La taumaturga rapita
14-06-2007 / A parer mio
di Riccardo Roversi
Ecco un'altra pagina del "diario ferrarese" del Viaggiatore Indigeno: stavolta egli riporta di un avvenimento "taumaturgico" accaduto nella provincia a sud-ovest di Ferrara, verificatosi (miracolosa preveggenza?) nei primi mesi del fatidico 1945, nell'imminenza della fine della seconda guerra mondiale.
Il santuario dietro casa mia è vicino ma invisibile dal castello di Ferrara, nelle estati da fanciullo ci andavo con Liviano, Enzo, Marco e con Daniele.
I campi attorno paiono dormire sotto lenzuola di spagnare e trapunte di papaveri, le case matte coi granai sbucano improvvise negli spazi, oltre siepi in sicomoro e argini di biancospino. Poi i maceri piovani, i nespoli e gli svassi, nato al bivio degli scoli alto sventola un castagno.
Chissà se per la giovinezza o perché davvero è la più bella questa campagna mi commuove, soprattutto a maggio, quando i pappi fioccano dai pioppi e le lucciole balenano alle processioni del fioretto, fra i capitelli dei misteri del rosario.
Orsono quasi sette secoli, quando non c'era che palude, è certo fosse un oratorio e che la prima venerata fu una madonna in terracotta, deposta sopra un rovere dove sta l'odierna abside, la seconda è un falso Bastianino incoronata d'ori e pietre e maldestramente ritoccato.
All'alba del quarantacinque, mentre la guerra rammolliva e i reduci disertavano dal fronte, accadde che in trentotto, fra cui mio nonno Gigi e altri coetanei in paese, si ripresero l'immagine che l'allora prete incautamente aveva ceduto a un borgo vicino. Giusto alla messa del mattino, quando s'annuncia la consacrazione e lo sguardo dei fedeli si distoglie dall'altare: una scaltrezza che fossi credente direi provvidenziale.
La novella del ritorno si diffuse come nebbia, come una voce di cortile. La gente accorse dai paesi, lungo le strade di gennaio, attraverso poderi e latifondi al focolare della taumaturga.
Ancora oggi ci si chiede, almeno i pochi che ricordano, se fu una smania collettiva o un miracolo di terra laica, comunque una monaca calligrafa ne compilò la storia in trentotto pergamene. Io ne ho una, quella di mio nonno, che in un brano recita: «salve vi diciam con voce forte / da voi speriam dell'avvenir la sorte».