Comune di Ferrara

giovedì, 17 luglio 2025.

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Il fondaco

01-12-2008 / A parer mio

di Andrea Poli

L'ho visto! L'ho visto! Io l'ho visto! Stenterete a credermi, ma proprio con questi miei occhi ho visto un titolare di cane che raccoglieva la cacca del suo quadrupede nel bel mezzo della passeggiata serotina. Fra il lume e lo scuro dell'oscurità incipiente l'ho visto tuffare la mano incartata in un sacchetto di plastica fra la stentata erbetta del parcheggio antistante il cimitero di San Luca, ritrarla col suo poco invidiabile trofeo ben stretto fra le dita, rovesciare e annodare il sacchetto di plastica, gettarlo nel cassonetto, annusarsi la mano, annuire soddisfatto e riprendere la passeggiata. Durata dell'intera operazione: mezzo minuto, secondo più secondo meno; col cane che nel frattempo stigmatizzava la mia espressione stupefatta guardandomi come a dire: 'mbè, che ci avevi presi per degli incivili? Chiedo scusa ai lettori se torno su un argomento invero poco piacevole, ma la sorpresa è grande: sinora avevo sempre creduto che l'umano raccattatore di feci fosse un'invenzione, una figura retorica creata ad uso e consumo delle ordinanze comunali sul pubblico decoro: "I proprietari di cani sono tenuti a raccogliere gli escrementi dei loro animali lungo le strade, nei prati e in tutti gli spazi pubblici, firmato Il Sindaco. Dalla Residenza Municipale, lì 30 novembre 2008". Dove quel "lì" buttato prima della data, per inciso, è capace di generare tutta una serie di sottili distinguo nei cittadini più avvezzi a districarsi nell'astruso linguaggio burocratico: d'accordo che lì in municipio è il trenta di novembre, ma dalle mie parti che giorno sarà mai? Mica per niente: se per caso è il quindici del mese, ho ancora due settimane di moratoria prima che mi entri in vigore il provvedimento, e magari nel frattempo -visto che siamo praticamente a tiro di elezioni- lo ritirano, hai visto mai. Perché l'andazzo prevalente è quello di lasciar correre: eeeh, ma che sarà mai per un qualche ricordino, mi dicono gli amici al corrente della mia ben nota avversione nei confronti di chi lascia i rifiuti del suo animale per strada, non lo sai che pestare una merda porta fortuna? A nulla vale spiegargli che il concetto è nato quasi un secolo fa sulle trincee del Carso, dove la fanteria andava all'assalto correndo fra i campi minati predisposti dal nemico e dunque la presenza dell'evacuato stava a significare che se di lì era passato un animale senza saltare per aria, allora sotto non c'era una mina antiuomo, che in città l'unico serio pericolo alla incolumità personale è il rischio di infiammazione prostatica per chi si avventura in bici sull'acciottolato di corso Ercole d'Este, e che è veramente un peccato che i nonni di quelli che lasciano in bella vista gli escrementi dei loro quattrozampe non siano saltati a suo tempo su una delle famose mine, con tutto il rispetto. Fosse andata così, il tizio che l'altro giorno -pochi minuti prima dell'ineluttabile incontro con la suola della mia scarpa- ha lasciato un bel prodotto catabolico fresco e fragrante lungo la mezzeria di via Croce Bianca, non sarebbe mai nato. La zona, come ben sanno sia il colto che l'inclìto, è quella degli antichi fondachi medievali; e, a giudicare dall'odore, il rifiuto stazionava nell'intestino del suo emettitore proprio da quei tempi ormai lontani, che il Creatore, rimediando alla disattenzione di quasi cent'anni or sono, abbia in gloria con una certa sollecitudine il proprietario dell'incolpevole cane. Amen.