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Sei dattiloscritti in cerca d'autore/2

20-10-2006 / A parer mio

di Riccardo Roversi

Continua l'indagine del nostro Viaggiatore Indigeno, adesso alla ricerca di documenti storici setacciando archivi e biblioteche. Ecco il secondo testo.

Il treno fantasma

«Finalmente mi lasciai alle spalle "Settimo", mentre il mio amico poeta futurista non la smetteva di profetizzare circa un'utopica e infruttuosa gloria postuma.
Raggiungemmo l'auto in regolare divieto di sosta e, zigzagando fra un senso vietato e una zona rimozione, ci trovammo dalle parti di borgo San Pietro, a due passi dall'inimitabile, imparcheggiabile, mitica "Folìe".
Entrammo nella saletta "only adults" posteriore, accomodandoci sulle deliziose panche stile tradotta militare primo Novecento. Sembrava davvero un treno fermo in qualche stazione felliniana, non mancava nulla: dagli artisti angosciati ai Buskers, dagli spinellari ai buddisti rintronati.
A mezzanotte accadde ciò che nemmeno Buñuel avrebbe mai potuto immaginare. Un capostazione uscì dalla toilette e infilò la porta con un fischio lacerante, i muri cominciarono a tremare, dagli scaffali le bottiglie piovevano su belli e brutti, intelligenti o scemi, perfino sui giusti e sugl'ingiusti.
Io e il mio amico poeta futurista ci catapultammo fuori appena in tempo, l'intero stabile si avviò lentamente su invisibili rotaie, poi sempre più veloce lungo Salinguerra, fino a scomparire contromano in Carlo Mayr.
Dopo quella notte di tregenda non se ne è più saputo nulla, non sono rimaste che le fondamenta, ora mi manca, non si stava male in fondo e la birra scura era discreta.
Quando ripasso in via Fondobanchetto mi prende, come disse un condannato a morte sulla forca, un groppo alla gola.
E mi vengono in mente le ultime parole di un film di Woody Allen: "I ricordi sono cose che abbiamo o che abbiamo perso?"».