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Ascoltare l'Odissea: Menelao

16-01-2008 / A parer mio

di Claudio Cazzola

Letture commentate in tre tempi
Primo Tempo: Odissee nell'Odissea


Secondo appuntamento nell'ambito delle letture del poema omerico presso il Liceo classico statale «L. Ariosto» di Ferrara: l'argomento in esame è costituito dall'arrivo di Telemaco, alle prese con il proprio viaggio di iniziazione all'età adulta, a Sparta, ove giunge accompagnato da uno dei figli di Nestore re di Pilo. È proprio il vecchio compagno di guerra di Odisseo a consigliare caldamente al giovane di interrogare Menelao: il perché nelle righe che seguono.

Menelao. 11 dicembre 2007

Telemaco allora si può considerare un senza arte né parte: senza padre, con una madre priva di autorità, senza la figura di un reggente, cresciuto nello spazio chiuso del gineceo garantito dalla nutrice Euriclea; un ragazzo minorenne dunque, per il quale è giunto il momento di affrontare la prova di trasferimento nel mondo degli adulti. Si realizza di conseguenza nel testo della Telemachia un vero e proprio rito di passaggio su istigazione della dea Atena, la dea dell'intelligenza razionale che valuta ogni cosa e pondera sulle conseguenze di ogni mossa [a proposito: il termine greco per tutto questo è metis - se lo separiamo in due sillabe diventa me (equivalente a u di cui sopra) + il ben noto tis - ma guarda caso!]. Non per nulla la metamorfosi adottata dalla dea come persona accompagnatrice del viaggio di conoscenza è la figura di Mentore, il compagno di eterìa cui Odisseo affida, sul punto di partire per la guerra di Troia, il figlio appena nato. Ed il viaggio, ovviamente per mare, dopo aver previsto la tappa di Pilo presso il vecchissimo sì ma vivo e vegeto Nestore, perviene a Sparta, luogo di residenza della coppia divina, sempre giovane, splendida e sfolgorante: Elena e Menelao. Tutto questo significa subito Egitto, il paese dei morti, dove si può apprendere il segreto dell'immortalità insieme con altri espedienti per sopravvivere - Menelao dal dio marino Proteo la mappa del suo nostos (il ritorno), Elena da Polidamna, moglie di Tone egizio, la ricetta del «nepente», il farmaco che unito al vino costituisce l'antidoto ad ogni dolore. Ma soprattutto nella casa della figlia e del genero di Zeus Telemaco - e, con lui, l'uditorio - viene a conoscere due accadimenti relativi alla guerra di Troia non presenti nell'Iliade, e da una voce diversa ciascuno. Infatti (libro quarto, vv. 235-264) il canto di Elena ci conduce all'ascolto dell'impresa notturna di Odisseo, quella compiuta da solo: egli, dopo essersi degradato a "pitocco", passa sotto - letteralmente - le mura invalicabili della città, sfuggendo ad ognuno, ma non ad Elena, la quale ben conosce, e sa riconoscere (il verbo dell'agnizione) il suo antico primo pretendente, che infatti a lei, ed a lei sola, è costretto a svelarsi; successivamente tocca a Menelao, al quale si deve il racconto del cavallo, ma non dell'intero episodio quale possiamo ritrovare nell'Eneide virgiliana, bensì del punto di vista, speciale e segretissimo, degli eroi nascosti dentro la cava insidia, provocati fino allo spasimo dalle molti voci di Elena, capace di imitare - mentre tasta a mo' di levatrice con le mani il ventre gravido dell'animale - il tono verbale delle donne, di tutte le donne degli Achei. Ed è allora che l'eroe Anticlo non ce la fa a tacere, sta per tradire la comunità, e viene di conseguenza sacrificato, mediante soffocamento, dalle inesorabili mani dell'ideatore della trappola sublime. Ma lo scopo principale del viaggio, apprendere cioè notizie sicure sul padre per potergli erigere un tumulo e succedergli al trono, secondo la parola di Atena-Mente, non viene raggiunto: Telemaco torna in patria frustrato come era partito, in quanto la Telemachia gode di un respiro troppo breve per costituire un poema compiuto. Essa risulta essere nelle abili mani dei redattori del testo definitivo un pretesto narrativo, tale da mettere in moto il racconto dell'avvicinarsi di colui che è assente, argomento affidato all'incontro seguente.