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Valori/principi, una distinzione laica

27-09-2006 / A parer mio

di Carlo Pancera

Nel parlare comune si fa un uso abbastanza indifferenziato di questi termini quasi che abbiano un significato indifferenziato. In effetti in generale i vocaboli che esprimono concetti molto ampi, spesso sono polisemici, cioè coprono un campo semantico assai vasto che non di rado include anche significati tra loro assai differenti. Pertanto bisognerà esplicitare con quale significato qui li utilizziamo, per non confonderli tra loro e usarli in modo approssimativo.
- i princìpi, considerati in ambito giuridico, intesi come affermazioni generali, stanno come a cornice del quadro legislativo. Pertanto essi debbono essere formulazioni precise e concrete, che possano essere valide per tutti i cittadini e la loro precisazione va intesa al fine di salvaguardia dei diritti universali.
- i valori sono invece riferimenti identitari di ciascuno e di ciascun gruppo o comunità di appartenenza, e pertanto sono componenti imprescindibili di ogni complesso sociale. Essi attengono al campo delle scelte di carattere essenzialmente morale, e come tali sono di ordine estraneo a quello legislativo, sono piuttosto guide o criteri di giudizio e di azione che ciascuna componente sociale ritiene essere ciò che è bene scegliere. Sono dunque attinenti la sfera del "privato", in quanto il compito del legislatore in una società libera e democratica, è quello di legiferare più per stabilire i limiti del consentito, che non per costringere.
In questo quadro, la legislazione vigente in un paese democratico dovrebbe mantenersi sempre "neutrale" rispetto alle diverse presunzioni di verità che nella società possono formularsi. Come è noto Voltaire disse ai gesuiti del suo tempo, se potessi avere un domani io il potere che ora avete voi, difenderei con ogni mezzo il vostro diritto a parlare e scrivere contro questi princìpi di libertà. Con ciò, tra l'altro, aprendo sin da allora la delicata questione dei limiti di tali principi, là dove si afferma che la libertà è generale o non è, e quindi va data anche a chi è contrario alla libertà. Pertanto la democrazia prevede la libera espressione e organizzazione anche degli avversari della democrazia stessa. Questi i possibili scenari della logica tollerante di un Voltaire...
Ma non voglio certo esaltare l'importanza dei principi, e negare l'importanza dei valori...!
Sono due componendi imprescindibili di una moderna società libera, se così non fosse si correrebbero dei rischi, di cui indico, come ipotesi per assurdo, due opposte estremità: 1a. sarebbe un guaio se i principi fossero proclamati sulla carta, ma in generale la gente non riconoscesse alcun valore di riferimento (indifferenza dilagante) 2a. sarebbe un guaio se non ci fosse nessuna carta di principi universali regolativi, e che si desse rilievo solamente ad aggregazioni attorno a valori identitari che se sono variabili a seconda delle affinità di ciascuna componente sociale, possono essere forieri di gravi conflittualità dovremmo opporci ad una società amorfa, indifferente, disinteressata ai grandi problemi, ma intenta solo alle faccende immediate, così come ad una società permanentemente conflittuale sulla base di uno scontro su valori inconciliabili.
Una società politica e una società civile improntate ad un orientamento ideologico hanno sempre prodotto effetti deleteri sul piano delle conflittualità esaltando l'aggressività latente in ogni complesso sociale, e evidenziando le motivazioni a confronti/scontri tra componenti che si fronteggiano per la supremazia. Allora ci si muove solo per identità forti, per riferimenti a cataloghi o decaloghi indiscutibili, il che non lascia spazio alla dialettica civile, e asservisce le grandi masse alle agenzie di propaganda e di affiliazione, enfatizzando il potere dei mezzi di comunicazione di massa e delle agenzie di formazione. Se i principi di libertà sono conformi ad una logica di tolleranza, i valori in generale hanno la tendenza a costituirsi in modo coerente in sistema, secondo una logica dogmatica.
Quindi ciò che va chiarito è "semplicemente" che essi stanno su piani non solo diversi in quanto differiscono, ma che vanno tenuti distinti tra loro, e questo è il punto principale.
