Per Arch'è
20-06-2007 / A parer mio
di Claudio Cazzola
«Le mura di Ferrara appartengono al centro storico della città, anzi, entro un certo limite, sono il centro della città medesima. Esse non stanno più, come all'epoca di quando io ero ragazzo, quando andare sulle mura rappresentava una specie di avventura, all'estrema periferia dell'abitato. Oggi le cose stanno diversamente. Le mura, ripeto, fanno parte del centro storico di una città immensa che, in qualche modo, arriva ormai fino al mare (lo ha affermato Bruno Zevi, ed io sono d'accordissimo con lui)».
Queste parole di Giorgio Bassani, parte integrante di un intervento pronunciato proprio qui a Ferrara nel marzo del 1979 nel corso di un incontro-dibattito sul progetto di restauro delle Mura (le puoi leggere a p. 223 del volume intitolato Italia da salvare, Einaudi, Torino, 2005), costituiscono a buon diritto il viatico indispensabile per chi, come la neonata associazione «Arch'è», si mette or ora in viaggio, muovendo i primi passi.
Non vi è punto di partenza più adatto, più benaugurante, più ferrarese di una rivisitazione del percorso delle Mura cittadine.
Luogo mitico per eccellenza è quello che segnala, nel medesimo tempo, e divisione e unione, e separazione e unità, e scontro ed alleanza, in un incessante gioco di rimandi reciproci mai esaustivo. La costruzione verticale, pensata dalla ragione in vista della realizzazione di un progetto ben chiaro, che interrompe il continuum naturale ha significato, per tanti secoli, chiusura netta ed irriducibile verso l'esterno: al di qua ci sono gli amici, le persone note, le vie ed i palazzi luminosi che assicurano credibilità all'esistenza quotidiana all'interno della gerarchia, da rispettarsi sempre e comunque, che viene marcata indiscutibilmente dal tracciato urbano; al di là il buio, l'incerto, la paura dell'imboscata e del tranello, la malafede del nemico che si cela dietro una maschera sorridente, il rimbombo lontano ma minaccioso del fragore delle armi, e il tonfo cadenzato dei remi di galee che avanzano sul Po - e allora all'armi!, parole d'ordine, comandi affrettati e celeri ubbidienze, per la salvezza della città e dei suoi abitanti.
Se ancora tale è in gran parte la maniera di concepire il manufatto antico, è pur vero che risulta affascinante rovesciare codesto punto di vista, così come ci suggerisce il poeta Bassani - «poeta» nello stretto significato etimologico del termine di matrice greca, cioè «colui che fa», «colui che costruisce, con la parola, un cosmo»: le Mura dunque non più avvertite come limite fra due mondi inconciliabili, bensì come centro del sistema urbanistico di Ferrara.
Collocarsi sulle Mura allora vuol dire, per chi sa leggere, assumere un angolo visuale particolarissimo, perché, se è vero che esse sono il centro ombelicale del tessuto organizzativo della realtà civica e naturale insieme, risulta altresì incontrovertibile che tutti, diciamo tutti, i punti collocati sulla circonferenza, essendo in pari modo equidistanti, rivendicano eguale dignità. Ne deriva di necessità l'adozione di un modo diverso di vedere la città estense, non solo, ma anche di giudicarla: invece di fabbricare alla lavagna l'ennesima lista delle cose buone e, tirata una riga verticale, quella contrapposta delle cose cattive (operazione del resto storicamente fondata e ben nota ai cittadini consapevoli), è venuto il tempo della condivisione responsabile delle scelte, urbanistiche e non, nel vivere quotidiano.
Qui «Arch'è» intende collocarsi, forte dell'immenso futuro che possiede dietro le spalle.
Al poeta Giorgio Bassani un umile, memore omaggio ferrarese:
entro le Mura cittadine
Il ciliegio giapponese, antico ma ancora attaccato
tenace alla vita, con i suoi colori
sempre nuovi, gli affreschi oltre la grata immersi
nel silenzio
di Sant'Antonio in Polesine;
via Scandiana tutto un cantiere, ma è domenica
e puoi passare accanto al duca Borso, sempre soddisfatto
nel suo astuto sorriso; senso di marcia invertito in via
Madama, ma non importa, la bicicletta
è regina della strada: e così ti godi i Gesuati
con la lapide dello straniero illustre e, in via Savonarola,
ti vengono incontro i ricordi
di Renata di Francia, di Casa Romei, ed Ercole
di Tito Strozzi all'angolo pugnalato;
e vai, tagliata la Giovecca affatto deserta, in fondo a via
Montebello l'ingresso
severamente sbarrato
del cimitero ebraico, la pace, solitaria e sdegnosa,
di Giorgio Bassani; e via
ancora, fra campagna ed orti profumati,
fino alle mura, là dove costeggiano la Certosa - risorta a nuova luce la Chiesa
di San Cristoforo, pensiero geniale di Biagio Rossetti; e là,
sul davanti, là fuori, l'antica via
degli Angeli - tombe degli Este lì un tempo - sui cui sassi
rotolò il rumore della carrozza
di Cesare in fuga, il bastardo illustre, dalle truppe del Papa
incalzato; 'casa del boia' la chiama la voce popolare,
quella dimora estrema, incerta se essere minacciosa
ancora, o amica dei cani piuttosto, che lì intorno
segnano, imperterriti e quotidiani,
i loro confini; quattro sculture, come le stagioni, ci dicono
che c'è, anche a Ferrara, una facoltà di architettura, là nella prigione
che già fu dei matti, in via della Ghiara - resistono, robuste, le inferriate
di ferro, tacito trionfo della ruggine secolare.
Ma guarda, senza volerlo, sei tornato
al monastero di partenza: ove Cristo sta
su una scala, che scende
dalla croce, o vi sta
salendo.
Decidilo tu.
* testo dedicato alla costituzione, avvenuta lunedì 7 maggio 2007, di «ARCH'è. Associazione Culturale Nereo Alfieri», della quale chi scrive si onora di essere nel novero dei Soci Fondatori.