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Altri tempi, altri mondi...

26-07-2006 / A parer mio

di Carlo Pancera

Cantava Fabrizio De André: "Re Carlo tornava dalla guerra, lo accoglie la sua terra cingendolo d'allòr (ta-taratà, taratà)", e tutti andavano ad applaudirlo durante il percorso. Ve lo immaginereste oggi ? Scenario improbabile. Mi viene in mente Lucien Febvre che riferiva di un episodio, ricostruito durante le sue ricerche d'archivio (che riguardava per la precisione non re Carlo ma Francesco I re di Francia tra il 1515 e 1547), in cui appunto il re stava tornando da una guerra, e prima di giungere a palazzo, si ferma dalla sua bella e vi passa la notte. Ma poi, sgaiattolando fuori dall'alcova (ecco due parole ora in disuso) al mattino presto, per rientrare per tempo al centro del potere dove lo attendevano ansiosamente, si ritrovò a passare dinnanzi ad una chiesetta di campagna proprio mentre suonavano le campane e, commosso, si fermò in devoto raccoglimento. Quindi spronò il destriero -altra parola in disuso- e si precipitò a palazzo. E poi, si suppone, rientrerà anche nella sua dimensione domestica e familiare, dove ad attenderlo potrebbe esserci pure la sorella, Margherita di Navarra, autrice di un Heptamerone, una raccolta di novelle licenziose, e dello "Specchio di un'anima peccatrice", una raccolta di poesie di religiosa contrizione...
Ma ve lo immaginate nei nostri tempi? Ora questa sequenza, percorsa con la più candida naturalezza non sarebbe facilmente accettabile, nè immaginabile. Dopo la svolta cartesiana che ancora impronta la cultura occidentale, questa scenetta del racconto di Febvre, sarebbe difficilmente proponibile se non nell'ambito della fiction per fare spettacolo. E poi abbiamo alle spalle un paio di secoli di moralismo bigotto e intransigente, almeno dall'epoca della restaurazione del 1815 in avanti.
Oppure no? e se invece ora in questa nostra fase di crisi morale, quel lontano modo di vivere la vita, addirittura precartesiano, e pre-tridentino, potesse essere di nuovo concepibile? Forse, sgretolatasi per implosione l'epoca degli ideologismi, forse potremmo figurarci un passare con nonchalance in modo piuttosto naif da un comportamento all'altro, da un impersonare figure appartenenti a ruoli così differenti? il guerriero combattente che stermina i nemici, il valoroso ammirato come eroe, il "romantico" che prima che dalla moglie, corre subito dall'amata, il devoto che si raccoglie in preghiera, il politico che presiede le riunioni, il buon capofamiglia esemplare...(che non si scorda della sua la creativa sorella scrittrice che lui tanto apprezza per i suoi bei libri)... E tutti questi passaggi li compie senza vergogne, senza concepire pentimento, senza essere criticato dall' opinione popolare o esposto a pubblico ludibrio (parola fortunatamente in disuso) dai severi e arcigni censori del momento. Insomma senza vedervi alcuna incoerenza, considerando che siano piani non intersecantesi, che nulla hanno a che vedere l'uno con l'altro, oppure che hanno si a che fare tra loro, ma non come potremmo credere noi.
Si potrebbe oggi ripensare a uno scenario simile, in cui praticare con lo stesso sincero trasporto l'amor sacro e l'amor profano (espressioni pure queste andate in disuso, tranne che in un'altra famosa canzone di De André)? Non credo, mi pare che qui si tocchi palpabilmente quanto tempo ci separa da allora, e che la storia è cambiamento. Possiamo oggi concepire questi comportamenti come non necessariamente reciprocamente escludentesi, non intimamente contradditori ? difficilmente forse. L'età del cosiddetto rinascimento è per molti versi lontanissima.
Dove voglio arrivare? non certo a riproporre un buon guerriero cristiano che fa giustizia degli infedeli fanatici sterminandoli con tutta serenità...nè voglio fare l'apologia della bigamia o poligamia (o viceversa della poliandria)...vorrei solo capire se questa fase di crisi di valori, di cui tanto si parla come di una fase forse di transizione, potrà mai sfociare in una aurora di un rinnovamento delle mentalità diffuse in campo etico, e in che direzione. Oggi mi pare che un apparente rinnovamento sia dato da un dilagante consumismo e egocentrismo da un lato, e da un sempre più forte influsso di mentalità di provenienza nordamericana che stanno condizionando i nostri comportamenti e i nostri riferimenti culturali. A questo, di fatto, si riduce la nuova grande complessità multiforme, almeno in questi àmbiti (ma già così non è comunque cosa da poco per le discontinuità e le contraddizioni che produce...).
Precisato che ritengo che ogni adulto maggiorenne e che sia a posto col pagamento delle tasse, possa comportarsi nei rapporti con il suo prossimo e nell'ambito dell'espressione dei suoi sentimenti "privati" come gli pare, a patto che non rechi danno ad altri e trovi chi con lui condivida certe scelte e liberamente vi si associ. E precisato che ritengo che oggi nessuna autorità possa ergersi a censore e direttore della generalità della popolazione specialmente per quanto concerne la sfera del "privato". Volevo qui solo far notare che le mentalità cambiano, si trasformano incessantemente, e che anche nel nostro passato collettivo abita la diversità, non c'è bisogno di contrapporsi a diversità esterne, ricordiamoci che essa abita dentro di noi. La storia è storia delle diversità che si susseguono e si intrecciano combinandosi continuamente e variamente. Possiamo misurare la distanza tra noi e i nostri progenitori e avi, proprio da questi cambiamenti e discontinuità che sono avvenuti nella continuità di quel minimo comune denominatore che si chiama civiltà occidentale.
Ma oggi mi pare che persista con tenace vischiosità e forza di permanenza una abitudine a giudicare cartesianamente, a classificare, ad incasellare, a definire, a generalizzare, con un eccesso di senso di superiorità (quasi che noi fossimo i figli di un percorso culturale lineare e coerente) un qualunque berbero che passi sotto casa, o, come dicono i francesi, che apra una botteguccia di alimentari e generi vari dietro l'angolo della strada, le berbère du coin (come il personaggio recitato da Omar Sharif nel bel film "Monsieur Ibrahim"). E questo senza in realtà sapere nulla nè di lui nè della sua specifica cultura, ma nemmeno di noi stessi e della nostra storia, cioè di come si sia formata la nostra stessa identità collettiva, questa cosa strana e assai complessa...che oggi sta cambiando velocemente connotati sotto i nostri occhi.