Piano traffico e buon governo
10-07-2006 / A parer mio
di Oscar Ghesini
Nella sua recente pubblicazione intitolata Potere e Antipotere (Fazi editore, 2006), presentata al cospetto dell'autore dall'associazione culturale cittadina Il pane e le rose, Achille Occhetto, riflettendo sugli obiettivi della politica, ritiene che un buon governo debba agire "illuminato, disinteressato, altruista, al servizio soltanto del bene comune". Analizzando la situazione politica del nostro paese, investigandone le trame, lo statista dichiara che "In Italia la politica si è rotta, è profondamente malata", perché "si ripropone in tutta la sua drammaticità la differenza tra potere autoreferenziale e potere come servizio"; egli giudica irrinunciabile una riforma della politica "che non si esaurisca nella politica stessa. E che molto probabilmente dovrà prendere le mosse dal di fuori della politica, nel senso e nella direzione di un'ampia rivoluzione culturale che coinvolga la società che pensa e che lavora".
Le considerazioni del promotore della svolta della Bolognina, epigono di una solida razza politica che a me pare in via d'estinzione, coincidono con alcune osservazioni che avanzammo da queste colonne in precedenti interventi. Un'identità di vedute che mi ha fatto piacere constatare, e che mi incoraggiano a sviluppare qualche ulteriore riflessione generale sull'argomento del 'buon governo', per cercare poi di calarla costruttivamente nella nostra realtà territoriale.
Cosa significa "mettersi al servizio del bene comune?" Una risposta molto convincente mi pare quella che si è data, ponendosi la stessa domanda, Luciano Violante (in Le due libertà, Editori Laterza, 2000), per il quale il buon governo deve porsi l'obiettivo della tutela di due tipologie di libertà per i cittadini: la libertà di agire e la libertà dal bisogno; Violante definisce la libertà di agire come "la libertà di muoversi, pensare, scrivere, riunirsi, costruire, comprare, vendere, scegliere". La libertà dal bisogno è invece "la libertà da vincoli economici, fisici, culturali che impediscono ai singoli la piena realizzazione di se stessi e dei loro progetti di vita". La prima forma di libertà, continua Violante, è figlia del pensiero liberale; la libertà dal bisogno (che si manifesta nel diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, senza discriminazioni di tipo etnico, sessuale, di censo ecc.) è frutto invece del pensiero socialista: entrambe sono ormai tutelate nelle Costituzioni dei paesi occidentali. Analizzando questo secondo tipo di libertà, Violante rileva però che lo sviluppo economico degli ultimi cinquant'anni ha aperto la strada a nuovi bisogni di libertà un tempo impensabili, che riguardano, per esempio, "la qualità della vita, la tutela dell'ambiente, il diritto a disporre di cibi fatti con sostanze non manipolate geneticamente".
Chiediamoci ora, da semplici cittadini ed abbandonando il pensiero di Violante: come dovrebbe agire un "buon governo" per cercare di tutelare questa tipologia di bisogni?
È evidente che queste nuove 'libertà dal bisogno' prendono corpo da una società di fine millennio e post-industriale ormai diversa da quella tardo ottocentesca e primo novecentesca in cui nacque il sistema partitico: più attenta, acculturata, socialmente complessa, ma anche - proprio per questo - più ricca di aspettative, la moderna società occidentale appare più 'orizzontale' e meno gerarchizzata: essa dispiega sul territorio miriadi di centri sensibili: associazioni, comitati, reti trasversali; figlia di un nuovo tempo, si aspetta - gran paradosso - molto di più dal suo "buon governo"; che invece, frutto del sistema partitico, appare in difficoltà nel dare rappresentanza e voce a tale complessità.
Si tratta allora, per dirla ancora con Occhetto, di "ripensare la democrazia": iniziando coraggiosamente col riconoscere, scrive ancora l'ex leader della svolta, che "la democrazia rappresentativa, nei suoi vari modelli, è qualcosa di rudimentale, di tutt'altro che perfetto, poiché non sempre garantisce l'effettivo dispiegarsi delle libertà reali".
