Comune di Ferrara

domenica, 04 maggio 2025.

Dove sei: Homepage > Lista notizie > Il ruolo del Maestro nel nuovo libro di Carlo Pancera

Il ruolo del Maestro nel nuovo libro di Carlo Pancera

13-12-2006 / A parer mio

di Claudio Cazzola

Carlo Pancera, La paideia greca. Dalla cultura arcaica ai dialoghi socratici, introduzione di Mario Manno,Unicopli, Milano, 2006, pp. 1-256

Lo straniero è stato sbarcato ed abbandonato nel sonno su una riva sconosciuta. Occorre l'intervento della dea ex machina Atena per rimettere in moto la sua intelligenza, armandola di cautela e di inganni, come sempre. Questa volta, addirittura, viene brutalizzato, nella forma fisica, dalla bacchetta della dea, che lo trasforma in un essere basso, volgare, cencioso, repellente - insomma, un 'pitocco'. Accompagnato quindi dal guardiano di porci Eumeo, lo sconosciuto mendicante arranca appoggiandosi ad un bastone fino al palazzo di Odisseo, davanti al quale si nota, in disparte, una enorme montagna di letame di muli e buoi, e, in cima, un cane. Sembra morto, questo animale, sfinito dalle zecche e dalla trascuratezza degli uomini: all'imprevisto avvicinarsi dei due, invece, rizza muso e orecchie e, pur non potendo più alzarsi sulle zampe, manifesta un segno chiaro, quello di aver compiuto una operazione magistrale. Siamo nel libro diciassettesimo dell'Odissea, al cui verso 301 si legge la forma verbale enòese, terza persona singolare indicativo aoristo (per noi passato remoto) del verbo noèo: il cane avvertì col naso la presenza dell'odore di chi gli dava da mangiare, una sensazione che non ha mai dimenticato, perchè, strettamente unita ad una situazione intellettuale, non resta pura sensazione materiale transitoria. Questo episodio peraltro famoso del poema omerico mi si è rappresentato ancor più lucidamente organizzato alla lettura della pagina 48 del volume di Pancera, dove egli scrive:
Chirone è un portentoso incrocio fra un uomo e un cavallo. Quelli di Chirone sono gli insegnamenti che si traggono dall'esperienza, dalla pratica, e che fanno leva sull'istintualità, sull'animalità, sul rapporto immediato con l'ambiente naturale, sul noèin (= "accorgersi", "capire"), la conoscenza sensibile che ci permette di cogliere all'istante una situazione, di "subodorare" qualcosa, di sentire "a fior di pelle" (non a caso Chirone fu padre di una profetessa), che sta a premessa e fondamento del pensiero e del logos stesso [note escluse].
Ecco, un tipo di insegnamento analogo è fornito dal personaggio di Argo, la cui esperienza si presenta talmente completa da portare il medesimo alla felicità suprema, raggiungibile solo in morte e mediante questa. Dal mondo omerico allora parte l'indagine di Carlo Pancera alla ricerca della trama concettuale sulla quale si innerva la nozione di paideia, cioè di modello educativo: ecco quindi, oltre a Chirone, che si situa ancora a metà strada fra animale e uomo, Fenice, secondo pedagogo di Achille ben presente nell'Iliade, personaggio che unisce nella sua azione educatrice forza di azione e abilità di persuasione nel parlare. Passando all'Odissea spicca la figura di Mèntore, hetàiros di Odisseo - membro cioè del gruppo maschile detto hetairìa, ove si vive in una condivisione totale di aspirazioni e di ideali di vita: il suo ruolo di affidatario di Telemaco è talmente potente che la dea Atena assume proprio le sembianze di costui per spingere Telemaco ad uscire dallo stato di minorità, partendo per il viaggio di ricerca di notizie sulla morte del padre. Il nome di questo personaggio - al pari, per esempio, di quello di Mecenate - costituisce un vero e proprio modello mentale di classificazione del comportamento umano, visto che, per, esempio, il capitolo secondo del volume reca come titolo Socrate considerato in quanto mèntore: come Atena, anche Socrate gioca un ruolo che va ben al di là del semplice insegnante di qualche abilità, rivestendo viceversa il ruolo di Maestro con l'iniziale maiuscola (p. 59):
