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Dieci gradini, Signor Sindaco: praticamente un abisso

13-06-2006 / A parer mio

di Oscar Ghesini

L'inglese John Locke, tra i padri "illuministi" fondatori del pensiero moderno, osservava due secoli addietro che il potere politico ha le sue radici nei diritti naturali - la vita, la libertà, la proprietà - che appartengono ad ogni uomo e sono inalienabili, e che quando il potere viola i diritti naturali diventa illegittimo, perché esso non ha altra funzione se non assicurare ai diritti naturali la necessaria tutela.
Lei mi scrive, egregio signor Sindaco: "Il governo locale definisce i propri progetti di massima e li discute (prima di approvarli) con le circoscrizioni e con i cittadini (associazioni e singoli) in decine di riunioni e piccole assemblee (compreso la centrale, l'inceneritore e il nuovo ospedale)".
Mi perdoni, caro Sindaco, ma nel ringraziarLa (sinceramente) delle sue garbate riflessioni, mi permetto di dire che proprio non l'ho osservata questa mobilitazione dell'amministrazione centrale nel discutere con i ferraresi temi di così evidente interesse collettivo come quelli da Lei enunciati: centrale, inceneritore, ospedale. Sono un cittadino che ha il torto di vivere entro una famiglia disinformata, inserita in un condominio di famiglie disinformate, ubicato in una strada di cittadini altrettanto disinformati? Non frequento associazioni né la circoscrizione, ma questo mi auguro non si voglia rimproverarmelo. È un fatto però che mentre anche alla vigilia dell'ultima tornata elettorale amministrativa la mia buchetta postale si è riempita di variopinti depliant con i volti di tanti candidati, Le garantisco che da allora le sole manifestazioni della mia appartenenza a questa comunità locale si sono materializzate, entro quella buchetta, nella cruda veste delle cartelle esattoriali.
Mi dica, signor Sindaco: a chi avrei dovuto riversare le mie perplessità su questi progetti? Da chi avrei dovuto anzitutto apprenderli, poi cercare di capire? E discuterne dopo averci riflettuto. Dai giornali? Dai vostri comunicati stampa ascoltati alla TV locale? O non, piuttosto, in una serie di incontri pubblici organizzati dall'amministrazione cittadina nel mio quartiere, a cui avrei avuto diritto di partecipare con un invito diretto e circostanziato (da trovare nella famosa buchetta postale) per il semplice fatto che pago le tasse?
Le dirò, ancora, che fino al mese di Giugno 2003 l'amica buchetta riceveva il vostro periodico "Piazza Municipale", di cui da allora non v'è stata più traccia (apprendo ora che è di nuovo in distribuzione: la cosa non può che farmi piacere). Le dirò, infine, che nella pubblicazione del Comune inviatami alla vigilia delle elezioni, "Ferrara 2004-Guida ai progetti di legislatura", sul polo ospedaliero nessuna spiegazione si forniva circa i biblici tempi di approntamento, mentre le parole "centrale", "turbogas", "inceneritore" non comparivano neppure. Cosa intendeva essere, quel gradito opuscolo? Un'agenda seriamente informativa dei programmi della Sua amministrazione, o uno di quei barbatrucchi che celano le cose spinose nelle pieghe delle righe illeggibili ai miopi?
Ecco, Signor Sindaco. Sono certo che entrambi vogliamo bene a questa nostra città, ed allora mi permetta di riferirLe l'amarezza dei tanti ferraresi come me che si sentono così poco considerati dall'amministrazione, nel loro status di cittadini, solo perché hanno scelto di vivere senza arruolarsi in schiere, associazioni, enti. A noi, chi pensa?
