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L'aria che tira

07-06-2006 / A parer mio

di Giovanna De Simone

Sin da quando cominciai a muovere i primi passi a cavallo di una bicicletta, sì perché a Ferrara ci si muove solo in "bici", quel nome - UDI -, quella sigla a me allora incomprensibile, iniziai a respirarla insieme all'aria, come l'odore dolciastro dello zuccherificio che si spande d'estate durante la campagna saccarifera.
Sì, perché l'UDI è nell'aria a Ferrara, lo respiri anche senza accorgertene.
Arrivavo in centro e le donne mi distribuivano volantini, arrivava l'8 marzo e la mimosa migliore la vendevano solo i banchetti dell'UDI, arrivavo a scuola e c'era sempre qualche incontro o con Ansalda o con qualche operatrice del Centro Donne Giustizia.
Poi gli anni passavano e andavo all'università, passavo sempre in bici per il centro e le donne dell'UDI erano avvolte in bandiere della pace, andavo a fare ricerca per la tesi e certi documenti li potevo trovare solo nell'archivio storico dell'UDI, cercavo anche di impegnarmi nella mia crescita culturale e andavo alla mostra di Patti Smith che rientrava nel progetto Biennale Donna dell'UDI, andavo a teatro perché finalmente potevo incontrare Dacia Maraini, mia scrittrice preferita, e lì al teatro ritrovavo ancora Ansalda, Micaela, Sandra, Liviana, Albertina e tante altre, che per tutti quegli anni mi erano sfilate di fianco assieme i miei anni. L'incontro l'avevano organizzato loro.
In tutto quel tempo non mi ero mai interrogata sul senso, sul perché di questa associazione. Mah, retaggi di un vecchio femminismo che ancora si trascinano, pensavo. Ormai la parità l'abbiamo ottenuta da un pezzo, pensavo, è inutile che se ne continui a parlare.
Dalla mia avevo i banchi di prova della scuola, dell'università, del lavoro, dove le differenze tra i sessi mi sembravano dettate unicamente dal taglio di capelli.
Poi mi decisi a compiere quell'unico passo che detta la sostanziale differenza tra i sessi, e rimasi incinta. Nonostante avessi lavorato fino all'ottavo mese di gravidanza, mi tolsero gradualmente tutte le responsabilità, istruirono un uomo a prendere il mio posto e subito dopo la maternità ritennero necessario trasferirmi nella sede di Roma. Ovviamente, fui costretta a licenziarmi, e per la prima volta capii che i diritti all'eguaglianza erano caduti nel momento in cui avevo deciso di essere donna.
Era estate, e l'odore dello zuccherificio mi entrava nelle narici, e ripensai al perché di quel nome, di quella sigla - UDI - e decisi di andarci di persona.
Nelle stanze di via Terranova le donne mi salutarono come un ospite di lusso, mi offrirono un caffè e mi chiesero se potevo aiutarle: c'erano i progetti del sessantesimo dell'UDI, ma c'era anche da imbustare delle lettere, da tagliare i gambi della mimosa, da parlare in inglese con alcune ragazze nigeriane venute per il progetto "oltre la strada", c'erano milioni di telefonate da fare per la manifestazione a Milano, da organizzare un convegno sulla prostituzione, da firmare per il referendum in difesa della Costituzione, da scaricare, stampare e discutere i documenti dell'UDI nazionale arrivati in e-mail; c'era da...forse c'era da far sì che le donne e le madri e le mogli non dovessero più dipendere dal "portafoglio" di qualche uomo per potersi affermare.
Qui a Ferrara l'UDI è come l'aria dello zuccherificio d'estate, dolce, forte, presente sempre e in ogni luogo per sensibilizzare, promuovere e combattere per quel soggetto politico, sociale e culturale chiamato donna.