"Monitoraggio" dei media
25-05-2006 / A parer mio
di Andrea Botti
Affermare che nel nostro paese non esiste la libertà di stampa è sicuramente sbagliato, ma dire che si tratta di una libertà troppo spesso condizionata da pressioni e in qualche caso anche da minacce, non sempre velate, è certamente una considerazione che inquadra in maniera più realistica la questione. Il mondo dell'informazione gioca un ruolo di primaria importanza ad ogni livello e sarebbe quindi importante, da parte di tutti, guardare invece con più rispetto quanti ogni giorno si trovano alle prese con vicende non sempre chiare e non sempre semplici da riferire. E se per un giornalista che si occupa di cronache politiche in caso di contestazione appare il più delle volte abbastanza agevole trovare una soluzione e mettere meglio a fuoco certi fatti, per un cronista che si deve derstreggiare su episodi di attualità nell'ambito della cronaca giudiziaria e della cosiddetta "nera", i problemi si profilano ben più complessi e assai spesso di non facile soluzione o ricomposizione.
Di questo si è discusso recentemente qui a Ferrara su iniziativa del sindacato dei giornalisti -Fnsi, Aser e Associazione Stampa cittadina- traendo lo spunto dal caso Aldrovandi, il giovane morto in circostanze ancora tutte da chiarire nelle prime ore del 25 settembre scorso, in via Ippodromo, nel corso di un intervento di due "volanti" della Polizia di Stato, messe in allarme da una telefonata al 113. La decisione di avviare un confronto aperto con la città, nell'occasione autorevolmente rappresentata dal sindaco Gaetano Sateriale, era scaturita con determinazione all'indomani di un intervento con cui la Procura della Repubblica di Ferrara aveva inviato una vera e propria pioggia di fax alle redazioni di quotidiani ed emittenti radiotelevisive, per conoscere nomi e cognomi di tutti i giornalisti autori di articoli sulla tragica vicenda sfociata nella morte del diciottenne Federico Aldrovandi. Una storia questa, divenuta scomoda e ingombrante per investigatori e magistrati inquirenti, a seguito della straordinaria risonanza mediatica prodotta dal blog che la madre del ragazzo aveva deciso di affidare alla rete globale di internet. Patrzia Moretti Aldrovandi ha raccontato, con toni incisivi ma sempre pacati, il suo dramma, le sue terribili angosce, i silenzi da parte di chi invece avrebbe dovuto parlare, i tanti interrogativi inquietanti su quella morte assurda e inaccettabile, le lesioni che segnavano vistosamente il corpo di Federico, i due sfollagente spezzati, le manette che stringevano i polsi del ragazzo dietro la schiena.
La Procura della Repubblica, che conduce la delicata inchiesta, con quei fax a giornali e tv, annunciava l'apertura di un fascicolo processuale per le ipotesi di reato di diffamazione a mezzo stampa e offese all'autorità inquirente. Inevitabile il contraccolpo causato soprattutto a livello di informazione locale anche se ora, a distanza di mesi, non risultano ulteriori sviluppi e nemmeno l'adozione di provvedimenti a carico di colleghi.
Resta tuttavia l'effetto di quella specie di monitoraggio intrapreso, a quanto sembra, per mettere il silenziatore ai media che cercavano semplicemente di fare cronaca, di riferire su un fatto molto grave che ha scosso la coscienza di migliaia di ferraresi come ha dimostrato la sempre più folta partecipazione alle fiaccolate, agli incontri in piazza e nelle scuole e alle altre iniziative tese in maniera univoca alla ricerca della verità sulla morte di Federico Aldrovandi. Dalla discussione, al termine della quale è intervenuto il presidente della Fnsi, Franco Siddi, che ha citato importanti dichiarazioni di grandi costituzionalisti sulla libertà di stampa e anche sulla libertà di critica, seppure attraverso interpretazioni diversificate espresse da tutti i relatori, è uscito l'impegno verso un'informazione sempre obiettiva, ma anche accompagnata da giudizi, quando le circostanze lo richiedono. Nel totale rispetto delle regole deontologiche. Apprezzata dagli organizzatori della serata la partecipazione del questore Elio Graziano che, replicando ad un paio di interventi nei quali, come appariva inevitabile, è stato messo in discussione l'operato degli agenti di polizia ora indagati per omicidio preterintenzionale, ha detto di avere agito con la massima trasparenza, senza tralasciare nessun dettaglio nei rapporti trasmessi alla magistratura, a cui spetta giudicare.
Andrea Botti