Continuo perciò a credere che fummo profetici ma disarmati osservatori, nel precedente intervento su questa rubrica, denunciando le storture dell'incomunicante separatezza dei politici ferraresi dalla cittadinanza, ed invocando un laboratorio di democrazia diretta, il ritorno della discussione nelle piazze, la necessità di un confronto più vivo tra l'Amministrazione e gli amministrati. La prova delle nostre ragioni è stata il materializzarsi di questa frattura lo scorso 29 maggio nella grottesca, pirandelliana rappresentazione del comizio scientifico di Beppe Grillo e dei ricercatori Montanari e Pallante proprio sul tema dei rischi della centrale Turbogas: quattromila cittadini (c'ero anch'io) erano assiepati nella rinascimentale piazzetta per informarsi, ascoltare le tesi allarmanti del terzetto, mentre Voi restavate asserragliati in seduta ordinaria nel Palazzo del Municipio bastanti, di fatto, a voi stessi. Appena una decina di gradini del quattrocentesco scalone d'onore del Benvenuti vi separavano dalla folla, eppure nessuno tra i consiglieri è sceso ad aprire il contraddittorio; le pare un segnale di fiducia nelle proprie ragioni il rifiuto del confronto? E crede che le cose sarebbero giunte a quel punto se prima di concedere le autorizzazioni per l'apertura dei cantieri l'amministrazione avesse seriamente assunto un atteggiamento dialettico, franco e preventivo con tutti i cittadini?
Cosa costituirebbe la messa in funzione della centrale per i ferraresi se non una palese violazione del loro diritto naturale alla salute (e qui torniamo a Locke), qualora alle criticità segnalate dalla commissione, su cui si incentrano le osservazioni dei comitati ambientalisti, non si fornissero risposte scientificamente soddisfacenti, cioè definitive ed inoppugnabili (e qualora, aggiungiamo, le affermazioni di Stefano Montanari sulla pericolosità delle nano-particelle risultassero scientificamente dimostrabili)? Perciò blocchi i lavori della Turbogas, signor Sindaco: nel nome di una legge di ragione che preesiste ad ogni norma scritta, e che può costituire quel primo, invocato passo verso il nuovo corso che auspicavamo nel rapporto tra amministratori e popolazione.
È un punto sul quale insisto: dalla mobilitazione cittadina per il "no" alla Turbogas ritengo che la classe politica ferrarese debba trarre coscienza della necessità di un radicale mutamento del modo di condurre l'azione di governo, facendola uscire dal chiuso delle segreterie dei partiti e dei palazzi di rappresentanza per restituirla al confronto con quei fori in cui nacque in epoca classica. Mettete al centro della vostra tutela i diritti del singolo, non le reti di sistema: abbiate il vostro criterio ispiratore nella consapevolezza che ogni organismo di rappresentanza, dunque anche quello comunale, deve considerarsi limitato, garantista e non assoluto, perché al centro sta l'individuo, che è il vero soggetto storico che preesiste ad ogni consesso e che quindi non si lascia assimilare da esso.
Da un tale fondamento discendono due vincoli, Signor Sindaco: la necessità, per chi esercita su delega la funzione del governo della cosa pubblica, della completa trasparenza degli atti amministrativi, e il dovere di un contatto più stretto e continuo con la popolazione, affinché nessuna deliberazione attinente la sfera dei diritti naturali e inalienabili delle persone (riecco che il pensiero corre a Locke) sia presa senza il loro diretto coinvolgimento; partecipazione che " specie al cospetto di decisioni così delicate come la messa in funzione della potente centrale o lo spostamento fuori sede del maggiore ospedale territoriale ", non può limitarsi alla sola mobilitazione della cittadinanza nelle tornate elettorali a scadenza di mandato.
Lei anche mi scrive: "Secondo me non c'è nessun metodo migliore di quello della democrazia delegata e partecipata". Partecipata, aggiungerei, quanto più possibile. E osserverei che la democrazia delegata, insomma rappresentativa, è solo una forma di necessità, un surrogato di quella diretta, che resta la massima espressione politica elaborata dall'uomo. Utopica fin che si vuole, la democrazia diretta nelle nostre società complesse, ma pur sempre quella a cui idealmente tendere in tutte le circostanze.
