Il tempo della lentezza
25-02-2008 / A parer mio
di Giuliana Berengan
"Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c'era l'abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno d'un granchio, Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d'una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. "Ho bisogno di altri cinque anni" disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto". Italo Calvino raccontò questa antica storia cinese a conclusione di una delle sue "Lezioni americane", quella dedicata alla rapidità. Ho voluto rinnovarne la memoria per richiamare l'attenzione su un accadimento che mi pare rilevante: il 25 febbraio si celebra la giornata della lentezza che, come è giusto che sia, durerà anche il 26 e il 27. Gli adepti del movimento Slow Life da Roma a New York fino all'India saranno idealmente uniti per ricordare che se si vuole avere più tempo bisogna rallentare. Se è vero che le cose del nostro mondo vengono alla luce e crescono quando i media danno loro la vita, è pur vero che questo evento culturale è sintomo di un bisogno che è ormai disagio collettivo, richiesta martellante, quando non ossessione: il bisogno di tempo. Nel nuovo assetto sociale ed economico si è fatto di tutto per velocizzare e rendere più efficiente ogni atto del vivere, eppure accade sempre più spesso di rendersi conto che abbiamo per noi stessi un tempo molto più limitato di quello a disposizione dei nostri antenati. La trasformazione dei modi del lavoro e dell'impegno non significa quasi mai tempo dedicato a noi stessi, tempo liberato, tempo esonerato dal fare, quanto piuttosto ulteriore tempo da spendere in attività. Direi anzi che si consolida una sorta di "horror vacui", di paura dello spazio-tempo vuoto che ci costringe ad andare sempre più veloci per non mancare ad alcun impegno nemmeno a quello del divertimento. Il vecchio slogan "chi si ferma è perduto" sembra farla sempre più da padrone e crescono il timore di essere esclusi dai giochi di gruppo divenuti frenetici, la paura di stare con se stessi, di stare fermi, la mania compulsiva che spinge a consumare ogni attimo, a trasformare ogni azione in un veloce passaggio a qualcosa d'altro. Eternamente scattanti, eternamente giovani tutti esorcizzano il passare del tempo correndo. C'è l'obbligo della rapidità, il dovere della velocità, l'imprescindibile obiettivo di fare tutto il più in fretta possibile. L'individuo vive la sua sempre più agitata sequenza di esperienze monitorabili in cui vengono frullati rapporti, persone, emozioni, situazioni, pensieri ed illusioni. Tutto è contagiato dalla mancanza di tempo: cibo, viaggi, sesso, tutto è veloce. E allora ben venga la filosofia della lentezza dal momento che "Nell'ultimo decennio la velocità ha cominciato a procurarci più danni che benefici" come affermava già nel 2004 Carl Honoré, caposcuola del movimento, nel sul libro "E vinse la tartaruga". Slow Food, Slow City, Slow Art, Slow Architecture, insomma Slow Revolution sono espressioni che prefigurano futuri scenari di sopravvivenza, isole fantastiche in cui ritornare a parlare una lingua che non elimini le vocali per rendere più rapidi gli Sms, che preveda il tempo dell'attesa di una lettera spedita da qualcuno che non vuole l'immediatezza della e-mail ma il piacere di farsi aspettare, che riproponga il morbido flusso delle "parole tra noi leggere" anziché lo scambio di rapidi segnali finalizzati all'immediato raggiungimento dell'obiettivo. Che tornino le digressioni ed i racconti che allontanano il tempo del dovere, che fanno riscoprire il piacere del dire con voce ammaliante. Il tempus dei Latini ha incerta etimologia anche se c'è chi lo collega al verbo greco témno "taglio", ad indicare un intervallo tra un prima e un dopo, una sezione ritagliata dallo scorrere illimitato. Ed è proprio "questa cosa scissa e disgregata e priva di totalità"la causa prima dell'infelicità della vita individuale. Se davvero "la morte" come diceva il Belli "sta nascosta negli orologi" prendiamoci un giorno di vita a tutta lentezza.