"Nubicuculia"
26-10-2006 / A parer mio
di Carlo Pancera
L'utopia non è più di moda perchè abbiamo avuto già fin troppe delusioni. Perciò oggigiorno si fa poca satira, perchè come è noto, chi è rimasto deluso non è tanto incline a sentirsi prendere in giro. Pertanto avendo perso l'ottimismo, siamo sarcastici verso chi nutre ancora ingenue speranze che il tempo porti straordinari progressi risolutivi di tutti i problemi, ma nel contempo ci da fastidio che si faccia della satira scherzando su quelli che magari si erano illusi sino a ieri, che sarebbe presto giunto il regno dell'abbondanza con la realizzazione di una società senza più problemi. Forse la chimera si è rivelata troppo bruscamente una distopia (=una utopia negativa)...
Ad Atene, alle feste in onore di Dionyso nel 414 a.C., Aristofane presentò una sua commedia intitolata "gli uccelli", che non vinse il premio, ma che restò famosa. Si racconta di due amici, Buoncompagno e Sperainbene, che abbandonano questa società travagliata da beghe politiche, processi e affanni vari, per rifugiarsi in un mondo ideale. Dopo aver girato inutilmente per il bosco guidati da una cornacchia, incontrano una upupa e chiedono a lei dove si possa trovare una società in cui si viva in pace e serenità.
Il loro viaggio poi si conclude con il racconto della fondazione tra le nuvole della città degli uccelli, chiamata Nubicuculia. Ma poi il coro dei volatili considera i due uomini come spie o nemici, e individua nell'upupa la traditrice. Intanto, avendo saputo della felice condizione di quella organizzazione sociale, varie persone si presenteranno per chiedere di avere anche loro le penne e dichiarando di sentirsi come degli uccelli. Ma molti non daranno buona prova di sè, come il poeta che si riteneva un usignolo e invece produceva solo parole banali prive di quelle melodiose attrattive e degli aerei contenuti che diceva di esser in grado di trasmettere all'uditorio. Aristofane provoca dunque il riso liberatorio satireggiando quanti promettevano alla sua epoca di saper aprire il mondo a meravigliose nuove sorti che però poi risultava che non si confacevano alle reali umane esigenze e possibilità.
Testi che ci richiamano alla mente più moderni racconti come quello di Johnathan Swift, "I viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo", del 1725, in cui tra l'altro si descrivono l'affascinante società dei cavalli còlti huyhnhm, e altre meraviglie, in cui dopo un poco però ci si rende conto di quanto ad es. quella cavallinità accademica sia pedante e insulsa pur possedendo una grande istruzione scientifica.
Sono testi che divertivano perchè ironizzavano e scherzavano su quanti si illudevano sulle magnifiche nuove sorti progressive, e pensavano appunto: magari venisse questo -oppure quell'altro- nuovo regime!...potremmo vivere finalmente felici svolazzando come uccellini tra le nuvolette, senza più problemi...., oppure che solo a chi ha tanta bella istruzione ci si può veramente affidare. Ma questi testi costituivano anche una sferzante satira contro quanti su simili ingenue speranze ci camparono, vendendo chimere impossibili. Mestiere assai diffuso e che ha, questo sì, il sapore amaro della presa in giro.
Ma quando in un raggiro molti ci sono cascati in perfetta e ingenua buona fede, allora il riderne può essere anche liberatorio. Guai alla società che non consenta l'espressione della satira sociale e politica, sarebbe una ben triste e frustrata società...