gestione pubblica diretta ha stentato negli investimenti (che sono poi l'altra faccia dell'acqua sicura), chi invece ha scelto le società a prevalente capitale pubblico, chiedendo risorse alla borsa, ha fatto più investimenti ma ha dovuto convivere con il profitto dei soci di minoranza.
Ora, il Dlgs. "Ronchi" unitamente alla vigenza dell'articolo 23 bis (L. 112/2008), che colloca il servizio idrico fra quelli "a rilevanza economica", di fatto - e solo in Italia - impedisce a Sindaci e cittadini di scegliere la forma pubblica di gestione.
E' una scelta sbagliata.
Lavorare in una unica direzione, quella della forzata privatizzazione, deprime già oggi il valore economico delle aziende pubbliche o delle quote delle società miste. E' privo di contenuto democratico poiché non vi è ragione per sottrarre ai cittadini la possibilità di scegliere e gestire il "proprio" servizio, oggetto di risparmi collettivi con società a capitale pubblico, e si consente invece al pubblico di gestire il trasporto gomme, o aziende ferroviarie:una evidente contraddizione.
Contrariamente a quel che si può pensare, non sono un sostenitore acritico della gestione tutta pubblica fatta in casa, "in house" come si dice.
Se ci sono infatti buoni esempi, come il CADF nostro, ce ne sono a decine di disastrosi: gestioni clientelari, reti colabrodo, acque che pur scendendo dai monti della Sila sforano parametri di legge che vengono perciò alzati con decreto "potabilizzando" in via amministrativa, altro che PTOA!
Quello che penso e che deve essere la politica partecipata e l'informazione corretta ai cittadini a dovere indirizzare la scelta.
I problemi sul tavolo sono drammaticamente evidenti: enti locali prosciugati, tasche vuote dei cittadini (non tutti!), esigenza di investimenti crescenti, in assenza di finanziamenti dallo Stato.
Ognuno deve poter valutare convenienze, pro e contro, per il proprio territorio; tutto ci serve tranne una legislazione che su un tema così delicato ci espropri di quanto diritto.
Queste sono le ragioni per le quali firmerò il Referendum proposto dall'Italia dei Valori sul tema dell'acqua, contro la privatizzazione ottusa del Governo.
Con la medesima chiarezza, in attesa che il mio Partito decida cosa vuol dire "guardare con simpatia ai referendum" come se fossero (i referendum) bambini al parco, dico anche che non mi convincono i referendum proposti dai Forum e dai Grillini che, ignorando completamente i vincoli di bilancio degli Enti Locali, ai piedi delle amministrazioni vorrebbero legare una palla diversa:
l'obbligo non più la possibilità della gestione pubblica, e poco importa se non sarà finanziariamente possibile, tecnicamente un disastro; quel che conta è "l'idea" e con l'idea prende forma l'equivoco: l'acqua pubblica non si paga.
* - sindaco di Ferrara