Allora si comprende meglio il senso del famoso appello di Kant. Quando un giornale chiese a vari intellettuali di precisare che cosa si intenda per Illuminismo, egli in un certo senso non rispose alle aspettative, che erano quelle di una sintesi di un sistema filosofico, e scrisse: "L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità di cui è egli stesso responsabile. Per condizione di minorità si intende l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di altri. La responsabilità di tale minorità va attribuita all'uomo stesso, (...) La sua causa dipende da mancanza di determinazione e di coraggio nel servirsene appunto senza la guida altrui. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto ! E' questo il motto dell'illuminismo". (1784)
Oggi purtroppo si rischia di scivolare in una cultura del consumismo, cioè in una condizione in cui la maggioranza silenziosa della società civile non riconosca nessuna necessità di identificare - attraverso il dialogo collettivo-, dei principi universali di riferimento su cui poter costruire la convivenza. Allora si rischia una situazione in cui prevalga -secondo quanto aveva espresso con preoccupazione Hegel- una diffusa "coscienza infelice appagata". E nel novecento Horkheimer disse che il pericolo si accresce là dove tale coscienza infelice sia dovuta ad una "coscienza mercificata" di massa, in un contesto in cui sia grande il potere delle "agenzie" di condizionamento delle masse intese come insieme indifferenziato di utenti e di consumatori di merci, e di messaggi.
Una società civile viva è fatta di confronti e di continuo dialogare tra le componenti. Ricordiamo i momenti effervescenti che stanno all'origine della nostra epoca, quando nel nostro paese si discuteva della carta costituzionale repubblicana e a livello internazionale delle basi nuove su cui far sorgere l'organizzazione delle nazioni unite dopo i disastri della guerra, che culminò nel 1948 con la promulgazione della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Fu interessantissimo il dibattito di allora in quel contesto. Si ritrovarono allo stesso tavolo per la prima volta a dover concordare un testo di tale portata, esponenti delle civiltà del pianeta, cinesi, indiani, occidentali, arabi, sudamericani, iraniani, eccetera ecc., e non per contrapporre i propri valori ma per concordare dei principi formulati in modo accettabile e comprensibile da tutti, e naturalmente ciò comportò un confronto anche tra i significati che certe espressioni assumevano nei vari contesti culturali nei quali a volte non vi erano neppure termini precisi per esprimere alcuni concetti se non con contenuti e implicazioni assai differenziate ( si pensi ad es. agli stessi vocaboli libertà, diritti, cittadinanza, ecc.).
Anche nel nostro paese - che solo apparentemente è o si dice che sia poco diversificato sul piano culturale -, si ebbero vari apporti alla costruzione di uno stato di diritto con leggi valide per tutti senza che esse comportino discriminazioni si sorta, sviluppatisi in un lungo e travagliato lasso di tempo. Vediamo di ripercorrerne rapidissimamente alcuni momenti. Non a caso con il risorgimento, le minoranze vedono una opportunità per dare il proprio contributo (ebrei da due millenni presenti nella penisola italiana, protestanti presenti soprattutto in piemonte e toscana, ortodossi nelle venezie, e in puglia e calabria, eccetera, nonchè non-religiosi eredi di una lunga tradizione laica), furono componenti che arricchirono il risorgimento italiano e che andrebbero sottolineate in particolare nei testi per la formazione degli alunni, e nei mezzi di informazione. E poi negli anni diciamo tra il 1898 e il 1924, quando forte e urgente fu la necessità di approfondire i principi oltre che della indipendenza nazionale e di uno stato di diritto, anche delle libertà fondamentali: vediamo formarsi numerose aggregazioni in partiti, in sindacati, in associazioni impegnate su questo terreno, di variegatissime provenienze. Con la resistenza che si sviluppò per l'opposizione alla guerra e al regime totalitario fascista, si approfondì ulteriormente il dibattito sui temi della democrazia come già accennati sopra. Poi oltre ai temi apportati dai vari partiti, con loro riferimenti di carattere ideologico, che in quella fase accettarono e stimolarono il libero confronto, sono emersi i problemi relativi al rispetto delle autonomie regionali, e locali, perché anche l'Italia in effetti è per sua storia varia nelle tradizioni, culture, storia, identità di ceti, di ordini professionali,di usi e costumi, ma anche di stili di vita e quindi di condivisi sentimenti. Poi vi è stata la proficua stagione delle identità di genere, dei diritti alla libertà sessuale, Perciò sono emerse varie identità con diversi valori di riferimento, che sono compresenti sul territorio e che compongono la nostra popolazione. Ora si sono aggiunti anche i temi relativi all'ambiente, all'ecologia, e le questioni di bio-etica. Inoltre negli ultimi decenni si è constatato come anche chi faceva riferimento alla laicità o a principi sociali, e di valorizzazione