Poichè il Maestro, in quanto formatore, educatore, dovrebbe essere qualcosa di più (v. il latino magis), è qualcuno cui l' "altro" potrà fare sempre riferimento, è cioè colui che sa mettere a frutto una capacità straordinaria dell'allievo, che da sola non sarebbe emersa, e per la cui valorizzazione non sarebbe bastata la personalità del soggetto. Per portare a perfezionamento le proprie qualità in effetti serve una guida esperta, un maestro il quale riesca a cogliere quel che l'allievo ha dentro, aiutandolo a fare ciò che da solo non riuscirebbe, e conducendolo a perfezionamento (v. i due grandi filoni della storia della pedagogia: dal verbo latino éduco, educàre, derivato da édere, "alimentare", oppure dal verbo latino edùco, edùcere, derivato da ex-dùcere, "trarre fuori").
Impostato in tal modo l'itinerario di indagine, l'Autore sceglie la parte iniziale di alcuni dialoghi platonici, ricordando opportunamente quanto teatro vi sia nella fabbricazione stessa del testo da parte di Platone, in quanto ad ambientazione, presentazione dei personaggi, filtro dialogico-orale attraverso cui passa regolarmente il contenuto filosofico stesso - per mantenere viva la memoria del metodo socratico, fondato sul domandare a viva voce, e sul proseguire domandando in base alla risposta, sempre orale, dell'interlocutore. Dal Carmide al Gorgia, dal Fedro al Protagora attraverso l'Ipparco, dall'Alcibiade maggiore al Critone siamo accompagnati, mediante uno stile di scrittura sempre vivo e chiaro, libero da pretesti accademici, in un piacevole viaggio attraverso veri e propri piccoli spettacoli messi in scena da Socrate, il cui essere sempre in piazza ha dato anche spunto per le rappresentazioni satiriche del commediografo Aristofane suo contemporaneo. Carlo Pancera insiste, e giustamente, sul nesso inscindibile fra bravura tecnica e retaggio morale, qualità indispensabile per il Maestro, come per esempio a p. 79:
Mètis non è areté, la furbizia non è una vera qualità, un pregio; l'astuzia non è la sola nè la più piena, nè la fondamentale forma d'intelligenza delle cose, e nemmeno può essere fonte di virtù. L'astuto non è necessariamente virtuoso; nemmeno l'omerico eroe Odisseo può più essere il modello esemplare da proporre e su cui fondare un'etica per la civiltà della polis. Tale a Socrate appare essere anche l'abile oratore. Perciò si introduce come centrale a suo parere la problematica della coscienza morale quale fondamento del comportamento e delle scelte di vita e il dialogo [il Gorgia, n.d.r.] infatti è stato sempre una delle letture consigliate dagli studiosi della letteratura morale.
Proprio questo richiamo alla istanza etica sottesa intrinsecamente ad ogni insegnamento costituisce il motivo autentico, insieme ad altri ovviamente, per cui quest'opera di Carlo Pancera ha tutte le qualità per diventare non tanto e non solo un libro di testo (e sappiamo purtroppo quale sia in genere la fine di tali volumi), quanto soprattutto un libro dei testi, quale guida alla rilettura di Omero e di Platone da parte di una comunità formata da studenti e insegnante/i: preziose in questa prospettiva si rivelano le "schede di approfondimento" che occupano la seconda parte del volume (pp. 187-246), approntate in una dimensione didattica percorribilissima perchè chiara su argomenti nodali della cultura classica, tipo Oralità e scrittura oppure Appunti sul percorso di iniziazione - tutto e sempre rigorosamente confrontato con nutrita bibliografia citata nelle note. Tra le tante scene teatrali ricordate da Pancera scelgo quella iniziale del dialogo Alcibiade maggiore, allorchè Socrate riesce a demolire la spocchia del giovane rampollo pieno di sè e presuntuoso, dicendogli che lui lo conosce bene, perchè lo ha studiato a lungo e da lontano (p. 159):
Tale è lo sfondo di questa scena. Tali sono le dinamiche interne della paideia socratica: la presunzione del riottoso giovane via via lascerà il posto alla insoddisfazione. Questi i due poli: il rifiuto del bisogno di guida e il bisogno di misurarsi con un allievo. L'inquietudine di Socrate, la sua ricerca continua di sapere, mettendosi alla prova in contesti relazionali impegnativi, è un elemento che rimarrà nella cultura occidentale. Magistralmente affrontato il tema in S. Agostino, che sviluppò questa tesi: la differenza fra uomo e animale è l'inquietudine. L'animale ha bisogni limitati, l'uomo è alla continua ricerca di qualcosa. Ciò è l'origine della storia. C'è qualcosa da raccontare. L'insoddisfazione dello stato presente è il primo motore della ricerca.
Un libro come questo fa bene a chi legge, e fa del bene alla scuola, che di libri simili ha tanto bisogno.