L'ombrello
20-04-2009 / A parer mio
di Andrea Poli
Dalle altre parti non so, ma a Ferrara per stabilire il grado di intensità di un temporale non è necessario ricorrere al servizio meteo dell'Aeronautica, o alle puntigliose e accuratissime statistiche dell'amico Aldo Bignami del consorzio di bonifica: è sufficiente contare gli ombrelli sbudellati dalla ventara ai bordi della strada, lasciati ad agonizzare nelle aiuole spartitraffico e lungo le piste ciclabili col loro bel cappello a fungo rovesciato come un calzino, le stecche spezzettate, la canetta in lamierino cromato attorcigliata come se fosse appena andata a farsi la messa in piega dalla parrucchiera, il manico tranciato di netto a testimoniare un estremo tentativo di resistenza dell'Uomo alle ineluttabili forze della Natura. Un'ombrella ogni mille metri significa vento sui venti chilometri orari; due ombrelli, vento ai cinquanta; dai tre ombrelli in su, fortunale di intensità crescente col numero di parapioggia sventrati. Qualcheduno fra i lettori forniti di minore dimestichezza con le sofisticatissime tecnologie che hanno fatto della meteorologia una scienza esatta potrebbe a questo punto obiettare che, visto che sei stato tanto scemo da girare l'ombrello in favore di vento, così che il garbino te l'ha straprilato tutto per bene, potresti almeno avere la compiacenza di depositarlo in un cassonetto del rusco invece di buttarlo dove capita. Tanto ormai bagnato sei bagnato, fai almeno la persona civile che sai bene che il nailon colorato dell'ombrello rifiorisce per degli anni in mezzo all'aiuola, specie quando gli operai del comune ci passano sopra col tagliaerba e lo spargono dappertutto a trecentosessanta gradi come il tarassaco, che quando sono due o tre piante fa anche una bella macchia di colore giallo nel verde, ma quando diventa troppo tende anche a romperti un tantinino le palle con tutti quei piumini che ti intasano le narici. E se proprio ti ripugna tumulare in un anomimo contenitore il fedele compagno di tante avventure, almeno infilatelo dove non si può dire su queste colonne, così te lo porti sempre dietro che non ti viene la crisi da abbandono e puoi girare sempre tutto bello impettito. Vorrei rassicurare questi maniacali perfezionisti: non è che la gente caccia gli ombrelli rotti dove capita capita per maleducazione, come potrebbe anche sembrare a una lettura superficiale del fenomeno. In realtà lo fa per tenere aggiornate in tempo reale le statistiche sul maltempo in città; in altre parole, si tratta di un felice contributo alla scienza. A nome della popolazione tutta: grazie, cittadini disombrellati.