Ricordo con nostalgia
05-11-2006 / A parer mio
di Giuliana Berengan
Noi siamo ciò che ricordiamo. L'affermazione corre il rischio di essere quanto mai impopolare in questi tempi di esperienze "usa e getta", di incontri troppo veloci perché immagini ed emozioni possano lasciare traccia di sé. Eppure la capacità di ricordare ovvero, secondo la bellissima etimologia di questa parola, di "riconsegnare al cuore" le mille, caleidoscopiche immagini che la memoria ci rimanda, è un dono prezioso, capace di contrastare la tirannia del tempo e dello spazio. I ricordi sono espressione di quella soggettività intima, segreta e al tempo stesso capace di indurre condivisione che è segno imprescindibile della nostra individualità ma anche premessa di appartenenza. E non penso alla memoria che cataloga, alla memoria "alienata" ossia letteralmente "portata fuori" dall'individuo pensante che la trasferisce orgogliosamente nella creatura meccanica. Penso invece alla rete dei ricordi che, come energie sottili partite chissà da dove, alimentate da fonti misteriose, ci attraversano come linfa vitale, toccano i nostri sensi assuefatti ad odori globalizzati e sapori seriali per ricondurli in giardini segreti, profumati di malinconia dove si può assaporare la dolcezza di frutti ormai proibiti. Attraverso questa rete del cuore il tempo dell'intensità che non ha durata prende la sua rivincita, i confini angusti della vita reale si dilatano. Lontani dall'urgenza del quotidiano possiamo accogliere cose, figure, voci, sentimenti che si presentano a noi per sfuggire all'oblio e per tenerci fortemente attaccati alla nostra matrice. Mi piace usare questa parola di un lessico fortemente connotato al femminile poiché la memoria ha origine in un corpo di donna. Mnemosine, la dea che nell'Olimpo greco la personifica, è la figlia del Cielo e della Terra ed è a lei che Zeus si unisce per generare le Muse, e dunque voglio pensare che non ci sia arte senza ricordi e che non ci siano ricordi senza il prezioso "lavoro di cura" che sempre le donne hanno fatto per custodire i monumenti del cuore. I ricordi sono i fili dell'ordito sui quali va ad intrecciarsi la trama di altri ricordi a formare il tessuto ossia il testo sul quale sono tracciati i segni che testimoniano il nostro essere nel tempo ma anche la nostra capacità di condividere e raccontare mondi che, attraverso la memoria dei sensi, si sono depositati nel nostro corpo e lo percorrono come il reticolo del sangue: memoria antenata che si batte per sopravvivere all'ideologia del presente che cerca le proprie ragioni in sé; memoria emozionale che è anche bisogno di immergersi nelle sorgenti del nostro essere e del nostro sapere: un incontro empatico che si accompagna ineluttabilmente alla nostalgia, una parola che vorrei riammantare di tutta la sua intensità. Nostalgia è il desiderio doloroso del ritorno, è un sentimento forte e tenero, un impasto antico di dolcezza e di malinconia, di tristezza e di gioie fuggite lontano, una teoria di ombre che sfilano davanti agli occhi della memoria come le piccole sagome delle miniature di Norimberga. Attraverso la nostalgia luoghi e persone ritrovano l'innocenza nel senso originario della parola: non possono più nuocere ma soltanto suscitare rimpianto per ciò che si è perduto e di cui ancora si sente il desiderio. E se il rimpianto è un "rammentare piangendo" allora la nostalgia ha anche il compito di saziare la sete di lacrime che Platone riconosceva come parte della nostra anima: un piacere liberatorio che è compito del poeta provocare. E come negare che ciascuno di noi soffre ed è al tempo stesso sedotto dal desiderio di un nostos, di un ritorno: ad un amore, all'infanzia, ad un antico ideale. Poco importa quale sia la meta poiché sempre la nostalgia è ritorno alle terre incantate di un sogno. Non lasciamo morire la nostalgia. E' preziosa. Senza di lei nessun Ulisse potrà ritrovare la propria Itaca e nessuna Penelope potrà riabbracciare l'amore perduto.