La sfuggente Lucrezia di Puccioni
08-01-2008 / A parer mio
di Riccardo Roversi
Il nostro Viaggiatore Indigeno ha reperito una rara riedizione della tragedia "Lucrezia Borgia", del fiorentino Nello Puccioni - amico del D'Annunzio (il quale com'è noto amò intensamente Ferrara) - e ristampata in occasione del centenario della sua prima pubblicazione, dove appaiono illustrazioni di Adolfo De Carolis: altro artista legato a Ferrara attraverso le sue copertine di libri poetici di Corrado Govoni.
«A Nello Puccioni - augurando meravigliose luci ed ombre al volto della sua Lucrezia»: così scriveva Gabriele d'Annunzio, il giugno 1905, nella sua dedica apposta su una copia della "Fiaccola sotto il moggio" al dotto amico fiorentino Nello Puccioni (1881-1937), autore della tragedia in quattro atti "Lucrezia Borgia", pubblicata nel 1907 con illustrazioni di Adolfo De Carolis per i tipi delle edizioni Bemporad. Puccioni a sua volta, in apertura della propria opera teatrale, apponeva un sonetto dedicato al celebre amico, nelle cui ultime due terzine si legge: «Come dinanzi ad Alessandro Sesto, / i messi dei priori fiorentini, / prostrandosi, recavan loro offerta, // Voi conducete umilmente questo / mio dono a Gabriele e s'avvicini / Francesca alla vostr'anima deserta».
Due buoni motivi rendono preziosa la ripubblicazione, ad un secolo dalla prima edizione, della rara tragedia di Puccioni. La prima ragione è la presenza del pittore Adolfo De Carolis, già mirabile illustratore di alcune splendide copertine di sillogi poetiche ("Le fiale", "Armonia in grigio et in silenzio", "Fuochi d'artifizio") del 'nostro' indimenticato Corrado Covoni, nonché autore della grande pergamena per il primo centenario del Circolo Unione di Ferrara (dicembre 1903); la seconda, è la storica e lirica 'parentela dannunziana' con Ferrara.
Nella tragedia, Nello Puccioni tratteggia il personaggio di Lucrezia con personalità decisa e contraddittoria, di volta in volta: degenere e onesta, crudele e indulgente, arrogante e mansueta, sino agli anni 'ferraresi' da lei condotti virtuosamente (benché infatuata di Pietro Bembo) e alla precoce morte avvenuta il 24 giugno 1519 indossando il cilicio penitente.