Il tappo della nutella
05-12-2006 / A parer mio
di Andrea Poli
Devo ammettere che il mio corsivo di esordio su queste prestigiose colonne, volto a stigmatizzare la cattiva abitudine di abbandonare lungo i bordi della strada i rifiuti più disparati, mi ha guadagnato le severe reprimende di alcuni amici: a sentir te siamo tutti dei malnetti; perché non parli un po' invece di noi cittadini modello, che ci spacchiamo la schiena per fare la raccolta differenziata della spazzatura senza che nessuno si degni neanche di venirci a dire un grazie? Touché; nella mia qualità di raccoglitore differenziale di lungo corso posso confermare con cognizione di causa che il riciclaggio dei rifiuti è un'impresa titanica, che richiede in chi la attua due non comuni doti di fondo: un senso civico incrollabile e la granitica certezza che buttare un'annata completa di Donna Moderna nella campana della carta salverà il panda gigante dall'estinzione. Di base il riciclatore consapevole sa che è suo destino avere mezza casa occupata da sporte, sacchi da condominio e cartoni del latte rigorosamente divisi per genere di rifiuto: qui la plastica, lì il vetro con le lattine di coca, là i giornali e le scatole della pasta, dietro il bidone con le bucce di patata che dopo mezza giornata cominciano a fermentare e a produrre metano; quasi quasi mi metto su l'impianto del biogas dietro la piletta del lavello, che in tivù hanno detto che coi contributi statali bastano trent'anni per recuperare le spese e dopo è tutto guadagno. Le lattine di simmenthal le metto nella vasca da bagno in attesa che passi il rottamaio, che tanto mi sono lavato l'altro ieri e fino a martedì prossimo non se ne parla per via che non dobbiamo sprecare l'acqua, l'olio delle patate fritte lo metto a provvisorio nella bottiglia del vino, ma stavolta la nascondo meglio dietro l'armadio sennò va a finire come la settimana passata che se l'è scolato tutto lo zio Nicola pensando fosse lambrusco. Al punto che le coppie di riciclatori che abitano negli appartamenti meno spaziosi ad un certo punto della loro vita si trovano di fronte un bivio cruciale: continuo la raccolta o libero una camera per un bambino? E dopo lunghe e sofferte discussioni familiari molti finiscono per adottare la prima soluzione, perché credetemi: la raccolta differenziata è una roba che prima o dopo ti prende la mano, se smetti di farla ti fa sentire peggio di un verme. Al punto anche un prodotto apparentemente facile da riciclare come la nutella rischia di innescare irrefrenabili sensi di colpa nel recuperatore solerte: Alora, doncana: il barattolo nel vetro, il tappo nella plastica, làh, finito. Azzo novello!, non ho tolto il sottotappo di carta, che è anche di cartoncino rigido, porca puttana. Faranno tre grammi, forse addirittura tre e mezzo, di cartoncino rigido. Mioddio, cosa ho fatto!? Adesso quelli della Ferrero dovranno abbattere un albero in più, aumenterà la deforestazione, l'effetto serra farà sciogliere i ghiacciai e aumentare il livello degli oceani; fra meno di duecent'anni New York verrà inghiottita dalle acque a causa di quel maledetto dischetto di cartoncino da tre grammi e mezzo. Finisce che il povero cittadino riciclante, in attesa che le città costiere del pianeta vengano sommerse dal mare, viene sommerso dai rimorsi e si insinua nella stretta apertura del bidone nello spasmodico tentativo di recuperare, fra flaconi di docciaschiuma impiastricciati di Svelto piatti, quel maledetto dischetto di carta, suscitando i benevoli commenti del vicino di casa che è appena uscito per buttare tutto il suo rusco nel bidone della spazzatura normale: "Andare a frugare nei bidoni dell'immondizia come i barboni: mò che vergogna!".