Pare anche a me, francamente, che ogni "buon governo" debba oggi acquisire un'altissima sensibilità operativa, per mettersi al passo con la sete di equilibrio, equità, giustizia e rispetto per sé che sale dalla società civile come naturale complemento della libertà dai bisogni. Come potrà farlo? Dando vita a strategie di intervento nuove, aprendo canali di ascolto diversificati sul territorio, varando strumenti partecipativi duttili; con una visione olistica dei problemi, ampia e generalizzata, che prima di dettare le regole ne intraveda, affronti e riequilibri le conseguenze, coinvolgendo tutti gli attori in gioco attraverso tavoli di confronto aperti e flessibili. Questo approccio globale nell'affrontare i grandi temi deve essere richiesto ad ogni "buon governo", dunque, naturalmente, anche alle amministrazioni locali.
Hanno avuto ampia eco in questi giorni, per scendere nel pragmatico e venire ad un tema che coinvolge da vicino i ferraresi, le anticipazioni delle modalità di attuazione del piano traffico per combattere l'inquinamento atmosferico nel prossimo autunno-inverno: se andrà in porto il quinto accordo per la qualità dell'aria che la regione Emilia-Romagna e gli enti locali dovrebbero firmare a fine luglio, a Ferrara, come lo scorso anno, la circolazione tornerà ad essere regolamentata in base al tipo di auto posseduta; ed una novità dovrebbe essere l'estensione dei provvedimenti anche ai maggiori centri della Provincia. Insomma circoleranno meno auto: come naturale, perché l'obiettivo del piano traffico è la riduzione delle PM10. Siano dette per inciso, allora, due cose: la prima, è che tutto questo si può accettare volentieri: se la conseguenza dell'impiego sconsiderato dell'automobile sarà trasmettere ai nostri figli ed alle generazioni future un mondo inquinato, irrespirabile, desertificato, chi se ne importa di andare di più a piedi? Riscopriremo volentieri il gusto delle gite in biciclette fuori porta e dei picnic tra i campi. La seconda, è che il nuovo accordo regionale sulla qualità dell'aria è certamente molto complesso, e prevede interventi integrati nel campo dell'edilizia, degli impianti termini, contributi regionali ai Comuni che vi aderiranno ed agli automobilisti che decideranno di convertire il motore della propria auto a gpl o metano. Ma il dato sostanziale è che con il piano traffico circoleranno sempre meno auto. E che questo piano, avviato alla chetichella anni addietro con iniziative affidate alle buone volontà delle singole amministrazioni, sta ora diventando (anche per i vincoli Comunitari) reiterato e sistemico; allora, francamente, stupisce che nessun "buon governo" ponga ancora il tema della necessità di una riduzione dei costi delle polizze assicurative automobilistiche: come elemento non di penalizzazione nei confronti delle assicurazioni, sia chiaro, ma di equità e giustizia verso gli automobilisti: perché meno auto in circolazione significano meno incidenti, e meno incidenti significano minori esborsi per le assicurazioni; che, dunque, possono permettersi un abbassamento delle tariffe senza diminuire i loro ricavi.
Ora, a me pare che un "buon governo" che voglia affrontare le questioni in un'ottica olistica, e mettersi al servizio del "bene comune", in un caso come questo del piano traffico (non ignorando, peraltro, che il costo delle RC auto costituisce una fonte di spesa elevata per le famiglie) non possa accontentarsi di mettere l'automobilista in balia di tabelle di marcia regolamentate, ma debba invece sensibilizzare le associazioni di categoria delle assicurazioni, anche attraverso l'apertura di tavoli di confronto, alla riduzione delle polizze. L'obiezione che questa concertazione non sarebbe materia per il "buon governo", perché gli automobilisti sono liberi di assicurarsi con la compagnia che attua i prezzi più convenienti, regge solo per chi ritiene che la politica debba squalificare se stessa: poiché il suo compito è intervenire proprio quando è in ballo l'interesse generale dei cittadini. Puntare, in forme e modalità evidentemente tutte da studiare, ad una riduzione dei costi delle polizze assicurative automobilistiche laddove entri in vigore il piano traffico, significa introdurre un principio di equità, in via teorica, che soddisfa le nuove sensibilità della società moderna, in sintonia con il processo di liberazione dai bisogni di cui poc'anzi si parlava; e, in sede pratica, mettere nelle tasche delle famiglie più denaro, con enormi vantaggi per l'economia dell'intero territorio. Ecco perché mi auguro che Comune, Provincia, Regione, d'intesa tra loro, imboccando quella "rinnovata concezione della vita politica organizzata" auspicata da Achille Occhetto, sappiano dare vita, in tema di piano traffico, ad un'azione di "buon governo" al servizio dei cittadini di cui tanto si avverte il bisogno.