degli strati più svantaggiati, abbia potuto dar luogo ad ideologie, cioè a distorsioni e fraintendimenti, da qui tutti gli ismi, quando anche il socialismo da afflato umanitario divenne ideologia, e così pure il comunismo, il fascismo, il cattolicismo o integralismo cattolico, e persino lo stesso laicismo in certi casi (si v. la questione del "velo" in Francia). Perciò in una società che si riconosca per quella che è nella realtà fattuale, cioè varia e composita e che voglia fare di ciò una ricchezza e non una impasse, c'è bisogno di tenere sempre desto il dibattito per cercare di identificare e precisare alcuni principi che siano riconosciuti universalmente condivisibili dalle varie componenti, e miranti solo alla garanzia delle eguali dignità e diritti di tutti. Questo ritrovarsi nel riconoscimento della necessità inderogabile del confronto libero nel dialogo per un fine costruttivo di cui dicevo, è ciò che può cementare una società libera e democratica dei tempi attuali che sono tempi di multiculturalità e di globalizzazione a livello mondiale appunto. Il mutuo riconoscimento di una effettiva libertà di espressione, di stampa, divulgazione, informazione, e organizzazione, è certo il primo solido elemento di base. Il contributo dato su questi temi dalle storiche rivoluzioni americana e francese è un bacino da cui attingere ancora ricchissimo di stimoli e la cui carica non è per nulla esaurita. Liberté, Egalité, Fraternité non sono ancora divenute vuote parole prive di significato per noi e anzi in una loro rilettura e comprensione alla luce delle problematiche odierne, può ancora vivificarci. E' vero che questi tre concetti, dai significati così molteplici, sono in parte e sono stati anche dei valori prima forse che dei principi, ma ritengo che dopo più di due secoli si debba riaffermarli come principi guida, e si possa ancora ritrovarci a considerare se nella nostra situazione attuale ciascuna componente della società reale, e ciascuno di noi individualmente, si possa sentire libero in quanto lo Stato è veramente vissuto da ognuno di noi come espressione di tutti, eguale di fronte alle leggi e alle istituzioni, ma anche alle condizioni reali della legalità nella sua effettualità pratica, e vediamo se davvero possiamo essere garantiti che il principio di solidarietà tra le varie parti della popolazione e del territorio, sia sempre all'ordine del giorno come un principio irrinunciabile di democrazia. Io credo che ci sia ancora molto da lavorare su certe problematiche di ampio respiro, e che sia anzi urgente mettere al centro dei dibattiti pubblici, oltre alle questioni politiche immediate, anche un permanente forum di incontro e confronto sui grandi temi della libertà, della laicità, della solidarietà, e della eguaglianza dei cittadini di fronte alla autorità del potere, nel rispetto di tutti al di là dei differenti valori di riferimento, coinvolgendo il più possibile gli utenti dei mezzi di comunicazione, cui non è giusto (e manca di rispetto) il propinare solo ciò che fa maggiore audience. Quando ci si ritrova, come nella recente esperienza dell'ultimo referendum, a constatare che la grande parte delle persone non era nemmeno al corrente di ciò di cui si trattava, e tanto meno del rilievo e della portata delle questioni in campo, per cui ha mostrato di essere indifferente ad esprimersi, o si è facilmente lasciata convincere a non partecipare al voto, o è stata più attenta ad imporre i propri valori di riferimento come base per legiferare, anzichè porre attenzione agli spazi che si concedevano a chi è convinto di altri valori, o scelte di vita, quando si ripensa a quella esperienza, si constata a che livello possa cadere la vita democratica nel nostro paese in situazioni del genere. Spero di non venire frainteso, intendo solo dire che è stata una occasione più o meno opportuna, per comunque fare delle riflessioni su come sia facile svilire un confronto democratico, e su quali gravi conseguenze può avere la manipolazione dell'ultimo momento dell'informazione a un pubblico ignaro, su un fondamentale fattore quale la partecipazione alla vita democratica, con tutto ciò che questo comporta. Perciò direi che dobbiamo prestare attenzione e cura al fatto che è importante che siano costantemente poste all'attenzione del grande pubblico, anche tematiche generali che coinvolgono la laicità delle istituzioni, la universalità dei diritti e del loro esercizio garantita per legge, e dunque anche problematiche diciamo in senso lato culturali, ed anche etiche. Altrimenti si rischia di rendere vani e vuoti i principi su cui si fonda una società democratica, cioè una società del rispetto, del confronto, e del dialogo. E comunque anche al di là di tutto ciò, ritengo che ci vorrebbe proprio una ventata libertaria, per stimolare e rivivificare il dibattito su grandi temi, e sono convinto che allora vedremmo che i giovani, saprebbero vivacizzare, con minori timori ed equilibrismi dei dirigenti dei partiti, la discussione pubblica sul processo di ulteriore modernizzazione e laicizzazione della società civile italiana e dei suoi costumi.