Allora le propongo anch'io un esercizio, caro (sinceramente) signor Sindaco. Per soddisfare il primo vincolo della nuovo corso politico ferrarese che Le chiedo di varare, quello della trasparenza, provi ad immaginare una situazione in cui tutti gli atti amministrativi siano discussi alla luce del sole, al cospetto il più ampio possibile della cittadinanza; riunioni del consiglio comunale nelle quali potrà essere data a chiunque possibilità di parola (più democraticamente che nella bulè ateniese dei Cinquecento), e si potranno incorporare nelle deliberazioni i suggerimenti graditi alla maggioranza degli astanti. Perché non utilizzare il Palazzetto dello Sport? O ipotizzare la costruzione di una tensiostruttura nella zona della Rivana, a tutt'oggi un'autentica area rompicapo per quei ferraresi abituati a pensare ad un rapporto razionale tra ambiente e spazi abitativi? Pensi, ancora, che in quest'area aperta ai cittadini si possano effettuare tutte le procedure di conferimento di incarichi e consulenze, le relazioni tecniche, l'assegnazione degli appalti con denaro pubblico, la lettura dei capitolati e le firme dei contraenti. Pensi ad una trasparenza amministrativa ulteriormente assicurata dalla trasmissione in diretta radiofonica e televisiva su emittenti locali delle sedute del Consiglio comunale, nonché dalla pubblicazione integrale dei verbali delle riunioni sui due quotidiani cittadini. Sa che tale pubblicazione era una prassi consolidata sul finire dell'Ottocento, quando i verbali venivano regolarmente pubblicati dalla Gazzetta Ferrarese, il più importante quotidiano locale dell'epoca?
Circa l'altro pilastro su cui dovrà reggersi il nuovo corso dell'azione politica ferrarese, il rapporto diretto e continuo con la cittadinanza: perché non organizzare confronti e dibattiti a cadenza frequentissima, attraverso periodiche assemblee pubbliche che, quartiere per quartiere e circoscrizione per circoscrizione, discutano con chiarezza obiettivi, risultati, prospettive, progetti di breve, medio e lungo percorso? Un vero tour de force, certo (ma non occorre ricordare che l'arte della politica muove dalla nobile vocazione di chi la pratica a mettersi al servizio del bene collettivo), che avrebbe però il fine virtuoso di assecondare un'incessante osmosi tra la volontà pubblica e i suoi organismi di rappresentanza, necessaria affinché tali gruppi operativi non divengano "altro" dal seme collettivo che li ha generati, e ricevano la massima legittimazione democratica delle loro azioni in ogni istante del mandato.
Provi infine ad immaginare, caro Sindaco, una classe politica ferrarese animata da tale spirito di servizio che, per andare esente dal sospetto di un interesse economico personalistico, accompagni al giuramento d'incarico la rinuncia a qualsiasi indennità e l'accettazione di una retribuzione non superiore al migliaio di euro mensili: quanto guadagna un medio salariato e ben di più di tanti pensionati (risulterebbe anche più facile, accettando il basso stipendio, ascoltare le loro voci). Insomma, provi a pensare eticamente in grande, pur agendo entro una piccola città.
Lei ha certo ragione quando afferma che governare Ferrara è complicato, che i ferraresi si dividono su tutto. Ma non per questo devono mancare loro le opportunità di un più franco coinvolgimento sui grandi temi inerenti lo sviluppo del territorio. Se adesso ha compitato bene l'esercizio che le ho proposto, avrà anche ragione nel pensare che nella calviniana "città invisibile" che Le ho chiesto di immaginare la governabilità non sarebbe facilitata. Però ai cittadini sarebbero garantiti più strumenti partecipativi. Ed assicurata la gradevole sensazione che la politica sia realmente al loro servizio. Cosa vuole che le dica: a me in quella suggestiva "democratilandia" piacerebbe vivere.