Quadrante Est: le nuove analisi
07-07-2010 / Punti di vista
di Valentino Tavolazzi *
Ieri sera, in una sala del Melo gremita di cittadini, il sindaco Tagliani ha dichiarato che in assenza di una diagnosi certa, non può attivare alcuna cura. Tradotto significa che senza un supplemento di indagini, che richiederà almeno un anno e mezzo da oggi per dare un responso, non verrà presa alcuna iniziativa per la messa in sicurezza dell'area, della falda, delle abitazioni, dei residenti, tantomeno per la bonifica del sito. Nella metafora usata dal sindaco il paziente attende da dieci anni la cura, ma l'equipe medica ha deciso che servono altri accertamenti.
Una conclusione sconcertante e dilatoria, visto che al quadrante est la malattia è stata diagnosticata da molti anni. Si tratta di due tumori accertati, ovvero altrettante discariche (nelle aree Cogef ed ex Parco) di rifiuti urbani ed industriali, che hanno causato una contaminazione da Cvm della falda, talmente pesante e potenzialmente rischiosa per la salute, da avere pochi eguali nel paese. E la verità è nota da anni al Comune ed al Sindaco.
La giunta alla fine del 2003 aveva dato atto di "una pesante contaminazione di metalli pesanti ed organici alifatici clorurati, sia nel suolo che nelle acque di falda. Alcune concentrazioni sono migliaia di volte superiori ai limiti stabiliti dalla legge 471/99. A 16 metri la falda risulta pesantemente contaminata e viene segnalata la possibile presenza di punti di attingimento ad uso domestico". Tagliani era presente a quella giunta.
Nella conferenza dei servizi del maggio 2004 l'ing. Bassi, responsabile del servizio ambiente del Comune, segnalava lo stallo delle procedure di bonifica a causa dei contenziosi su chi avrebbe dovuto pagarla. Nel novembre del 2004 venivano effettuate analisi dei gas interstiziali e ritrovati presso le abitazioni alchbenzene, etibenzene, tetracloroetilene, toluene ovunque, tricloroetilene, zileni ovunque.
Tra la fine del 2004 ed i primi mesi del 2005, dopo una campagna di sondaggi direct push, il professor Gargini, incaricato dal Comune, dimostrava la presenza di Cvm lungo tutta la fascia ovest di via Carretti, comprese le abitazioni in fondo a via Frutteti e tra queste e la discarica Cogef (ex Ginestra). Segnalava la contaminazione severa di organo clorurati ed il rischio di diffusione di vapori, di tetracloroetilene e tricloroetilene. Le indagini quantificavano in 166036 microgrammi/litro (limite di legge 0,5) il Cvm nella falda semi confinata, record assoluto ferrarese, mai riscontrato nemmeno sotto il petrolchimico (gli altri casi noti sono a Pontelagoscuro e in via del Lavoro).
Nel 2006 si effettuava la tomografia dell'area Parco, si aggiudicava l'appalto dell'asilo del Salice, si facevano ulteriori indagini dei gas interstiziali ed analisi dei vapori indoor in 10 abitazioni.
Nel 2008 la giunta dava atto che il percolato aveva inquinato le acquifere, ammetteva che occorresse porre rimedio all'inquinamento ambientale riscontrato in falda ed acquisiva la discarica Parco, liberando l'azienda dagli oneri di bonifica (Cogef li aveva scaricati al Comune anni prima).
La diagnosi finale la firmava il professor Gargini a fine 2008. Il Cvm risultava più presente in falda semiconfinata che superficiale. Alcune vecchie abitazioni erano state costruite sui rifiuti. Dimostrava con gli isotopi che il Cvm deriva dai prodotti organici utilizzati dagli impianti chimici allora operanti a Ferrara, Marghera, Ravenna. Deduceva che il plume sud migra verso nord e quello nord verso ovest, indotto anche dai pompaggi. Scriveva infine che è necessaria la bonifica attiva e la messa in sicurezza delle sorgenti contaminanti e che è impensabile in area urbana e per un acquifero superficiale lasciare libere di migrare concentrazioni di Cvm nell'ordine di migliaia di microgrammi/litro.
Chiudeva l'annosa vicenda il gruppo nominato dalla Regione, che nel gennaio 2009 dichiarava il quadrante est interessato da rilevante inquinamento ambientale da smaltimento rifiuti urbani ed industriali. Non escludeva discontinuità degli strati di argilla interposti tra le falde, né rischi per la salute della popolazione. Proponeva la ricerca urgente delle sostanze cancerogene nelle abitazioni, il controllo delle falde, compresa quella profonda, un piano immediato per la messa in sicurezza del sito.
Di quali nuovi dati ha bisogno Tagliani per agire?
Assistiamo, a parere di Ppf/M5S, ad una ulteriore manovra dilatoria ed irresponsabile, che ha il solo risultato di spostare avanti le decisioni ed i costi per la messa in sicurezza e la bonifica del quadrante est. Forse si spera che le nuove indagini possano escludere un rischio per la salute (per essere credibili i limiti accettabili andrebbero discussi e fissati prima delle analisi) e dunque sia possibile aprire l'asilo, con il timbro dell'Istituto Superiore di Sanità. Se ciò accadesse, e tutti lo speriamo, sarebbero trascorsi 11 anni dal lontano 2001, senza che qualcuno abbia mosso un dito per rimediare al danno ambientale certo, sanitario assai probabile e patrimoniale certo, subito dai residenti. Se si esclude lo stop all'apertura dell'asilo imposto dall'Asl, dal 2001 il Comune non ha adottato alcun provvedimento in applicazione del principio di precauzione. Non ha nemmeno inibito l'uso dell'acqua prelevata dai pozzi privati esistenti, in qualche modo collegato alla catena alimentare, come i pozzi utilizzati per la coltivazione degli orti in via del Melo.
Al contrario si è consentita l'abitazione di appartamenti ultimati a ridosso della discarica e venduti nel 2004, quando già si conosceva la gravità della situazione ambientale. E non si sa se sia stato imposto il vincolo di onere reale sul certificato di destinazione urbanistica (allora previsto dal decreto Ronchi). Si è decisa la costruzione dell'asilo del Salice, iniziata un anno dopo che il professor Gargini aveva ben descritto l'allarmante contaminazione del sito. Il Comune ha acquisito l'enorme discarica Parco, concedendo all'azienda gli stessi volumi in via Canapa e scaricando sui conti pubblici gli oneri della bonifica (vedi ex Camilli). Infine è stato realizzato nel 2009 un inutile, forse dannoso, quasi comico diaframmino, costato 80 mila euro, che non rientra in alcun progetto di bonifica e non è stato adeguatamente motivato dal punto di vista tecnico e scientifico, soprattutto riguardo agli effetti meccanici e chimico-fisici che potrà produrre.
In dieci anni sono stati spesi 250 mila euro in prove ed analisi, 80 mila euro nel diaframmino, ai quali ora si aggiungeranno 200 mila euro dati all'istituto superiore di sanità per la sua collaborazione, 150 mila euro per ulteriori indagini, per un totale di 680 mila euro, senza che sia stato rimosso un solo chilo di rifiuti.
* - consigliere comunale Ppf