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Neoilluminismo ferrarese

23-05-2006 / A parer mio

di Oscar Ghesini

Fra i molti paradossi del nostro tempo, uno mi appare particolarmente grave per le derive nichiliste, in parte già tangibili, a cui potrebbe condurre: la scollatura tra le organizzazioni che a qualsiasi livello, politico, economico, sociale, affermano di rappresentare qualcuno, ed il paese reale; il paradosso è dato dal fatto che in questi anni abbiamo assistito al proliferare di partiti, associazioni, comitati, circoli, la cui crescita numerica è stata inversamente proporzionale al buon sentire dell' uomo comune che, a ragione, si sente sempre meno tutelato e ormai in balia del cosiddetto sistema: lo scontento è palpabile, la sfiducia enorme.
Anche il cittadino ferrarese non sfugge a questo malessere: i quotidiani locali pullulano di lettere di protesta indirizzate alla nostra pubblica amministrazione, tacciata di disservizi e insensibilità, e ciò appare particolarmente grave per una città così modesta nelle proporzioni, in cui l'efficienza ed una capillare gestione delle reti di servizi dovrebbero poter essere garantite più agevolmente di quanto sia possibile in una grande metropoli. Così, Ferrara da tempo declina nelle classifiche nazionali su reddito e qualità della vita, e lentamente muore quasi senza reagire. Che fare?
Propongo che le forze politiche, economiche, sociali di questo territorio ribaltino la prassi che vuole i rappresentanti prendere decisioni per coloro che intendono rappresentare, e si dispongano ad eseguire la volontà dei cittadini. Chiedo che ai ferraresi sia data la possibilità di contare di più, con immediatezza e in modo concreto: invoco che a Ferrara si attui un laboratorio di partecipazione viva alla gestione della cosa pubblica, attraverso un esercizio di democrazia diretta senza eguali. Chiamo questa fase "neoilluminismo ferrarese".
Nell'età dei Lumi, il Settecento, il dibattito era aperto su tutte le questioni, e particolarmente su quelle riguardanti l'organizzazione sociale e la pubblica felicità, problemi che non erano più ritenuti di pertinenza di una ristretta oligarchia di corte, ma di una realtà più vasta che iniziava ad essere definita come "opinione pubblica": ci si occupava e si discuteva, in definitiva, di tutto ciò che riguardava l'uomo in generale, perché ci si sentiva parte di un processo in cui sembrava possibile dare nuovi fondamenti al vivere umano. Bene: chiedo che a Ferrara i cittadini siano chiamati a dire la loro sul tema: "la pubblica felicità nella nostra Ferrara: che fare?". Il progetto dovrà articolarsi in quattro fasi: nella prima, la provincia, il comune, le circoscrizioni, gli enti locali di ogni ordine e grandezza, le associazioni, i circoli, renderanno pubblici i loro bilanci e il budget di spesa per l'anno successivo. Nella seconda fase si innalzeranno padiglioni nelle principali vie e piazze della città, in cui gentili addetti raccoglieranno le proposte che ciascuno vorrà liberamente formulare in qualsiasi ambito: i giornali ne daranno conto, di giorno in giorno, rendendole di pubblico dominio e discussione. Nella terza fase i cittadini saranno chiamati a stilare una graduatoria delle priorità con cui realizzare le proposte presentate nella fase precedente. Nella quarta fase i pubblici amministratori eseguiranno i progetti che avranno ottenuto i maggiori consensi, in ordine di graduatoria, fino ad esaurimento dei budget. E l'anno dopo si ricomincerà.
Quando Rousseau propose in Francia l'esercizio della sovranità popolare, l'altezzoso Re Sole non cadde dal suo scranno, schizzando di pidocchi gli astanti, soltanto perché era già morto; ma un suo insensibile successore perse la testa, falciata dalla ghigliottina, ed alla fine Rousseau ebbe ragione. I rappresentanti ferraresi non si comportino come i re di Francia, per favore.