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Il significato della parola 'ghetto'

02-11-2011 / Punti di vista

di Rossella Zadro *

Ghetto è sempre stata una parola che ho rifiutato con determinazione, fin da quando alla scuola elementare, in seguito ad una lettura fatta in classe la maestra ci invitò a ricercarne sul vocabolario il significato:
GHETTO: 1) dal nome dell'isoletta Veneziana dove nel 500 vennero relegati gli Ebrei, così chiamata perché ivi era una fonderia (dialetto geto: getto). 2) Rione di alcune città dove erano costretti ad abitare gli Ebrei. 3) Quartiere cittadino di vecchie e misere case, dove si raggruppano, più o meno coattivamente le minoranze socialmente escluse di una comunità. 4) Casa misera, sordida.
Potrei proseguire ma mi fermo qui. Ancora una volta questa parola mi ha colpita, pronunciata da Marzia Marchi, che per altro stimo essere persona capace, a proposito dell'asilo del Salice. Anche perché non individuo alcuna rispondenza tra la definizione e l'area del Quadrante Est della città.
Il fatto che gli ambientalisti lo avessero detto che lì non dovesse sorgere un asilo lo abbiamo sentito ripetere moltissime volte ed oramai è notizia nota. Che l'Asilo, nel caso in cui si decidesse di aprirlo, sia destinato a diventare un ghetto francamente mi lascia sbalordita.
In primo luogo, se l'asilo dovesse riappropriarsi della sua destinazione d'uso, ovvero riempirsi di bambini, ciò significherebbe che norme, ricerca, studi, analisi, ricercatori ed esperti convergerebbero in un'unica direzione, ovvero che lì i bambini ci possono stare senza rischio per la salute.
Per altro, i bambini che entrerebbero lì dentro non sarebbero bambini diversi da coloro che in quella area già vivono, giocano, socializzano. E che già, per il solo fatto di abitare lì non credo si possano definire ghettizzati. Fino a prova contraria, quella è un'area abitata ed abitabile, sulla quale si stanno investendo risorse per cercare di risolvere le criticità presenti.
Non sarebbe una destinazione per figli di un Dio minore, né tantomeno un ripiego per coloro che necessitano di un posto per i propri pargoli. Sarebbe esattamente una realtà come tutte le altre, destinata ad ospitare bambini in base a graduatorie oggettive e trasparenti.
Parlare di "asilo ghetto vista l'area in cui sorge", equivale ad estende l'appellativo di ghetto a tutta l'area stessa e di ghettizzati a coloro che la abitano. È una definizione un po' forte, incurante della dignità e sensibilità delle persone lì residenti che magari con tanti sacrifici hanno acquistato la loro abitazione e con essa la loro tranquillità.
Lascio ora le riflessioni che potrebbero essere tante e mi limito a sottolineare che il nostro compito oggi è quello di recuperare e riqualificare le aree che nel tempo sono state teatro di attività impattanti per restituirle ai cittadini; riqualificare non significa solo bonificare, ma riabbellire, investire, conferire dignità, visione, tranquillità e fiducia alla gente.
Senza lasciarci deviare dai pregiudizi.
Sapendo per esperienza (sono ancora oggi presidente di una Onlus ambientalista) quale funzione positiva e di stimolo abbia la denuncia ed il farsi promotore di conoscenza e di socializzazione delle conoscenze nel momento della decisione, so anche che poi le decisioni sono da assumersi con prioritaria attenzione alla salute ed al benessere dei cittadini. Pregherei pertanto a contribuire, oltre che con la denuncia, con soluzioni costruttive e con rinnovati climi di fiducia.

* - Assessore all'Ambiente del Comune di Ferrara